Lieve calo dei prezzi degli oliveti in Italia
La fotografia del mercato fondiario in Italia premia in particolare i vigneti, mentre le difficoltà gestionali e di mercato del settore olivicolo e oleario sono la diretta conseguenza della contrazione che si è registrata. È quanto emerge da una indagine dei ricercatori del Crea in collaborazione con l’Ordine degli Agronomi. Nonostante ciò, continua a crescere nel complesso l'attività di compravendita di terreni agricoli anche nel 2022, seppure a ritmi più ridotti rispetto all'anno precedente: +1,7%, con circa 150.000 atti/anno. Le ricadute sul prezzo della terra non sono sufficienti, tuttavia, a compensare gli effetti dell'inflazione
Gli oliveti subiscono dunque un calo, più che comprensibile se si considera lo stato in cui versa il comparto. Le difficoltà gestionali e di mercato del settore olivicolo e oleario sono la diretta conseguenza della contrazione che si è registrata nel corso del 2022.
Il rapporto mette in evidenza il valore minimo e massimo degli oliveti nelle varie aree regionali.
Ed ecco, per avere un quadro di riferimento dei valori fondiari, utile per far riflettere e farsi una idea del valore dei terreni relativi alla coltivazione dell’olivo, alcuni esempi specifici di quotazione dei terreni per l’anno 2022 espressi in migliaia di euro per ettaro.
LOMBARDIA
Oliveti specializzati del Garda Dop Bresciano: valore minimo 120, valore massimo 200
LIGURIA
Oliveti zona di Apricale (Imperia): valore minimo 22, valore massimo 33
Oliveticolline litoranee di La Spezia: valore minimo 23, valore massimo 40
TOSCANA
Oliveti colline litoranee di Livorno: valore minimo 20, valore massimo 80
Oliveti colline di Maremma grossetana: valore minimo 16, valore massimo 18
Oliveti delle colline della Lunigiana, in provincia di Massa: valore minimo 19, valore massimo 22
Oliveti delle colline della Valdinievole, in provincia di Pistoia: valore minimo 25, valore massimo 40
UMBRIA
Oliveti delle colline del Trasimeno, in provincia di Perugia: valore minimo 11, valore massimo 20
Oliveti delle colline di Assisi-Spoleto, in provincia di Perugia: valore minimo 20, valore massimo 26
Oliveti delle colline di Amelia, in provincia di Terni: valore minimo 10, valore massimo 13
MARCHE
Oliveti delle colline litoranee di Ascoli Piceno: valore minimo 20, valore massimo 30
LAZIO
Oliveti specializzati dei Castelli Romani, in provincia di Roma: valore minimo 30, valore massimo 40
Oliveti specializzati della zona di Itri, in provincia di Latina: valore minimo 15, valore massimo 20
Oliveti specializzati della zona di Canino, in provincia di Viterbo: valore minimo 15, valore massimo 30
Oliveti specializzati della Dop Sabina: valore minimo 20, valore massimo 35
Oliveti specializzati delle colline del lago di Bolsena, in provincia di Viterbo: valore minimo 15, valore massimo 20
Oliveti specializzati delle colline di Frosinone: valore minimo 15, valore massimo 25
ABRUZZO
Oliveti dell’alto Pescara: valore minimo 17, valore massimo 32
Oliveti delle colline di Penne, in provincia di Pescara: valore minimo 20, valore massimo 40
Oliveti delle colline di Teramo: valore minimo 18, valore massimo 40
Oliveti della Valle Roveto, in provincia di Aquila: valore minimo 11, valore massimo 30
MOLISE
Oliveti asciutti della collina interna di Isernia: valore minimo 16, valore massimo 21
CAMPANIA
Oliveti collinari del Matese, in provincia di Caserta: valore minimo 14, valore massimo 19
Oliveti delle colline del Vallo di Diano, in provincia di Salerno: valore minimo 25, valore massimo 55
Oliveti delle colline dell’Irpinia centrale, in provincia di Avellino: valore minimo 38, valore massimo 60
PUGLIA
Oliveti irrigui dell’area di Fasano, in provincia di Brindisi: valore minimo 17, valore massimo 28
Oliveti irrigui specializzati di Andria: valore minimo 31, valore massimo 56
Oliveti della pianura di Leuca, in provincia di Lecce: valore minimo 11, valore massimo 18
Oliveti della pianura di Bari: valore minimo 10, valore massimo 18
Oliveti asciutti del tavoliere di Lecce: valore minimo 8, valore massimo 14
CALABRIA
Oliveti collinari della provincia di Crotone: valore minimo 9, valore massimo 20
Oliveti di collina in pendio della provincia di Vibo Valentia: valore minimo 7, valore massimo 14
Oliveti di pianura della provincia di Vibo Valentia: valore minimo 11, valore massimo 18
Oliveti della collina di Catanzaro: valore minimo 14, valore massimo 19
Oliveti della collina di Reggio Calabria: valore minimo 10, valore massimo 23
Oliveti della Piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria: valore minimo 22, valore massimo 50
Oliveti della collina litoranea di Cosenza: valore minimo 11, valore massimo 28
SICILIA
Oliveti asciutti della provincia di Enna: valore minimo 12, valore massimo 20
Oliveti per olive da mensa della Valle del Belice, in provincia di Trapani: valore minimo 22, valore massimo 30
Oliveti della provincia di Ragusa per l’olio Dop Monti Iblei: valore minimo 23, valore massimo 30
Oliveti asciutti delle aree interne della provincia di Siracusa: valore minimo 17, valore massimo 22
Oliveti Dop Monte Etna, della provincia di Catania: valore minimo 20, valore massimo 38
SARDEGNA
Oliveti della Trexenta e del Parteolla, in provincia di Cagliari: valore minimo 14, valore massimo 23
Oliveti del Montiferru e della Planargia, in provincia di Oristano: valore minimo 14, valore massimo 21
I valori fondiari riportati si riferiscono a terreni e/o intere aziende per i quali è stata registrata una significativa attività di compravendita. Quindi è probabile che le tipologie di terreni marginali siano meno rappresentate, in quanto normalmente sono oggetto di attività di compravendita molto modeste. Le quotazioni riportate possono riferirsi a fondi rustici comprensivi dei miglioramenti fondiari.
