Corso Italia 7
Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of LiteratureDiretta da Daniela Marcheschi
Respirare il teatro con un gigante della scena
È la grandezza, la bravura di un attore a fare il teatro, come nel caso di Eros Pagni in questo spettacolo dove interpreta Lamberto Laudisi. Qui recita per quasi la totalità del tempo seduto e la sua voce si sente senza bisogno di microfono. È la figura dello scettico, e bellissima è la scena in cui lui parla allo specchio, che però non c’è
Difficile oggi trovare una compagnia teatrale che riesca a non essere soverchiata dalla bravura di un prim’attore della grandezza di Eros Pagni che si conferma in questo spettacolo l’attore di razza che è.
Qui, nella parte di Lamberto Laudisi, recita per la maggior parte del tempo seduto eppure, nonostante i suoi dichiarati ottantaquattro anni, la sua voce si sente senza bisogno di microfono, seduto come una statua, a metà tra un saggio dell’antichità e il pensatore di Rodin.
È la figura dello scettico, e bellissima è la scena in cui lui parla allo specchio, che però non c’è.
In breve la vicenda. L’arrivo della Signora Frola e di suo genero, il Signor Ponza – entrambi legati in un affetto viscerale per la rispettiva moglie e figlia, che forse non è la figlia e forse non è la moglie – mette a subbuglio un intero paese. Chi dei due detiene la verità?
Le confessioni delle loro verità avvengono in pubblico: il pubblico degli abitanti curiosi e il pubblico in scena. Complice un microfono a cui si avvicendano i due personaggi per dire le loro verità.
Fino al confronto tra i due, tra la signora Frola (una splendida Anita Bartolucci) e il Signor Ponza (un toccante Giacinto Palmarini), ascoltati dagli altri personaggi, che già così bene interpretavano il chiacchiericcio degli abitanti del paese, e che ora assistono da sei finestre – da una scenografia che rimanda agli edifici metafisi di De Chirico – al loro duello verbale.
Laudisi-Pagni se ne sta in disparte, incredulo e ironico nei confronti delle «notizie certe» e della «gente che sa».
E alla fine compare lei, la moglie-figlia (una Irene Tetto che da Signora Cini si trasforma in donna velata procedendo dalla platea al palcoscenico), che potrebbe risolvere l’enigma, ma quanto dice, «per me io sono colei che mi si crede», non lo risolve, perché la verità è un fantasma.
Si osservava già all’inizio della bravura della compagnia, di un lavoro realizzato in totale sintonia. Occorre allora aggiungere agli attori già menzionati Paolo Serra, Laura Sansone, Giovanna Mangiù, Domenico Bravo, Roberto Burgio, Valeria Contadino, Plinio Milazzo.
Con Così è (se vi pare) Pagni (lucchese d’adozione) torna al Giglio dopo 17 anni – nemo propheta in patria – in un teatro strapieno.
Ma perché rappresentare Pirandello oggi?
È lo stesso Pagni a rispondere dicendo, nel suo incontro con il pubblico il giorno successivo alla prima, che oggi come oggi c’è ben poco altro.
Secondo lui, per trovare qualcosa di buono bisogna andare almeno a Goldoni o a Shakespeare o a Molière o, tornando al Novecento, a Brecht. Ma si tratta di autori le cui opere, con numerosi personaggi, richiederebbero la presenza in scena di quindici-venti attori, cosa alquanto complessa da realizzare oggi.
La collaborazione tra l’attore e il regista Luca De Fusco dura da dieci anni, e qui regia e scenografia rispondono all’esigenza di creare una «stanza della tortura» (un cortile di un manicomio o un insieme di palchi teatrali) dove si cerca la verità.
Una regia di notevole asciuttezza, con tagli azzeccati, ha continuato Pagni. La durata dello spettacolo è infatti di un’ora e trenta rispetto alle due ore/due ore e trenta del dramma pirandelliano originale.
Un’opera «attuale per il mistero», ha notato ancora Pagni, che non ha timore a definire Pirandello un «autore verboso, abbondante di pensieri, che usa giochi di parole di difficile comprensione».
Parole molto simili le aveva usate Cesare Garboli, recensendo il Così e (se vi pare) del 1972, regia di Giorgio De Lullo, con Paolo Stoppa, Rina Morelli e una giovane Anita Bartolucci qui nella parte della signora Sirelli, definendosi tra «i non patiti di Pirandello», perché non ne amava «l’enigmatica, inarrivabile intelligenza» né «il suo dogmatismo nel dubbio».
Tuttavia un personaggio «insopportabile» come Laudisi (sempre citando Garboli) era diventato «affascinante» e «credibile» per merito di Romolo Valli.
Perché è la grandezza, la bravura di un attore a fare il teatro e, se il caso, a “correggere” il testo facendone esprimere le potenzialità espressive più alte.
Bravura, grandezza e fascino, che si sono ammirati in un eccellente Pagni.
Se per l’attore spezzino il teatro è «un luogo dove si può sognare, un piccolo rifugio per le persone scontente», non possiamo che ringraziarlo per averci, nel tempo trascorso insieme, offerta questa meravigliosa occasione.
All’interno e in apertura, foto di Antonio Parrinello
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