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Rivista internazionale di Letteratura – International Journal of Literature
Diretta da Daniela Marcheschi

Un grande autore e una grande attrice insieme per un teatro civile

Cosa Nostra spiegata ai bambini, di Stefano Massini con Ottavia Piccolo, è la storia di una donna, di una città, di un anno e di un mese dove la “b” rossa di bambini ha una chiara ed evidente simbologia: quella di un mondo violento in cui spargere sangue fa parte della quotidianità

Mariapia Frigerio

Un grande autore e una grande attrice insieme per un teatro civile

Chi è Elda Pucci a cui dà voce Ottavia Piccolo?

È una dottoressa, ma sarebbe più corretto dire la Dottoressa che, per la prima volta nella storia di Palermo, precisamente il 19 aprile del 1983, viene eletta sindaco.

«Sindaco per 359 giorni, neppure per un anno», come, con austera pacatezza, ribadisce Ottavia Piccolo, perché il 13 di aprile del 1984, Elda Pucci viene sfiduciata.

E solo dopo un anno – il 20 aprile 1985 – la sua casa di Piana degli Albanesi viene fatta saltare in aria da due cariche di esplosivo.

Così aprile, il mese della poesia, il mese reso indimenticabile dai versi di Pascoli, di Montale, di Penna, della Pozzi e da quello struggente di Pasolini «sono qui, solo, con te, in un futuro aprile…», diviene il mese dell’inciviltà e della violenza, in questa storia etica che si fa racconto, quella a cui assiste attonito il pubblico del Teatro del Giglio: la storia di una donna, di una città, di un anno e di un mese.

All’inizio sono i sei componenti dei Solisti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo ad apparire sul palco oltre un velo su cui viene proiettata la scritta Cosa nostra spiegata ai bambini, dove la “b” rossa di bambini ha una chiara ed evidente simbologia: quella di un mondo violento in cui spargere sangue fa parte della quotidianità.

Sei musicisti che assumono anche il compito di “servi di scena”, nell’accezione più nobile del termine, spostando sedie per ricreare luoghi e situazioni, facendo da muti interlocutori alla protagonista-narratrice, quasi testimoni di un mondo di efferatezze.

Le parole di Stefano Massini vengono offerte al pubblico da un’impareggiabile Ottavia Piccolo a cui gli anni sembrano scorrere addosso e che, con estrema naturalezza, sa passare dalle tragedie classiche a quelle attuali: dalla Cordelia shakespeariana (indimenticabile nell’allestimento del Re Lear di Giorgio Strehler) a Elda Pucci.

È il timbro della sua voce (oltre alle musiche di Enrico Fink) così attento, chiaro e ben modulato che rende partecipi e giudici gli spettatori in questa rappresentazione che è un esempio di teatro civile e necessario.

Alle sue parole si susseguono, proiettati sul velo, i nomi di bambini.

I bambini che Elda Pucci, pediatra, ha curato, quei «picciriddi» che vivono in una città dove l’eroina ha messo in moto i miliardi.

Sono Gegè, Ruggero, Nuzzo, Tanino, Ancilina, Sasà, Melinna, Totò, Ninetta…

E c’è Palermo con la sua Vuccirìa, dove regnano «prostituzione, bruttezza, schifo, inganno» e dove «i bambini nascono già grandi».

Bambini come Tanino, che ha preso il tifo in culla, Ancilina nata con la droga, Sasà che a due anni si è ritrovato con la scabbia, Melinna denutrita…

Un mondo di miseria materiale e morale sullo sfondo di stragi e omicidi come l’uccisione del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, quella di Pippo Fava e di Piersanti Mattarella, per fermarci a pochi esempi.

E lei, la Dottoressa, che mette il dito su un sistema di interessi in cui Cosa Nostra si intreccia con la politica stessa, in cui, durante il suo mandato, Palermo si costituisce parte civile in un processo di mafia.

Fin troppo ovvio che venisse sfiduciata nella stanza della giunta, quella stanza con il grande «lampadario», con scranni lignei e tende rosse.

Ecco come oggetti che, seppur solo nominati, possono divenire, nella mente del pubblico, una forza negativa.

La stessa forza negativa di quelle «cravatte» che, quando era stata eletta si erano guardate, la stessa di quegli uomini con «brillantina».

Lampadario, cravatte, brillantina: termini che ricorrono più volte durante lo spettacolo con un alone di mistero mescolato a ingiustizia, fino a esplicitarne i nomi: Vito Ciancimino, gli Inzerillo, i Badalamenti, i Buscetta, Totò Riina.

Se questa Cosa Nostra viene spiegata come si farebbe con dei bambini, con un uso estremamente chiaro di parole, il nostro pensiero non può non andare alla poetessa e neuropsichiatra infantile che i bambini ha fatto parlare nelle sue poesie di denuncia: Margherita Rimi.

E alla grande fotografa Letizia Battaglia che di tanti omicidi è stata testimone oculare.

Grazie a queste due donne, due siciliane, che non sono né avrebbero voluto essere “donne angelo”, si può ripensare alla Sicilia come a una terra di cultura, di grande civiltà e soprattutto di gente coraggiosa.

In apertura e all’interno, foto di Raffaella Rivi

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