L’indagine sul mercato fondiario
L’indagine è stata curata dai ricercatori delle sedi regionali del Crea Politiche e bioeconomia con il supporto del Consiglio dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Forestali – e dei dati pubblicati da altre fonti ufficiali.
L’aumento dei prezzi dei terreni vitati di qualità è stato rilevato su tutto il territorio nazionale mentre per le altre tipologie l’incremento ha riguardato prevalentemente le regioni settentrionali e meridionali. Nel centro Italia il mercato fondiario non ha mostrato marcate variazioni delle quotazioni se non una lieve prevalenza di contrazione dei valori specie per i terreni destinati agli oliveti.
Nel dettaglio, dall’analisi dei dati presi in considerazione, si scopre c he nel 2022 il prezzo dei terreni agricoli ha registrato, rispetto al 2021, un aumento dell’1,5% a livello nazionale, trainato soprattutto dalla circoscrizione del Nord Ovest (+3,2%) e del Nord Est (+1,2%), mentre nel Centro-Sud intorno a +0,5/+0,8%, con un prezzo medio nazionale che sfiora i 22.600 euro a ettaro, seppur con evidenti differenze tra il Nord Est (47.000 euro) e il Nord Ovest (35.000 euro) e il resto d’Italia (inferiore a 15.000 euro).
Il credito e le erogazioni per l’acquisto di immobili rurali (-6% rispetto al 2021) si attestano, secondo Banca d’Italia, attorno ai 350 milioni di euro rispetto ai circa 500 milioni di euro riscontrabili nel periodo 2016-2019.
Per quanto riguarda la Pac, gli attesi cambiamenti degli importi degli aiuti diretti al reddito e l’introduzione di nuovi meccanismi premiali basati sulla sostenibilità (ecoschemi) non sembrano avere effetti significativi sul prezzo della terra. Si segnala un cauto ottimismo per le aspettative riguardanti il futuro, nonostante le incertezze del quadro economico internazionale, la revisione degli aiuti diretti al reddito, le misure previste dal Green Deal e gli eventi climatici estremi.
Continua a prevalere la domanda nel mercato degli affitti, trainata soprattutto dai seminativi irrigui nelle aree di pianura mentre diminuisce lievemente per i vigneti di alto pregio. In crescita i canoni d’affitto, legati all’inflazione, nelle aree dove il mercato è stato particolarmente vivace, mentre in altri contesti il livello dei canoni è rimasto pressoché stabile.
Secondo il Censimento dell’agricoltura 2020 (ISTAT) la superficie agricola in affitto, comprensiva degli usi gratuiti, è ulteriormente aumentata rispetto al precedente censimento (+27% rispetto al 2010), con il 50% della SAU nazionale coltivato con contratti di affitto (6,2 milioni di ettari).
Maggiore incertezza è legata agli effetti della Pac sul mercato degli affitti per via della rimodulazione dei premi e l’introduzione degli ecoschemi.
Guardando al prossimo futuro, emergono le preoccupazioni degli operatori per l’aumento dei tassi di interesse, la diminuzione degli investimenti da parte delle aziende, le maggiori difficoltà di accesso al credito, oltre che i cambiamenti climatici in corso.
Il barometro del mercato della terra
Esiste, a dar manforte a questa indagine, il cosiddetto “barometro del mercato della terra”. Per la prima volta da quest’anno i ricercatori del CREA Politiche e bioeconomia hanno infatti realizzato un sondaggio on line – Il barometro del mercato della terra – rivolto a testimoni qualificati, per cercare di misurare gli andamenti e le prospettive per il mercato fondiario.
Con l’ausilio del questionario on-line, sono stati rivolti alcuni quesiti a una platea più vasta dei consueti testimoni qualificati intervistati annualmente. Sono stati infatti analizzati i principali risultati elaborati sulla base delle 482 risposte provenienti da tutta Italia.
Dal sondaggio emerge che la crescita dell’inflazione non sembra aver avuto un impatto significativo sui prezzi della terra. In un contesto generale dove prevale l’invarianza delle quotazioni, vi sono ambiti che mostrano una certa crescita dei prezzi dei terreni, come nel caso dei vigneti per vini di qualità, i seminativi irrigui, gli agrumeti e l’orto-floro vivaismo, mentre segna un lieve calo dei prezzi per frutteti, oliveti e pascoli legate alle difficoltà gestionali e di mercato per le prime due tipologie, e alla marginalità dei terreni e alla riduzione degli allevamenti estensivi per l’ultima. Le prospettive di breve termine del mercato sull’evoluzione dei prezzi e degli scambi riguardano un cauto aumento dei prezzi a causa delle incertezze del contesto internazionale e dell’incremento dei costi delle materie prime e dell’energia, per cui è probabile una contrazione del numero dei potenziali acquirenti.
In apertura, una distesa di olivi ad Alghero, proprietà della famiglia Manca. Foto Olio San Giuliano
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