Voglio odore di soffritti
Avete mai conosciuto il poeta Aldo Fabrizi? Con ogni probabilità no, perché lo avete apprezzato nelle vesti per lo più di attore; e invece, da grande appassionato cultore di buoni cibi qual era, con predilezione in particolare per il piatto portabandiera fatto di spaghetti, aglio, olio e peperoncino, ha scritto versi in romanesco inneggianti la buona cucina, quella semplice, di tutti i giorni
Era nato a Roma il primo novembre 1905, e sempre a Roma è scomparso il 2 aprile 1990, dove è sepolto al cimitero monumentale del Verano. Non è stato soltanto un celebre attore, regista, sceneggiatore e produttore cinematografico, ma anche un poeta, anche se pochi lo ricordano per i suoi versi in romanesco.
La famiglia d’origine era molto umile, la madre, una fruttivendola, gestiva un banco delle verdure a Campo de’ Fiori. Aldo Fabrizi, orfano a soli undici anni del padre Giuseppe, abbandonò gli studi per aiutare a mantenere una famiglia di cinque sorelle, tra cui Elena, l’altrettanto celebre Sora Lella, protagonista anche lei in numerosi film.
Era considerato un gastronomo molto legato ai sapori semplici, e la sua ricetta preferita – spaghetti aglio, olio e peperoncino – esprime d’altra parte, in modo quanto mai inequivocabile, tutta questa sua idea di semplicità ed essenzialità, incentratta sugli ingredienti.
Scrisse tanto di cibo, in particolare privilegiando la pasta, e sono da leggere e riscoprire le sue poesie in dialetto romanesco. Come le seguenti.
TRE SONETTI DI ALDO FABRIZI
Pasta alla capricciosella
Provate a fa’ sto’ sugo, ch’è un poema:
piselli freschi, oppure surgelati,
calamaretti, funghi “cortivati”,
così magnate senz’avè patema.
Pe’ fa’ li calamari c’è un sistema:
se metteno a pezzetti martajati
nell’ajo e l’ojo e bene rosolati,
so’ teneri che pareno ‘na crema.
Appresso svaporate un po’ de vino;
poi pommidoro, funghi e pisellini
insaporiti cor peperoncino.
Formaggio gnente, a la maniera antica,
fatece bavettine o spaghettini…
Bòn appetito e.. Dio ve benedica!
Pasta alla capricciosella
Provate a fare questo sugo, ch’è un poema:
piselli freschi, oppure surgelati,
calamaretti, funghi “coltivati”,
così mangiate senza avere il patema.
Per fare i calamari c’è un sistema:
si mettono a pezzetti maltagliati
nell’aglio e olio e bene rosolati,
son teneri che sembrano una crema.
Quindi aggiungetevi un po’ di vino;
poi pomidoro, funghi e pisellini
insaporiti col peperoncino.
Formaggio niente, alla maniera antica,
preparateci bavettine o spaghettini…
Buon appetito e Dio vi benedica!
La dieta
Doppo che ho rinnegato pasta e pane,
so’ dieci giorni che nun calo, eppure
resisto, soffro e seguito le cure…
me pare un anno e so’ du’ settimane!
Nemmanco dormo più le notti sane,
pe’ damme er conciabbocca a le torture,
le passo a immaginà le svojature
co’ la lingua de fòra come un cane.
Ma vale poi la pena de soffrì
lontano da ‘na tavola e ‘na sedia
pensanno che se deve da morì?
Nun è pe’ fa er fanatico romano;
però de fronte a ‘sto campà d’inedia,
mejo morì co’ la forchetta in mano!
La dieta
Dopo aver rinnegato Pasta e pane,
son dieci giorni che non calo, eppure
resisto, soffro e seguito le cure…
mi sembra un anno, e son due settimane.
Nemmeno dormo più, le notti sane,
per alleviare le mie sofferenze,
le passo a immaginarmi gli sfizi
con la lingua di fuori, come un cane.
Ma vale poi la pena di soffrire
lontano da una tavola e una sedia
pensando che si deve morire?
Non è per fare il fanatico romano;
però a fronte di questo vivere d’inedia,
meglio morire con la forchetta in mano!
Er mortorio
Appresso ar mio num vojo visi affritti,
e pe’ fa’ ride pure a ‘st’occasione
farò un mortorio con consumazione…
in modo che chi venga n’approfitti.
Pe’ incenso, vojo odore de soffritti,
‘gni cannela dev’esse un cannellone,
li nastri – sfoje all’ovo e le corone
fatte de fiori de cocuzza fritti.
Li cuscini timballi de lasagne,
da offrì ar momento de la sepportura
a tutti quelli che “sapranno” piagne.
E su la tomba mia, tutta la gente
ce leggerà ‘sta sola dicitura:
“Tolto da questo mondo troppo al dente”.
Il funerale
Dietro al mio non voglio visi afflitti
e per far ridere pure in quest’occasione
farò un funerale con consumazione…
in modo che chi venga ne approfitti.
Per incenso, voglio odore di soffritti,
ogni candela dev’esse un cannellone,
i nastri – sfoglie all’uovo e le corone
fatte di fiori di zucca fritti.
I cuscini timballi di lasagne,
da offrire al momento della sepoltura
a tutti quelli che “sapranno” piangere.
E sulla tomba mia, tutta la gente
ci leggerà questa sola dicitura:
“Tolto da questo mondo troppo al dente”.
La foto in apertura è dell’Istituto Luce
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