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Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of Literature
Diretta da Daniela Marcheschi

I dubbi dell’amore

Come nei giorni migliori, di Diego Pleuteri, sotto la regia di Leonardo Lidi, è uno spettacolo coinvolgente in tutti i sensi e addirittura emozionante alla fine quando si apre il sipario, rimasto rigorosamente chiuso per tutto il tempo, e gli spettatori “entrano nella scena” con gli attori, riflettendosi nello specchio rimasto fino a quel momento nascosto dietro le pesanti cortine di velluto

Mariapia Frigerio

I dubbi dell’amore

In un’ora e 35 minuti consecutivi, senza interruzione alcuna, in un Teatro Gobetti svuotato dalle poltrone della platea, a sipario chiuso, litigano, si amano, si rincorrono, si gettano secchi di acqua, sudano, si mescolano al pubblico ridotto a quella sorta di galleria che le leggi per la sicurezza hanno imposto allo storico teatro in luogo dei vecchi palchetti, i due attori Alessandro Bandini e Alfonso De Vreese.

Di sicuro uno spettacolo – questa prima assoluta, produzione del Teatro Stabile Torino – in cui si fatica, in cui l’essere atletici va di pari passo con il sapere trasmettere emozioni attraverso una recitazione di impostazione più tradizionale.

Di certo una fatica di giovani, perché giovanissimo è Diego Pleuteri, l’autore del testo, giovane è Leonardo Lidi, il regista, giovani i due protagonisti.

Indubbio che ancora una volta ci si interroghi sull’amore, in tutte le sue sfaccettature, in tutte le sue valenze. Nel suo mistero.

Leonardo Lidi è vicedirettore e coordinatore con Valerio Binasco della Scuola per attori del Teatro Stabile di Torino ed è lui che ha desiderato approfondire quella sorta di deserto emotivo che ha accomunato tante persone a seguito della pandemia. È lui che ha voluto condividere idee ed emozioni con i giovani uomini e le giovani donne della scuola. È lui che ha deciso che «essere giovani non può e non deve essere un difetto».

Leonardo Lidi. Foto di Luigi De Palma

Così, superando la cattiva abitudine di aspettare almeno un «decennio», prima di rappresentare testi di giovanissimi, lui, a nome del Teatro Stabile di Torino, ha deciso per una scelta “politica”: quella di non aspettare, quella «di avere fiducia».

E sulla domanda: «È ancora possibile essere una coppia? [oggi, NdC]» Bandini e De Vreese si scontrano, rimbalzano, si perdono, si lasciano, si ritrovano.

Perché quello a cui il pubblico assiste è una semplice storia d’amore e poco importa che sia amore tra due uomini. Quello che importa sono i tentativi di stare insieme nonostante i diversi modi di affrontare la vita, visto che c’è chi ama i film e chi le discoteche.

Il giovane autore precisa di aver indagato l’amore attraverso la «ricerca nelle piccole cose, nei gesti, nei momenti, nella quotidianità, nel segreto, nell’inesprimibile, in tutto quello che costruisce la vita di una coppia, dall’inizio alla fine. Gli scontri, gli avvicinamenti, senza porsi nessun obiettivo, nessuna risposta, se non quella dell’indagine, se non quella di poter sondare, cercando di avvicinarsi, anche solo per un secondo, a quel mistero. Per farlo nascere, non per raccontarlo. Nelle sue gioie e nei suoi dolori».

È innegabile che tra i riferimenti culturali dell’autore ci sia una predominanza di quelli cinematografici rispetto a quelli teatrali, dall’ironia del Woody Allen di Io e Annie al più sofferto Scene da un matrimonio bergmaniano.

Il cinema è arte imprescindibile per questa nuova generazione di attori che non si risparmiano in scena e non sanno cosa sia la pigrizia, per questi ragazzi che scelgono di usare i soprannomi di Billy [dal film del ballerino Billy Elliot, NdC] e Jessica [da Jessica Fletcher, la famosa signora in giallo televisiva, NdC].

Spettacolo coinvolgente in tutti i sensi e addirittura emozionante alla fine quando si apre il sipario, rimasto rigorosamente chiuso per tutto il tempo, e gli spettatori “entrano nella scena” con gli attori, riflettendosi nello specchio rimasto fino a quel momento nascosto dietro le pesanti cortine di velluto.

Applausi a non finire per i due giovani che ricambiano stringendo le mani a quasi tutto il pubblico in una vera e propria interazione.

Vogliamo riportare questa dolente affermazione di Lidi che sembra spiegare quello che è il teatro quando è ben fatto e la sua insostituibile funzione: «Ci si guarda in faccia praticamente solo a teatro ormai, anche a tavola o per strada si preferisce lo smartphone».

All’interno e in apertura, foto di Luigi De Palma

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