Corso Italia 7

Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of Literature
Diretta da Daniela Marcheschi

La guerra di Troia madre di tutte le guerre

Uno spettacolo che ha trovato un giusto equilibrio, una perfetta sintesi tra parola, gestualità e artifici teatrali e che, magistralmente, ha messo in risalto l’aspetto artigianale del teatro. Si tratta di Iliade. Il gioco degli dèi, su testo di Francesco Niccolini, con la regia di Roberto Aldorasi, Alessio Boni e Marcello Prayer, che il Teatro del Giglio ha accolto con grande entusiasmo

Mariapia Frigerio

La guerra di Troia madre di tutte le guerre

Partiamo da quanto ci spiegano i registi: «Iliade canta di un mondo in cui l’etica del successo non lascia spazio alla giustizia e gli uomini non decidono nulla, ma sono agiti dagli dèi, in una lunga e terribile guerra senza vincitori, né vinti. La coscienza e la scelta non sono (ancora) cose che riguardano gli umani: la civiltà dovrà attendere l’età della Tragedia per conoscere la responsabilità personale e tutto il peso della libertà da quegli dèi che sono causa di tutto, ma non hanno colpa di nulla. In quel mondo arcaico dominato dalla forza, da un Fato ineluttabile e dagli dèi capricciosi, non è difficile specchiarci e riconoscere il nostro: le nostre vite dominate dalla paura, dal desiderio di ricchezza, dall’ossessione del nemico e da tutte le forze distruttive che ci sprofondano nell’irrazionale e rendono possibile la guerra».

E ancora aggiungono: «Ci sono tutti i semi del tramonto del nostro Occidente in Iliade che, come accade con la grande poesia, contiene anche il suo opposto: la possibilità di assumersi le responsabilità, la libertà di scegliere e di dire no all’orrore».

Ed è proprio su questo ultimo punto che i registi dello spettacolo, Roberto Aldorasi, Alessio Boni e Marcello Prayer, hanno ideato Iliade. Il gioco degli dèi.

Uno spettacolo, su testo di Francesco Niccolini (come dimenticare il suo L’uomo che oscurò il re Sole-Vita di Molière?) con la drammaturgia di Roberto Aldorasi, Alessio Boni, Francesco Niccolini e Marcello Prayer – il team del Quadrivio all’origine sia dei Duellanti da Conrad che di Don Chisciotte da Cervantes – liberamente ispirato al capolavoro di Omero.

Che cosa è successo agli dèi di Niccolini? Sono diventati pallidi, immagini sbiadite dell’antico splendore, hanno perso i loro poteri e non sanno spiegarsi né come né quando sia ini­ziato il loro tramonto. Non si incontrano da secoli, dai tempi della guerra di Troia.

Ma eccoli ora di nuovo insieme, riuniti, dopo tanto tempo, a seguito di un misterioso invito. Chi li ha invitati? E perché?

Riuniti su una spiaggia, non sapendo bene cosa fare, ricordano il periodo d’oro della guerra di Troia, da loro scatenata per capriccio, perché con gli esseri umani ci giocano come fossero marionette.

Perché non rievocarla allora? E così, ecco i nostri dèi calarsi nei panni degli eroi omerici mostrando al pubblico gli episodi principali dell’Iliade.

Ma in che modo?

Lo spettacolo non solo ne è la risposta, ma è anche una grande prova attoriale.

Ogni attore è infatti chiamato a interpretare diverse parti, spesso avvalendosi, nei combattimenti, di una sorta di pupi che muovono e che fanno esprimere con le loro voci doppiate.

Muovono le armature di queste gigantesche marionette (meravigliose opere della collaborazione di Alberto Favretto, di Marta Montevecchi, di Raquel Silva), quasi a volerci dire che quello della guerra è un gioco, anche se un tragico gioco.

Facciamo ora, di ognuno di loro, una breve disanima e partiamo dal padre degli dèi, da Alessio Boni che dà voce sia a uno Zeus “umanamente” smemorato, a uno Zeus che soffre come un uomo sia a un Achille che alterna urla di disperazione a sommesse parole. Interessante, a proposito, il commento di una signora del pubblico:

«Non solo è bello, è anche bravo!». Ed infatti è realmente molto bravo.

Iaia Forte interpreta Era, moglie energica, con una notevole vis comica.

Iaia Forte

Haroun Fall è un ottimo Hermes, e al tempo stesso un intenso Patroclo.

Francesco Meoni si divide tra i ruoli di Ares, Paride, Agamennone, Sarpedonte e di ognuno riesce a dare la giusta interpretazione.

Jun Ichikawa ci offre la sua sensualità nel ruolo di Afrodite, ma è notevole anche quando veste i panni di Calcante.

Elena Nico si alterna equamente tra due personaggi quasi antitetici: un’intrattabile Atena e una forse un po’ anonima Elena.

Marcello Prayer dà vita ad Apollo, a un poco convincente Ettore e a uno straziante Priamo.

Elena Vanni, infine, ci dona un’ottima Teti a una più sofferta Andromaca.

Uno spettacolo dalle tematiche importanti come la paura, il desiderio di ricchezza, l’ossessione del nemico, i giochi di potere e l’irrazionale.

Quale l’intento dell’autore e dei suoi fedeli collabori del Quadrivio?

Riscrivere un classico della letteratura mondiale per invitare gli spettatori a specchiarsi nella poesia di Omero, in uno dei miti più antichi della poesia occidentale e nella guerra “madre” di tutte le guerre e per dar loro modo di constatarne la sua attualità.

Belle le scene di Massimo Troncanetti che ci offrono un ambiente spoglio, una spiaggia, con due originali pedane moderne per l’accesso dei vari personaggi.   Scene che non sovrastano l’importanza degli attori, qui dèi non più rappresentanti dell’eternità, ma sovente privi di memoria, quasi oppressi da una stanchezza umana e con fisici che non reggono il tempo.

Applausi, foto di Mariapia Frigerio

Uno spettacolo che ha trovato un giusto equilibrio, una perfetta sintesi tra parola, gestualità e artifici teatrali e che, magistralmente, ha messo in risalto l’aspetto artigianale del teatro.

Inutile dire che, a fine spettacolo, gli attori sono stati più volte chiamati dall’entusiasmo e dagli applausi del pubblico.

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