Corso Italia 7
Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of LiteratureDiretta da Daniela Marcheschi
Il cursus honorum di un attore nella Germania che apre le porte al nazismo
Taccuino di lettura. Mephisto, di Klaus Mann, è un romanzo di oltre trecento pagine che si legge senza fatica alcuna. Questo perché ha la capacità di attrarre il lettore che si immerge nelle vicende, nei caratteri dei molteplici personaggi, nella varietà dei luoghi e delle situazioni. Un romanzo che è il “dramma” di un uomo che volendo a tutti i costi vincere in realtà perde
Klaus Mann, Mephisto, Roma, Castelvecchi Editore, 2024
Non siamo tra gli estimatori di Thomas Mann, tanto da aver trovato da sempre più bravo il fratello Heinrich con il suo romanzo L’angelo azzurro.
Ora, per merito di un bellissimo spettacolo, la scoperta tardiva del figlio di Thomas, Klaus, e del suo straordinario libro Mephisto, recentemente ritradotto da Massimo Ferraris e ripubblicato dall’editore Castelvecchi.
Va detto che ad accomunare zio Heinrich e nipote Klaus c’è il mondo dello spettacolo che per noi ha una grande attrattiva.
L’aspetto che però ci ha maggiormente colpiti è che in questo romanzo corrono in parallelo teatro (in tutti suoi aspetti) e storia.
Tutto quello che avviene in un teatro viene qui descritto senza provocare nel lettore noia alcuna.
L’autore ci porta dietro le quinte, in varie città tedesche, tra suggeritori, direttori artistici, direttori amministrativi, attrici-prime donne, attrici debuttanti.
Ci fa conoscere un teatro che si vorrebbe a un certo punto “rivoluzionario”, un teatro in cui i nomi che ricorrono vanno da Wedekind a Ibsen.
Insomma la sintesi di un mondo che continua da sempre ad affascinare.
Poi c’è la storia, quella con la esse maiuscola, che fa da sfondo a quanto narrato.
Ed è la storia che tratta del primo dopoguerra in Germania, dalla Repubblica di Weimar all’ascesa del Nazismo.
In questo la vicenda del protagonista, l’attore Hendrik Höfgen che, puntando tutto sulla carriera, abbandona vecchi amici, vecchi “amori” (compresa la splendida Juliette, amante di colore), vecchi ideali politici.
E pian piano, per non sapere (o volere?) dire «no» scivola, metaforicamente parlando, tra le braccia di Göring, Göbbels e Hitler, mai nominati esplicitamente ma solo con soprannomi: «il grassone», «lo zoppo» e «il nano coi baffi».
Un romanzo di 315 pagine che si legge senza fatica, perché ha la capacità di attrarre il lettore che si immerge nelle vicende, nei caratteri dei molteplici personaggi, nella varietà dei luoghi e delle situazioni.
Un romanzo che è il “dramma” di un uomo che volendo a tutti i costi vincere in realtà perde.
Emblematica questa frase: «Tutti gli occhi erano puntati su Hendrik Höfgen. Tutti lo ammiravano. Apparteneva al potere. Ne condivideva lo splendore – finché lo splendore fosse durato».
Da ultimo due parole sulle vicissitudini di questo testo scritto nel ’36, ma pubblicato solo vent’anni dopo, nel ’56, perché fortemente autobiografico.
Il protagonista è ispirato al cognato dello stesso autore, l’attore, marito della sorella Erika, Gustav Gründgens, con tendenze omosessuali che Klaus non rivela visto i rischi che gli avrebbe potuto far correre nella Germania nazista.
Ma la critica si è “divertita” a ritrovare anche in altri personaggi persone reali.
Questi i motivi del ritardo nella pubblicazione, addirittura dopo la morte (suicidio) dello stesso Klaus, avvenuta a Cannes nel ’49.
Se poi consideriamo il rapporto col celebre padre, bisogna dire che Klaus ha osato dichiarare e vivere quello che Thomas aveva tentato ancora di proteggere: il segreto della sua omosessualità.
Motivo quest’ultimo di disaccordo tra padre e figlio.
Ma il ritardo nella pubblicazione si deve anche ad altro, ovvero al fatto che fu il figlio dell’attore-cognato a impedirlo.
Il motivo? Il figlio non era “figlio”, ma l’amante, in un secondo tempo adottato dall’attore!
Insomma ci vorrebbe un altro volume per ricostruire non solo la vicenda del romanzo, ma anche quella di tutta la famiglia Mann!
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