Corso Italia 7

Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of Literature
Diretta da Daniela Marcheschi

Il Mondo è una prigione

Da leggere perché ... Non solo perché è uno dei capolavori di Guglielmo Petroni, ma soprattutto della narrativa resistenziale e della narrativa italiana tout court. Lo è anche per lo stile chiaro, per l’espressione semplice e mai ovvia, per le profondità scandagliate in un modo così misurato, così pieno di pudore da renderlo esemplare

Daniela Marcheschi

Il Mondo è una prigione

Guglielmo Petroni, Il Mondo è una prigione, prefazione di Goffredo Fofi con una nota di Giorgio Patrizi, Roma, Abbot Edizioni, 2020.

Il Novecento, quel famoso sconosciuto. Così potremmo introdurre questa sintetica scheda della meritoria ristampa Abbot del Mondo è una prigione: non solo uno dei capolavori di Guglielmo Petroni (Lucca, 1911-Roma, 1993) – un altro è Poesie (1928-1978),  con uno scritto di Giovanni Raboni (Milano, Guanda, 1978) –; ma anche della narrativa resistenziale e soprattutto della narrativa italiana tout court. Lo è per lo stile chiaro, per l’espressione semplice e mai ovvia, per le profondità scandagliate  in un modo così misurato, così pieno di pudore da renderlo esemplare: tanto più, in una epoca in cui anche gli scrittori tendono talvolta allo spettacolo a ogni costo, alla narcisistica messa in mostra di sé, insomma alla letteratura come palcoscenico. Ma il “movimento” della parola, della frase, non è mai solo orizzontale in letteratura, bensì anche verticale: la scrittura, quella grande, deve puntare all’esterno e all’interno dell’umanità, deve penetrare nel fondo delle cose e dell’anima, deve rivelarci a noi stessi.

Il Mondo è una prigione fu scritto tra il 1944 e il 1945, pubblicato nella rivista  «Botteghe Oscure» nel 1948, quindi, con una prefazione di Pietro Pancrazi, per la prima volta in volume nel 1949, presso Mondadori, dove ebbe una edizione ampliata con una Nota nel 1960. Petroni  – il Memo caro agli amici  – racconta conciso di Roma e di Lucca; il suo antifascismo, le vicende della sua durissima prigionia dal 3 maggio al 4 giugno 1944 nella famigerata Via Tasso, prima, e a Regina Coeli poi; il caso che gli fa evitare per ben tre volte la fucilazione e lo restituisce libero a una Italia che, tentando di tornare a Lucca a piedi, egli scopre abbrutita: un tema peraltro condiviso anche con gli amici lucchesi, in particolare con Arrigo Benedetti che ne scriverà in Gli stranieri, incluso dal curatore Dino Terra nel suo Dopo il diluvio. Sommario dell’Italia contemporanea (Milano, Garzanti, 1947 e ora, a cura di Salvatore Silvano Nigro, Palermo, Sellerio, 2014).

E, poi, c’è la riscoperta della bellezza dei manufatti architettonici (Lucca), del tempo lungo dell’arte che cerca di eternare il misero destino dell’essere umano. Petroni pagò per anni un prezzo molto alto per questo libro alieno dai trionfalismi, dal momento che, proprio per tale ragione, esso non fu gradito alla critica più conformista. Infatti non c’era nessuna retorica patriottica e resistenziale, nessuna “magnifica sorte e progressiva”, ma piuttosto l’interrogarsi su cosa sia la libertà, la scelta necessaria, il senso stesso dell’esistenza umana nel ripercorrere senza compiacimento alcuno una esperienza radicale di carcere e violenza terribile (le torture), vissuta come la ginestra di leopardiana memoria: guardando in faccia la morte, con l’umiltà di non nutrire speranze, eppure con la certezza di esistere come corpo e nel corpo. Una vita, la responsabilità dell’individuo, la coscienza.

Per commentare gli articoli è necessario essere registrati
Se sei un utente registrato puoi accedere al tuo account cliccando qui
oppure puoi creare un nuovo account cliccando qui

Commenta la notizia

Iscriviti alle
newsletter