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Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of Literature
Diretta da Daniela Marcheschi

Le opere di Riccardo Campa forniscono una messe di strumenti concettuali

Da leggere perché... Professore emerito di Storia delle Dottrine politiche e di Storia della Filosofia nell’Università per Stranieri di Siena e Director emeritus of the Giambattista Vico Chair of Italian Studies al Dowling College di New York, è uno studioso lontano dalle gazzarre mondane e concentrato sul proprio lavoro di ricerca. I suoi lavori, nella loro sintesi filosofica, nei loro approfondimenti chiarificatori, sono utili per affrontare con lucidità le contraddizioni del pensiero moderno

Daniela Marcheschi

Le opere di Riccardo Campa forniscono una messe di strumenti concettuali

Riccardo Campa, L’epoca dell’incertezza. Il dualismo contemporaneo fra mondo microscopico e macroscopico (Roma, Carocci, 2023, pp. 835).

Professore emerito di Storia delle Dottine politiche e di Storia della Filosofia nell’Università per Stranieri di Siena e Director emeritus of the Giambattista Vico Chair of Italian Studies al Dowling College di New York, Riccardo Campa (Presicce, LE, 1934) è uno studioso lontano dalle gazzarre mondane e concentrato sul proprio lavoro di ricerca e riflessione. Un lavoro solido di informazioni, cultura e intenti, come dimostrano suoi saggi recenti quali ad esempio

Il convivio linguistico (Carocci, 2019), sui temi, fra l’altro, del rapporto fra lingue madri e lingue veicolari, sull’Italiano lingua di cultura capace di pensare il mondo, come sapeva bene Galileo; oppure Evocazione (ivi, 2020) che spinge a meditare sui rischi córsi dai saperi quando si privilegino troppo a lungo l’evocazione, l’accostamento analogico, la metafora o la sinestesia, invece che i valori dell’esattezza, di lettera e letteralità: il linguaggio chiaro, in breve, l’etica della comunicazione che lo sostiene, giacché esso è l’unico che può rimandare anche all’oscuro, come già indicava Giuseppe Pontiggia  in un bel saggio del 1972 su Daumal, incluso in Il Giardino delle Esperidi (Adelphi, 1984).

Le opere di Campa dovrebbero essere più lette e citate nel dibattito culturale, perché, nella loro sintesi filosofica, nella loro precisione terminologica e nei loro approfondimenti chiarificatori, forniscono una messe di strumenti concettuali, utili per affrontare con lucidità le contraddizioni del pensiero moderno e certe sue derive nella direzione della moda, della “chiacchiera” votata all’insignificanza, allo svuotamento formalistico della parola e, in genere, del segno umano.

In particolare, in L’epoca dell’incertezza, colpisce ancora l’ampio orizzonte di conoscenze settoriali attraverso cui si snodano le argomentazioni di Campa nelle quali la Filosofia, le letterature internazionali – antiche e moderne –, le arti, l’Antropologia, sono poste in tensione con la Fisica e altre scienze. Il tutto per interrogarsi, in sette densi capitoli (L’inventiva, La premonizione, L’evenienza, L’argomentazione, La persuasione, L’oracolarità, L’indeterminazione), sulla conoscenza stessa  quale la concepiamo oggi, su quali conseguenze teoretiche e pratiche profonde crei la macchina, ora che l’industrializzazione è sfociata nella «conversione mercantile dell’universo soggiogato dalle compromissioni tecnologiche, connesse con l’economia di mercato».

È ben più che un’ennesima riflessione, in prospettiva socio-politica ed economica, su categorie ideologiche del pensiero contemporaneo (da Jean-François Lyotard a Marc Augé): post-moderno, iper-moderno, surmoderno; ben più che volontà etica centrata sulla relazione con l’evenienza. Campa costruisce una sua imponente “macchina” argomentativa per indirizzare a un riorientamento, a una radicale ricostruzione dei fondamenti epistemologici dell’essere umano odierno: una vera e propria caccia ai miti e ai simulacri di cui la ragione  e le arti si rivestono nell’età tecnocratica; un moto in direzione di una nuova identità gnoseologica.

Un’opera che tutti gli intellettuali e in particolare tutti coloro che si occupano di letteratura e arte dovrebbero leggere proprio per le molteplici direzioni e gli stimolanti suggerimenti critici che è in grado di offrire al lettore.

Le problematiche conoscitive affrontate da Campa risalgono fin al 1955-58, al Foro europeo di Alpbach, quando il nostro studioso poté dialogare con Erwin Schrödinger, Gabriel Marcel, Theodor W. Adorno, Ernest Kogon, Simon Moser, Jacques Rueff, Kurt von Fritz. A Campa, in breve, interessano le insolvenze concettuali a partire dal focus sulle «due categorie cognitive con le quali la natura si configura nelle sue componenti energetiche: la causalità a livello macroscopico e la casualità a livello  microscopico», per un dualismo reso percettivo dal principio di indeterminazione di Werner Heisenberg (in Meccanica quantistica) e dal principio di complementarietà.

«Il principio di indeterminazione statuisce l’approssimazione con la quale si esplica la fenomenologia del microcosmo. La tecnica misurativa del microcosmo è statistica: la stessa metodologia impiegata dal capitalismo per propiziare gli impegni propulsivi e attuativi a livello multinazionale. La correlazione fra le due aree della conoscenza si esplica nella conformazione linguistica».

Non a caso per Campa già Hiroshima e Nagasaki testimoniano drammaticamente «la messa in opera di un meccanismo mentale, che ha di mira il progresso nella sua declinazione umanitaria e solidaristica». Umanesimo nuovo-nuova utopia, basati sulla comprensione responsabile – lucida sino a una sorta di decorticazione dello spirito – delle falle concettuali di una civiltà intera della quale siamo spesso figli semiciechi.

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