Olivo Matto

Un vaso d’olio profumato. Omaggio al cardinal Martini

Luigi Caricato

Un vaso d’olio profumato. Omaggio al cardinal Martini

Quest’oggi si è levato in cielo una figura tra le più solide e autorevoli della Chiesa cattolica. Anche se la morte è inevitabile, è sempre un dolore la scomparsa di una guida morale che ha tenuto sempre alto il senso religioso e umano. In omaggio all’ex arcivescovo di Milano, la città in cui vivo sin dal 1984, vi riporto un brano in cui l’olio ha una sua centralità. «Mentre Gesù si trovava in Betania, in casa di Simone e il lebbroso, gli si avvicinò una donna con un vaso di alabastro di olio profumato molto prezioso, e glielo versò sul capo mentre stava a mensa. I discepoli, vedendo ciò, si sdegnarono e dissero: “Perché questo spreco? Lo si poteva vendere a caro prezzo per darlo ai poveri!”. Ma Gesù, accortosene, disse loro: “Perché infastidite questa donna? Essa ha compiuto un’azione buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi, me, invece, non sempre mi avete. Versando quest’olio sul mio corpo lo ha fatto in vista della mia sepoltura. In verità vi dico: dovunque sarà predicato questo vangelo, nel mondo intero, sarà detto anche ciò che essa ha fatto, in ricordo di lei”».

Ricordo ancora quando – tempo fa, nel giugno 2010 – lessi sul quotidiano “Avvenire” un commento del cardinal Martini al riguardo. Vi riporto alcuni stralci.

(…) Il “gesto” di questa donna appartiene (…) non tanto alle “opere efficaci” bensì alle “opere belle” che qualificano la persona, così come le “Beatitudini” sono atteggiamenti vissuti dalla persona.

Nella “simbologia” dell’episodio ci è facile anche leggere quale sia la “bellezza” personale dell’”opera” della donna. È “bella” perché è “inaspettata”, anzitutto. Viene nel mezzo del “banchetto” a dare un “profumo” incredibile a tutta la sala, senza che nessuno lo prevedesse. È un “gesto inatteso” eppure dovuto a un “ospite illustre”.

Un’”opera inaspettata” quindi, e originale, “creativa”. Ha la “bellezza” dei “gesti umani” che non sono semplicemente adempimenti di “leggi” oppure risposte a esigenze di “efficienza” ma sgorgano dall’”intimo” della persona che li compie. Se la donna avesse chiesto consiglio le avrebbero detto che era “inutile” versare quell’olio, che non ce n’era bisogno.

È anche un “gesto gratuito”, e totale, “esaustivo”. Gesù nel “brano parallelo” dell’”Evangelista” Marco spiega: «Questa donna ha fatto quello che ha potuto» (cfr. “Mc 14,8″). Ci richiama così l’”obolo” della vedova che, pur avendo fatto niente dal punto di vista dell’”efficienza”, ha però fatto tutto perché ha espresso se stessa.

Infine, quest’”opera” è “bella” perché è “profetica”: «in vista della mia sepoltura». I “discepoli” non avevano mai capito, benché Gesù l’avesse loro ripetuto, che «il Figlio dell’uomo doveva essere tradito, essere ucciso, e poi risorgere». La donna l’ha compreso e il suo è un “gesto cristiano” perché contiene una “profezia” della “morte” e “Risurrezione” del Signore.

Possiamo anzi dire che la donna, con quel “gesto”, entra nella “morte” e “Risurrezione” di Gesù, fa un’”opera battesimale”. E chi è il “cattivo discepolo”? Colui che non capisce questi “valori”, che li critica, che va alla ricerca di “gesti clamorosi”, dalle “risonanze grandiose”. Mentre invece il “profumo” del “balsamo” si perde nella “oscurità” della casa di Simone. “Cattivi discepoli” sono coloro che non comprendono quella “bella opera” che è in ogni “gesto”, quella “bella opera” che il “Padre Celeste” vede e che vedono gli uomini sensibili al fascino del “profumo” delle “Beatitudini evangeliche”. Sono “opere” che rendono lode al “Padre” perché sono “irrefrenabili”, mentre di tutte le altre “opere” si può supporre sempre una “seconda intenzione”, un motivo non pienamente “disinteressato”. Le “buone opere” delle “Beatitudini” sono le “opere cristiane” – “kat’exochèn” – senza alcuna aggiunta o “smarginatura” o “sottolineatura”.

E i “poveri”? Che dire dei “poveri”? I cosiddetti “discepoli” sono qui “fuori strada” e in realtà non si preoccupano dei “poveri”.

Se ne preoccupa il «vero discepolo» che è la donna, perché i cosiddetti “discepoli” oppongono erroneamente il “servizio” reso ai “poveri” all’adesione “personale” a Gesù che sta per morire, quasi si dovesse scegliere tra le due “opere”. (…) Come quei “discepoli”, anche noi vediamo la soluzione del problema dei “poveri” nel “denaro”, in una “efficienza”, e non nella “dedizione-amore”, da cui nascerà il “servizio” ai “poveri”.

Gesù difende e loda la donna, così come ha difeso Maria dalle “insinuazioni” di Marta che accusava la sorella di perdere tempo ascoltando la “Parola” e di non “servire”.

Card. Carlo Maria Martini

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