Corso Italia 7

Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of Literature
Diretta da Daniela Marcheschi

Paolo Codazzi, uno dei più solidi e riconoscibili scrittori italiani odierni

Da leggere perché... Ciò che più colpisce, oggi, è la standardizzazione del linguaggio della narrativa: si apre un libro, si comincia a leggere un romanzo, un racconto, e ciò che risalta subito è la sua somiglianza con tanti altri, pubblicati giorno dopo giorno e pubblicizzati a spron battuto, quanto allo stile e alla lingua. Rischiano così di passare sotto silenzio o di avere poco riscontro libri notevoli come quelli dell’autore fiorentino, il cui stile è una sorta di grande “macchina” sintattica nel periodare ampio e magistralmente ipotattico

Daniela Marcheschi

Paolo Codazzi, uno dei più solidi e riconoscibili scrittori italiani odierni

Ciò che più colpisce, oggi, è la standardizzazione del linguaggio della narrativa: si apre un libro, si comincia a leggere un romanzo, un racconto, e ciò che risalta subito è la sua somiglianza con tanti altri, pubblicati giorno dopo giorno e pubblicizzati a spron battuto, quanto allo stile e alla lingua.

Qualche trovata, ma perlopiù stile anonimo, lingua piatta, appunto perché si idolatra l’adesione al vero dell’uso anche più rozzo e volgare. La  scrittura letteraria non andrebbe però ridotta alla fotocopia dell’uso pur tenendolo, ovviamente, quale punto di riferimento: lo mostrava già Alessandro Manzoni, ponendosi il problema della lingua per quel grande romanzo moderno, nuovo, che risultarono poi I promessi sposi. Lo stile, infatti, è una continua mediazione fra più piani linguistici e formali, e fra presente e passato, fra opzioni espressive e urgenza delle cose da dire.

Il tutto all’insegna di una responsabilità a cui lo scrittore degno del nome non può sottrarsi: quella di dover riscattare la banalità dell’uso della parola, di rilanciarne quella potenza di significazione che si smarrisce quotidianamente nella deprivazione della chiacchiera, come non si stancava di ribadire Giuseppe Pontiggia.

Fatto sta che rischiano di passare sotto silenzio o di avere poco riscontro libri notevoli come  quelli di uno dei più solidi e riconoscibili scrittori italiani odierni, ossia il fiorentino Paolo Codazzi, il cui stile è una sorta di grande “macchina” sintattica nel periodare ampio e magistralmente ipotattico. Di questo autore, fondatore nel 1983, con Franco Manescalchi, della rivista fiorentina «Stazione di Posta» e ideatore e presidente del Premio Letterario Chianti, segnaliamo in particolare Lo storiografo dei disguidi (Cagliari, Arkadia, 2021) e Lo specchio armeno (ivi, 2023).

Il primo è un volume di racconti, alcuni di singolare costruzione (come Lorenzo), altri di una satira feroce o di crudo umorismo (L’odore del potere; E improvvisamente volò il giornale), tutti di originale svolgimento, nel  trattare vicende varie del quotidiano e quei tanti “disguidi” piccoli e grandi, quei paradossi del caso che ne capovolgono talora il corso.

Il secondo è un romanzo costruito in modo sapiente nel tessuto dei riflessi di esistenze ed eventi del presente e vite e fatti del passato, che si intrecciano fra divagazioni, dati storici e d’invenzione. Continue trasparenze che hanno per protagonista un pittore incaricato  di copiare un ritratto di donna conservato a Palermo. Il caso vuole che esso rappresenti la sua donna ideale, quella mai trovata eccezion fatta per Laura, morta però un mese prima delle nozze.

Ne scaturisce allora “il quadro” narrativo di una ossessione amorosa tanto colma di illusioni quanto lo sono quella della razionalità  delle cose e quella del tempo, nel continuo incontro fra dimensioni della realtà e mondi fantastici.

Per commentare gli articoli è necessario essere registrati
Se sei un utente registrato puoi accedere al tuo account cliccando qui
oppure puoi creare un nuovo account cliccando qui

Commenta la notizia

Iscriviti alle
newsletter