Corso Italia 7
Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of LiteratureDiretta da Daniela Marcheschi
Selected poems
Sette poesie di Elio Pecora nelle traduzioni in lingua inglese di Alessandra Nicifero, pubblicate nel libro Selected poems, Gradiva Publications, New York, Usa 2014
Sette poesie di Elio Pecora
Quadri cittadini
Torna la folla, ad assalire, a tenere
le mura strette della città fra le porte.
In mezzo ai gridi, alle risa, ai richiami,
anche minacce, anche parole d’intesa:
sgombro il futuro di ogni resa o castigo.
In cielo appare la luna del primo quarto,
il sole scende dietro terrazze e antenne.
Di tanti ognuno comprende nel buio cuore
l’urgenza estrema di questo andare insieme,
l’uno a fianco dell’altro, portando la norma
che viene prima del pane, prima del sonno,
e qui spinge e consuma nel giorno veloce.
URBAN LANDSCAPES
The crowd returns to assault, to keep
the city walls tight between the gates.
In the midst of shouts, laughter, hails,
also threats, also words of entente:
the future emptied of every defeat and harm.
In the sky the waning moon arises,
the sun fades behind terraces, and wires.
Of the many, each knows, inside the dark heart,
the extreme urge of moving along together,
side by side, bearing the norm,
that comes before bread, before sleep,
here it pushes and burns through the swift day.
*
Vanno: mani, piedi, volti
-sterminata moltitudine di attese,
di speranze, di uguali
per fame, per morte,
l’uno l’altro cercando
che rassicuri, impedisca,
tutti compiendo destini
variamente intricati,
mai cessando dietro le arterie,
fin dentro il riso e il grido,
la paura di essere cacciati
da un recinto indifeso.
*
They go: hands, feet, faces
-endless multitude of expectations,
of hopes, equals
in hunger, and in death,
each trying to reassure
the other, to prevent,
all carrying out
variously intricate destinies,
never hiding behind the arteries,
all the way laughing and screaming,
the fear of being expelled
from an unprotected fence.
*
Certo intende il richiamo
“Vieni, Betty, pioviscola!”
la barboncina con le zampe pelate,
occhi rossi cisposi sotto il ciuffo di stoppa.
La vecchia strilla dalla porta di vetro,
gambe secche nelle calze cedute,
foulard scolorito sui capelli stopposi.
Ronfa al semaforo l’autobus,
il vento piega le canne,
d’improvviso Febbraio
torna alle sue regole strambe.
*
Certainly she gets the call:
“Come, Betty, it’s drizzling!”
The little poodle with hairless paws,
gummy red eyes under a muddy tuft.
The old lady screams behind the glass door,
skinny legs in loose tights,
a discolored foulard over her stringy hair.
The bus snorts at the streetlights,
the wind bends the reeds,
suddenly February
returns to its odd rules.
*
“Morti spariti si mostrano.
La madre dell’amico,
mai vista in vent’anni,
oggi, morta da un mese,
torna a metà del mattino:
i ricci sulla fronte ossigenati,
il ridere breve”.
*
“The vanished dead show up.
The friend’s mother,
Absent for twenty years,
today, dead for a month,
returns mid morning:
bleached curls on her forehead,
a neat laughter”.
*
L’uomo canuto parla
Nel telefono grigio
-fuori una luce obliqua,
un tramestio, un rombo.
La voce s’inoltra
Per cunicoli e fossi,
sale discende colline,
s’inerpica,
ansima, allenta,
ad altra stanza
dove un uomo torpido
esce dal sonno. Dice:
“Anche stanotte ho sognato.
Nella mia prima casa,
dall’ultima stanza
un passo,
udivo atterrito.
Continuo a cercare
Il varco di quella paura.”
*
The hoary man talks
on the gray phone
-outside: an oblique light,
a rummage, a rumble.
The voice infiltrates into
burrows, and ditches,
it climbs, and descends hills,
it slopes upward,
it pants, it slows down
into another room,
where a lethargic man
awakens. He says:
“Last night I dreamt again.
I was in my first house,
petrified by
footsteps
from the furthest room.
I keep seeking
the door to that fear”.
*
Nel giardino stretto a pianoterra
sul sedile sbrecciato,
fra i vasi delle zinnie e dei gerani
lascia pane agli uccelli:
cince, passeri, storni,
più volte di mattina una ghiandaia.
Ieri ha scavato sotto la magnolia
per seppellire la gatta
spirata di vecchiaia sul divano.
In due metri di terra
sono spariti i corpi,
nemmeno le ossa,
del lupo alsaziano là da sei anni,
della spinona, sepolta l’anno scorso,
sgravata due volte
di figli minuscoli morti.
*
In the narrow garden on the ground floor
on the scratched chair,
amid zinnias and geraniums,
he leaves bread for the birds:
tits, sparrows, starlings,
frequently, in the morning, a jay.
Yesterday he dug beneath the magnolia
to bury the cat,
who died of old age on the sofa.
Under six feet of dirt,
the corpses have disappeared,
not even the bones
of the Alsatian, there for six years,
of the Spinone, buried a year ago,
after twice giving birth
to tiny dead puppies.
