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Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of LiteratureDiretta da Daniela Marcheschi
Il lockdown di Luchini, un tempo da dedicare alla lettura
Per gli italiani, Fabrice Luchini è essenzialmente un attore cinematografico, ma in Francia è considerato a 360°. E il teatro è uno dei suoi regni: a Parigi non mancano mai uno o più spettacoli con lui. Al Théâtre du Montparnasse in La Fontaine e le confinement ha catturato il pubblico parlando di sé a ruota libera e del “confinamento”, coinvolgendo tutti gli spettatori che, senza bisogno di costumi, luci o musiche, sono stati guidati nella bellezza delle parole
La Fontaine e le confinement di e con Fabrice Luchini
Parigi, Théâtre du Montparnasse, 7 novembre 2023
Il pubblico italiano conosce e ama Fabrice Luchini, non solo perché è di famiglia di origine italiana, ma, soprattutto, per i suoi ruoli cinematografici.
Come dimenticare il suo volto attonito in Confidenze troppo intime di Patrice Leconte in cui ascolta, senza riuscire a porre freno, il fiume di parole che Sandrine Bonnaire gli riversa addosso convinta di parlare con un altro professionista?
O il marito imbranato in Le donne del 6° piano che, proprio per merito di una delle cameriere spagnole che in quelle soffitte abitano, si risveglierà all’amore?
O l’interprete dell’inquietante Nella casa?
O, ancora, la sua perfidia in Molière in bicicletta?
Un attore per grandi registi cinematografici, nonché vincitore della Coppa Volpi, nel 2015, alla 72^ Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia con La corte di Christian Vincent.
Ma se per gli italiani è essenzialmente un attore cinematografico, in Francia è un attore a 360°.
E il teatro è uno dei suoi regni: a Parigi non mancano mai uno o più spettacoli con lui.
Interprete, nell’86, di una pièce tratta da Viaggio al termine della notte di Céline è inoltre interprete, per il suo grande amore per la letteratura, di versi e prose da Flaubert, Balzac, La Fontaine e molti altri.
Inoltre un volto ideale per il teatro dell’assurdo da Beckett a de Obaldia.
Fino ad arrivare a Une heure de tranquillité di Florian Zeller, autore ora molto rappresentato anche in Italia dopo il suo successo internazionale con il film The Father.
Quello che abbiamo incontrato a Parigi, al Théâtre du Montparnasse in La Fontaine e le confinement, è un Luchini esplosivo, che intrattiene il pubblico (ma forse sarebbe meglio dire che “cattura” il pubblico) parlando di sé e del “confinamento” (il più conosciuto lockdown, ma i francesi, si sa, ci tengono alla loro lingua!).
E lo fa parlando a ruota libera di sé («Già non sono normale, figuriamoci nel confinamento!»), dando il benvenuto a una spettatrice ritardataria, chiamando spettatori dai palchi più in alto e segnalando loro due posti vuoti in prima fila, complimentandosi col pubblico («Un miracolo!») che segue con attenzione.
Non tralascia anche ricordi personali, raccontando di un suo film che ha molto amato, quell’Alceste en biciclette (il Molière in bicicletta italiano), del suo rapporto con i genitori, di Barbès, la zona povera di Parigi in cui è cresciuto.
Si dichiara contro le foto e contro Instagram.
Dice di adorare l’attore Louis Jouvet e di pensare che al Teatro Antoine ha curato la sua ultima regia: Le Diable et le Bon Dieu di Jean-Paul Sartre.
Poi dà il via alla scorribanda tra i suoi amori letterari (che sono tanti).
Da Pascal con «L’uomo vuole essere felice» al Pascal di «Tutti i mali dell’uomo derivano dalla sua incapacità di starsene nella sua stanza da solo», riferibile all’obbligata chiusura per il Covid, da Molère a Barthes, fino all’amatissimo La Fontaine che, per Luchini, è un autore che ha stile, più stile rispetto agli autori classici e che fu amato dallo stesso Gide.
Per Luchini La Fontaine è, inoltre, un eroe cattolico.
Insomma più di un’ora in cui, con un’agilità incredibile, si muove sul filo della letteratura e dei suoi amori che fa diventare anche nostri.
Perché il lockdown per le persone intelligenti, o forse semplicemente felici, è stato anche farsi compagnia con i libri e, come nel caso del nostro attore, dedicarsi allo studio degli autori amati.
Al Théâtre du Montparnasse abbiamo avuto modo di seguire, anche noi “catturati”, la bravura di un attore che senza bisogno né di costumi né di luci né di musiche è riuscito a guidarci nella bellezza delle parole e, attraverso queste, nel più autentico modo di fare teatro.
All’interno e in apertura, foto di Mariapia Frigerio
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