Olivo Matto

Un grande e colossale smacco

Luigi Caricato

Se c’è al mondo qualcosa di marginale, anzi: di molto marginale, di periferico, al confine quasi con l’immaterialità, questo qualcosa è la poesia, che, come ben si sa, si occupa di ciò che è inutile.

Eppure, nonostante ciò, volendo fare un confronto, la poesia in termini di considerazione, batte di gran lunga l’agricoltura, la quale non conta niente, o comunque così poco, che a occuparsene ha lasciato che sia un regista unico: la Coldiretti, la padrona della comunicazione agricola, colei che gestisce e diffonde tutte le notizie.

Così, nonostante il mondo agricolo rappresenti comunque un solido settore dell’economia in Italia, così ricco e per certi versi lussureggiante; e nonostante i tanti piagnistei degli operatori del settore (in parte motivati, in parte platealmente esagerati), e nonostante il tanto danaro in circolazione, visto che si tratta in ogni caso di un settore ricco, soprattutto a fronte di tanti, direi pure immensi e spropositati aiuti, frutto di emolumenti pubblici, elargiti con troppa generosità, e magari assegnati come al solito, con troppa superficialità, a soggetti che non meritano neppure un solo centesimo di euro, ma intanto i danari li intascano, senza tuttavia generare ricchezza diffusa, senza garantire una equa remunerazione a chi la terra la lavora, nonostante ciò, l’agricoltura non conta nulla: non compare mai, con dignità e autorevolezza, sulle pagine dei giornali, e non compare mai nemmeno in tivvù – a parte le veline coldirettiane, che equivalgono però all’azzeramento del pensiero, alla negazione stessa dell’agricoltura come valore fondante; a parte certe trasmissioni pseudoagricole come “Linea Verde” o “Mela Verde” o “Geo&Geo”, o altre amenità simili.

L’agricoltura, anche se rappresenta di fatto un settore economico importante, non esercita alcuna influenza nell’ambito sociale. E’ molto piu efficace di gran lunga la poesia, che seppure sia ontologicamente coltivatrice dell’inutile, guadagna maggiore considerazione e credito; e ciò, nonostante i libri di poesia vendano poco, e interessino un circuito ristretto di appassionati. La poesia si muove nell’ambito della marginalità, eppure può vantare – tanto per renderci conto della differenza di peso, considerazione e prestigio – di una propria rivista dedicata, a periodicità mensile, distribuita con successo in edicola da quasi trent’anni, ed edita a Milano da Crocetti.

L’agricoltura, quella vera – così, per dire – non ha nessuna rivista nel circuito delle edicole, e ciò testimonia la sua reale inconsistenza, in termini di reputazione, influenza e credibilità. Di fatto, il confronto tra poesia, la cenerentola delle arti, e l’agricoltura, la cenerentola dell’economia, lo vince di gran misura la prima. È’ proprio un grande affronto, se solo ci pensate.

Da una parte la poesia, che coltiva l’inutile, dall’altra l’agricoltura, che pur coltivando l’utile non trova nemmeno un posto in edicola, per mancanza di lettori. Non ha neppure la forza di essere presente nelle edicole, come avviene con molti altri ambiti del sapere. Insomma, un grande e colossale smacco. Vi pare, o non vi pare?

Per la cronaca: la rivista mensile Poesia, fondata nel gennaio 1988 da Nicola Crocetti, è la piú diffusa pubblicazione di cultura poetica di tutta Europa, con una tiratura mensile di poco superiore alle 20 mila copie. Proprio così: 20 mila copie. Nei suoi 27 anni di vita, la rivista ha conseguito record senza precedenti per un periodico culturale, il primo nella storia d’Italia a essere distribuito in edicola. Così, per dire.

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