*
Nel fondo
Premunirsi, contro l’insidia
imminente. Quando la sola misura
è conoscersi inerme
nel mondo che ruzzola e ruota
dentro l’abisso
e quel che innamora accompagna,
pure affama, affatica.
Lasciate le stanze, le strade
(le stelle si sfaldano, scemano
come nuvole o fiati)
il figlio della scimmia
e dell’ansia
cerca appigli nel buio.
Sotto le terme e le esedre,
più sotto del fiume,
scale, altre scale,
antri, anfratti, cunicoli,
muri lesi, scritte che si divincolano
come radici in una torba fradicia,
luci bianche uniformi,
frecce, mappe, segnali nello sprofondo.
Ressa di facce, di mani,
di panni, di piedi,
per gradinate che rullano
verso banchine
dove una torma in attesa
si guata assiepata.
Ansimi, tanfi,
giubbe, sacche, cappotti,
sguardi veloci,
intese fra palpebre schiuse,
gridi, risa, richiami,
pianti, bestemmie.
Nel tumulto una voce
“querida presencia”,
altra voce, un violino,
un’armonica, un flauto,
quindi il tamburo
di una foresta africana.
Soffia, sibila un vento,
avanza, deflagra,
(un dio si palesa
da chi chiamato in soccorso?)
la torma spinge, stringe,
s’accalca alle porte,
ostacola ad altra torma
il passo e l’approdo.
Tante strade e un ritorno:
nel mondo di sopra,
Ciacco, lo stesso tumulto,
diversa/uguale la pena,
nella mota ciascuno
il fianco rivolta,
la bufera non cede,
la speranza è tolta!
Pure la coppia abbracciata
accerta l’amore,
nel giornale un uomo
compie un cammino,
“la vie en rose”
annuncia rauca la donna
fissa sdegnata
la costretta platea.
Quindi la luce,
l’ora del giorno, finestre,
palme, magnolie, androni,
un ragazzo, una ruspa,
non più che istanti
di un’apparenza che fugge,
ancora il buio
“Dovrei scendere qui.”
Chi va fra le ombre
alle ombre risale.
Quali mostri ha placati?
chi bada al suo canto?
Fra labirinti di muri
sperduto ritorna.
Non è la meta
questa dove procede,
pure s’inoltra:
un inatteso silenzio
-come uno spasimo, un’ansia
lo accoglie, lo spinge.
*
At the bottom
Shield against imminent
dangers. When
the only means
is acknowledging being helpless
in a world that tumbles and swirls
inside the abyss,
and what accompanies in love,
also starves, and strains.
Leave the rooms, the streets
(the stars flake apart, fade
as clouds or breath)
the son of the monkey
and angst,
seeks grips in the dark.
Beneath the springs and the recesses,
further down the river,
stairs, and more stairs,
refuges, ravines, burrows,
cracked walls, written words that creep
like roots in a drenched peat,
steady white lights,
arrows, maps, signals in the depths.
A rush of faces, hands,
rags, feet,
on stairways that go round and round
toward the wharfs,
where a swarm
awaits and gawks.
Gasps, whiffs,
jackets, sacks, coats,
quick gazes,
entente between open eyelids,
screams, laughter, hails,
sobs, profanities.
In the turmoil a voice
“querida presencia”,
another voice, a violin,
a harmonica, a flute,
then a drum
from an African forest.
The wind blows, whistles,
moves forward, burns away,
(a god manifests,
whom is he here to rescue?)
the crowd pushes and tightens,
huddles at the gates,
obstructing the walk and the arrival
of another horde.
Many paths, one return:
in the world above,
Ciacco, the same turmoil,
Different/same pain,
in the mud everyone
turns away,
the storm doesn’t yield,
hope stolen!
Even the couple in an embrace
assesses their love,
In the newspaper a man
finishes his walk,
the woman announces harshly:
“la vie en rose”,
as she disdainfully stares at
the constrained audience.
Then the light,
the time of the day, windows,
palm trees, magnolias, gates,
a boy, a bulldozer,
nothing more than instants
of a fleeting appearance,
the dark again,
“I should get off here”.
Who wanders among the shadows,
to the shadows returns.
What monsters are placated?
Who heeds his chant?
Lost, he returns
inside the labyrinths’ walls.
This is not the destination
to where he travels,
and yet, he continues:
an unexpected silence
– a spasm, a fear
embraces him, pushes him away.
ELIO PECORA è nato nel 1936, vive a Roma, ha pubblicato libri di poesia, di prosa, di saggistica, testi teatrali, libri per l’infanzia. Ha curato antologie di poesia italiana contemporanea e raccolte di fiabe popolari. Ha collaborato a lungo per la critica letteraria a numerosi quotidiani, settimanali, riviste e ai programmi culturali della Rai. Fra i suoi libri di poesia più recenti: Favole dal giardino, Empiria 2004 e 2013; Simmetrie, Mondadori 2007; Tutto da ridere?,Empiria 2011; Nel tempo della madre, La vita felice 2011; In margine e altro, Oedipus 2011.
Per commentare gli articoli è necessario essere registrati
Se sei un utente registrato puoi accedere al tuo account cliccando qui
oppure puoi creare un nuovo account cliccando qui
Commenta la notizia
Devi essere connesso per inviare un commento.