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Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of Literature
Diretta da Daniela Marcheschi

Il conformismo dell’immobilità macchiata di sangue

In Nozze di sangue tutto si mescola: prosa, poesia, canto. Una contaminazione voluta dal regista Lluís Pasqual, massimo esperto vivente dell’autore dello spettacolo, Federico García Lorca. Allora si capisce bene la necessità di avere un’attrice della portata di Lina Sastri, impeccabile nell’interpretazione di due personaggi di strepitosa grandezza, entrambi vittime: la Fidanzata e la Madre

Mariapia Frigerio

Il conformismo dell’immobilità macchiata di sangue

Tutto nasce dalla cronaca di un fatto di vita.

A pochi chilometri da Granada, durante la festa di matrimonio, la sposa fugge con un lontano parente, suo amore giovanile, con finale tragico di inseguimenti e uccisioni.

Ma la bellezza di tutto è che questo fatto ci viene raccontato da un poeta, o meglio, è il dramma di un poeta, una sorta di urlo munchiano di Federico García Lorca contro ogni convenzione che riguardi l’amore.

E Lorca ci racconta due personaggi di strepitosa grandezza, entrambi vittime: la Fidanzata e la Madre. Figure archetipiche senza un nome a identificarle.

Sul palcoscenico del Carignano entrambe sono interpretate da Lina Sastri, perché al teatro basta poco per far sì che la fantasia dello spettatore si accenda.

Lina Sastri, foto di Antonio Parrinello

Così l’attrice, che nelle vesti della Madre porta i cappelli raccolti, quando li scioglie, levandosi rapida il fermaglio e scuotendo il capo, diviene la Fidanzata.

Con poco più di un gesto avviene il miracolo e noi non ci troviamo più di fronte alla donna matura, ma a una fremente giovane, figlia di «una pianta di mala madre», come di lei dice la futura suocera, perché si sa, le voci corrono…

E in effetti c’è il mistero della cavalcata notturna, del cavallo e del cavaliere…

Lorca usa un linguaggio stringato, di poche parole, ma sono parole taglienti le sue, incisive più di qualsiasi lama che con la loro incisività ricreano un mondo opprimente proprio perché oppressivo, a cui la vita impone idee fisse, inalienabili.

«A me Dio non è mai piaciuto» dice la Madre, e la vecchia vicina dirà sul matrimonio che «è un passo che bisogna fare», mentre la moglie di Leonardo (il vecchio innamorato della Fidanzata e unico con un nome proprio) sosterrà che il suo è lo «stesso destino di mia madre».

Un mondo irrimediabilmente inamovibile, in cui gli insegnamenti sono legati al più bieco maschilismo («Tu sei il maschio» dirà infatti la Madre al Figlio), e sottomessi alle rigide regole sociali, per cui, dopo che la Fidanzata ha sposato il Figlio, per ben due volte la Madre conformisticamente la difenderà dicendo: «Ma ormai è la moglie di mio Figlio».

In questo spettacolo tutto si mescola: prosa, poesia, canto. Una contaminazione voluta dal regista Lluís Pasqual, massimo esperto vivente di García Lorca.

Allora si capisce bene la necessità di avere un’attrice della portata di Lina Sastri, che è un’attrice completa e come tale si è formata, basti pensare alla sua partecipazione al mitico Masaniello di Armando Pugliese e Elvio Porta, con le musiche di Roberto De Simone, con Mariano Rigillo nei panni del protagonista.

Era il ’74 e in quello spettacolo memorabile la Sastri già dava prova delle sue indiscusse capacità attoriali.

Questo spettacolo, queste Nozze di sangue, per almeno due motivi ci hanno fatto pensare anche al regista Pedro Almodóvar, per via di quei vasi comunicanti che, a volte, possono essere teatro e cinema.

Quando la Sastri, ripensando al figlio perso per mano della famiglia nemica, dice: «C’è gente che pensa che i figli si facciano in un giorno, però ci vuole tempo, molto tempo!».

Immediato il confronto con la grandissima Marisa Paredes, che nel finale di Tutto su mia madre, dopo svariate vicissitudini amorose e non, riprendendo a fare teatro, prova proprio questo testo di Lorca e recita in modo unico proprio quelle parole. Imbattibile.

Poi l’abbondanza di seggiole in scena sul palcoscenico del Carignano che nell’almodovariano Parla con lei erano quasi “viventi” in un ballo con coreografia di Pina Bausch a cui assistono i protagonisti del film.

Crediamo, infine, sia importante riportare alcune parole scritte dal regista, in cui ci rende partecipi di una testimonianza della sorella di Lorca e che di più ci fanno comprendere l’intento della sua messa in scena.

Applausi al Carignano. Foto di Mariapia Frigerio

«Isabel García Lorca, la sorella di Federico, mi ha raccontato che nel momento in cui lui scriveva Nozze di Sangue erano a Granada, a la Huerta de San Vicente, la bella casa dove trascorrevano l’estate. A Federico era arrivato un disco di una cantata di Bach che faceva suonare al grammofono e che ascoltava ossessivamente per ore e ore tutti i giorni finché un giorno glielo hanno nascosto…

In Nozze di sangue c’è tanta musica, scritta anche da lui, che era anche un grandissimo musicista. Ha una sua geometria, ma non è Bach. Viene piuttosto dal “cante jondo”, che vuol dire canto scuro e profondo, e che è una variante assillante del flamenco.

E questa musica che c’è anche nel testo e che scorre come un fiume scuro bisogna farla sentire perché è quello che riempiva il suo corpo, la sua mano, il suo orecchio in una terra secca circondata dal mare […]».

Il pubblico e noi l’abbiamo sentita, commossi e plaudenti.

In apertura, foto di Antonio Parrinello

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