Corso Italia 7

Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of Literature
Diretta da Daniela Marcheschi

Storie d’amore, di amicizie, di luoghi, di volti attraverso l’Italia

Lo storico dell’arte Carlo Ludovico Ragghianti e il pittore Carlo Levi, legati da una forte stima reciproca, si incontrarono a Roma grazie a un amore condiviso: il cinema. Coprotagonisti a Lucca in una mostra in cui ci sono documenti d’archivio, fotografie, disegni, viene raccontata la loro amicizia basata sia su un’affinità di natura culturale, sia per l’impegno antifascista. A Torino, invece, i luoghi e le persone fondamentali nella vita di Levi vengono proposti in una mostra curata da Elena Loewenthal e da Luca Beatrice

Mariapia Frigerio

Storie d’amore, di amicizie, di luoghi, di volti attraverso l’Italia

C’è un quarantennale da celebrare, quello della Fondazione Ragghianti di Lucca, ci sono uno storico dell’arte e un pittore legati da amicizia e stima reciproca e, tutt’intorno, una rete di legami culturali, intellettuali, amorosi.

Lo storico dell’arte è Carlo Ludovico Ragghianti, il pittore è Carlo Levi coprotagonisti in una mostra in cui ci sono documenti d’archivio, fotografie, disegni e quasi cento opere di Carlo Levi.

Sarà il cinema, un amore condiviso, a farli incontrare a Roma quando entrambi, sia Levi che Ragghianti, alla ricerca di un lavoro, verranno aiutati dall’industriale Riccardo Gualino, proprietario della Lux film, con cui li aveva messi in contatto Mario Soldati.

 

E la loro sarà un’amicizia basata in primis su un’affinità di natura culturale ed etica, poi, per entrambi, sull’impegno politico antifascista.

Per Levi il pensiero gobettiano è l’alveo naturale della sua formazione politica, per Ragghianti lo diventerà a seguito dei contatti con La Malfa e Parri.

È proprio Ragghianti a dare la prima storicizzazione della figura di Carlo Levi pittore quando, nel 1948, pubblica un catalogo sulla produzione dell’amico, in cui vengono datati e repertoriati i dipinti realizzati dal 1923 al 1947.

Ma i dipinti esposti alla Fondazione sono molti di più: non soltanto quelli del libro di Ragghianti e delle mostre del 1967, Arte moderna in Italia e del 1977 con la retrospettiva Levi si ferma a Firenze da lui curate.

Ci sono dipinti in cui rientrano la cerchia di intellettuali a cui i due amici appartenevano, a partire da Eugenio Montale, a Giovanni Colacicchi, all’amata Paola Olivetti, ad Aldo Garosci, a Edoardo Persico, a Bobi Bazlen, a Leone Ginzburg, a Italo Calvino.

Qui è testimoniato un percorso che parte da prima dell’incontro tra Levi con Felice Casorati.

Ecco allora ritratti (con la nuova iconografia delle figure dormienti e i ritratti tra sospensione nel sogno e fisicità della realtà, una vera evoluzione con la convergenza di questi estremi) e autoritratti, lavori del periodo parigino con un occhio particolare volto al Postimpressionismo francese, nature morte, nudi.

Ritratto di Paola

Tante sono le esperienze che s’incontrano nella Mostra: da quella condivisa da Levi e Paulucci di “pittori scenografi” in puro stile razionalista per il film Patatrac, alla clandestinità di Levi, per finire con la reclusione di quest’ultimo in piazza Pitti, nella casa di Anna Maria Ichino, dove scriverà Cristo si è fermato a Eboli.

 

Qui il pittore avrà modo di incontrare tutta l’intellighenzia letteraria, artistica e politica dell’Italia antifascista e lo stesso Ragghianti.

Se abbandonando Lucca ci si sposta più a nord si può vedere che a centovent’anni dalla nascita di Levi (compleanno che ha un valore simbolico nella tradizione ebraica ovvero l’età raggiunta da Mosè nella Bibbia) alla GAM di Torino, nella Wunderkammer, è allestita una vera e propria “camera delle meraviglie” nella mostra curata da Elena Loewenthal e da Luca Beatrice con quadri del pittore che propongono luoghi e volti fondamentali nella sua vita.

Sono opere che, per citare la Lowenthal, «hanno un legame stretto con i luoghi che ha visitato e fatto propri, con la geografia umana che ha incontrato strada facendo».

C’è l’universo sconosciuto del confino lucano, la Sicilia delle lotte sociali, la Sardegna dal tempo sospeso. Poi c’è Alassio, con la casa di famiglia, c’è Parigi, c’è Roma, c’è la Torino della sua formazione di cui, come l’amico e ispiratore Piero Gobetti, sente la profonda suggestione.

Non legato al Futurismo né al gruppo di Novecento, Levi trova i suoi modelli di riferimento Oltralpe, soprattutto a Parigi con lo stesso “sguardo” rivolto alla generazione precedente di Cézanne e del Postimpressionismo dai Sei di Torino (che come gruppo operano dal 1928 al 1931) di cui fa parte come più giovane.

I quadri in mostra sono di grande bellezza estetica e sono la sintesi della pittura di Levi che è, per dirla con Luca Beatrice, «anti-trionfalistica, anti-simbolica, profondamente umana».

Interessante inoltre la presentazione delle foto dell’amico Mario Carbone, fotografo con il sogno del cinema, che sa porre la propria attenzione sia sui pittori emergenti e sia avvicinarsi a un mondo antico con assoluta modernità di linguaggio.

Insieme il fotografo e il pittore fecero un viaggio al Sud e Carbone nei suoi scatti ritrasse Levi sia per le fattezze, ma soprattutto per l’abbigliamento che sa attrarre lo sguardo degli altri individui presenti nell’inquadratura in una sorta di «confidente compresenza».

Nelle due mostre di Lucca e Torino emerge un Levi intellettuale eclettico e poliedrico e, sempre per citare la Lowenthal, «fedele a un linguaggio, pittorico o verbale, limpido e diretto», unito dall’amore per la “settima arte” ai suoi amici Ragghianti e Carbone.

 

In apertura, “Paola dormiente”. Foto di Mariapia Frigerio

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