Il Buen Vivir
Ciò che occorre per una presa d’atto realistica: preservare la sovranità alimentare. Il modello occidentale non è né efficiente né risolutivo in tutti i contesti sociali. La piena realizzazione dei modelli che hanno come obiettivo la mera crescita economica potrebbero, dove non è già avvenuto, portare all’irreversibile distruzione di molti assetti caratterizzati dal rapporto uomo-natura. L'esperienza di TreeDream nel racconto reso visto e ascoltato nel corso della quinta edizione di Olio Officina Festival
Nell’ultimo quarto di secolo nel mondo occidentale si è assistito all’espandersi di un capitalismo finanziario caratterizzato da crisi sistemiche, crisi finanziarie e scoppio di bolle immobiliari. La posizione degli Stati occidentali nel contesto internazionale ha diffuso gli effetti di queste crisi anche in Paesi con modelli istituzionali distanti dal modello liberale-occidentale. Da tale esperienza nasce, in modo urgente, l’esigenza di trovare altri percorsi praticabili per l’umanità nel suo complesso; l’idea di Buen vivir si pone in contrasto con i modelli tradizionali di crescita e sviluppo, per tale motivo non dobbiamo considerarla semplicemente come una declinazione latinoamericana di concetti come quello di sviluppo sostenibile o di green economy, il Buen vivir è una presa d’atto realistica che il modello occidentale non è né efficiente né risolutivo in tutti i contesti sociali, poiché la piena realizzazione dei modelli che hanno come obiettivo la mera crescita economica potrebbero, dove non è già avvenuto, portare all’irreversibile distruzione di molti assetti caratterizzati dal rapporto uomo-natura.
A differenza di altre correnti che si pongono come idee guida, il Buen vivir ha assunto rilievo costituzionale, pertanto si trasforma in un principio posto a fondamento delle istituzioni statali (1).
Partendo da studi completamente distanti dall’esperienza di TreeDream (infatti il mio studio è posteriore all’esperienza di TreeDream) ho trovato dei punti di contatto certamente ravvisabili, e ho chiesto di parlarne oggi qui, ad Olio Officina Festival 2016, per mettere in luce questo particolare aspetto.
Gli Stati in cui questo principio ha avuto più risalto per le riforme costituzionali occorse nei primi anni del duemila, sono Venezuela, Bolivia ed Ecuador. Si tratta di un fenomeno che non nasce da rivoluzioni che si sono poi consolidate in modelli istituzionali (come Cuba e Messico) ma da profonde riforme della democrazia.
Questo principio non deve essere trasformato in uno strumento politico (cioè non deve diventare strumento di consenso interno e di rafforzamento della posizione di taluni stati nel contesto internazionale) perché si tratta di una rivoluzione del fondamento stesso istituzionale giuridico. Lo studioso di diritto si trova davanti a un formante culturale in espansione: gli aspetti legati al riconoscimento dei diritti della natura, ci si chiede quale sia il fondamento che giustifica la nascita di un nuovo soggetto giuridico e che diritti possano rivendicare soggetti non umani (2). La natura deve essere tutelata in quanto natura, a differenza di quanto teorizzato dall’evoluzione del concetto di Nomos (3) della terra, che nell’interpretazione data da Schmitt ha definito gli standard costituzionali comuni degli stati moderni imperniato attorno al primato dei rapporti privati della proprietà e quindi non aderenti al modello sociale andino; la «terra» che Schmitt considera la base del Nomos è il fondo o il campo già lavorato, risultato dell’incontro tra la fecondità della natura e l’opera dell’uomo. In questo senso essa è il presupposto di ogni economia e di ogni diritto ulteriore. È già criterio di misura del diritto e della giustizia nelle funzioni principali dell’appropriazione, della divisione e della produzione (4).
La corrente dottrinale alimentata dal Buen Vivir è in contrasto con l’approccio classico al diritto ambientale secondo cui la natura è protetta solo quando la sua distruzione minaccia la sopravvivenza umana.
Successivamente alla Dichiarazione di Stoccolma, l’inquadramento e la definizione della nozione di ambiente – pregiudiziale a quella di danno all’ambiente – è divenuta oggetto di contrastanti interpretazioni (5). In proposito, attestata l’impossibilità di pervenire ad una nozione esaustiva ed al contempo giuridicamente rilevante di ambiente, la dottrina classica, nella sua opzione interpretativa, ha elaborato una visione tripartita, sostenendo che il concetto di ambiente contiene in sé una polivalenza di significati, nel senso di essere una «sintesi verbale» (6) riconducibile a «tre gruppi di istituti giuridici distinti» (7) corrispondenti ciascuno alle distinte discipline normative che regolano le bellezze paesistiche ed estetico culturali, la difesa sanitaria del suolo (inquinamento) e l’assetto del territorio.
Altra parte della dottrina è pervenuta ad una definizione costituzionalmente orientata di ambiente grazie agli indiretti riferimenti normativi di cui agli artt. 9 Cost., in tema di paesaggio, posto a protezione degli insediamenti umani e della gestione territoriale – urbanistica e 32 Cost., che si pone a tutela della salute, intesa come diritto fondamentale dell’individuo e della qualità della vita (8).
Possiamo affermare che, al momento, in Italia non troviamo aderenza nemmeno alla dottrina classica del Diritto ambientale; i muretti a secco in stato di rovina mettono in pericolo l’uomo ma non si riscontrano interventi volti a tutelare la natura per la sicurezza che ne deriverebbe per la società intera.
Per necessità di sintesi illustrerò brevemente i caratteri salienti delle esperienze riformistiche occorse in Ecuador, Bolivia e Venezuela.
Nella costituzione dell’Ecuador vi è un articolo che esplicitamente parla di “vivere in un ambiente sano ed ecologicamente equilibrato, che garantisca la sostenibilità” (Art. 14 Costituzione Ecuador).
Quindi non dobbiamo solo considerare una contingenza collegata all’uomo in quanto occupante una porzione di territorio del pianeta, ma si pone attenzione anche alle generazioni future, alla sostenibilità ambientale: deve essere preservato il ciclo ambientale senza che l’uomo interferisca eccessivamente in questo ed consenta il pieno compimento dei cicli naturali.
In Ecuador, questa rivoluzione dei fondamenti istituzionali nasce dalla presenza settoriale e frammentata di comunità indigene che hanno visto lesi i propri diritti per l’intervento di multinazionali finalizzati all’estrazione estrazione del petrolio (9).
Vi sono dei rischi connessi alla gestione dell’ambiente, secondo questo modello, nell’ordinamento occidentale; tuttavia, se questo approccio tracciato dal Buen vivir venisse preso come modello assoluto uno dei potenziali rischi sarebbe quello di produrre delle carte costituzionali che porterebbero ad un’elefantiasi legislativa.
La Costituzione dell’Ecuador arriva a 444 articoli, entra in dettagli non necessari per una Carta costituzionale e adotta spesso un linguaggio non tecnico, questo per tracciare un’apertura verso le popolazioni indigene e per sottolineare in modo ricorsivo la volontà di affermare il nuovo paradigma.
Il concetto fondamentale che andrebbe mutuato e mediato negli ordinamenti occidentali riguarda il territorio: esso deve essere preservato in quanto tale, non solo perché si trova nella situazione di mettere in pericolo l’uomo, inteso come uomo del presente. Questa presa di coscienza costituisce la differenza sostanziale tra il mero riconoscimento del diritto all’ambiente e affermazione dei diritti della natura, diritti che, in ultima istanza, interessano le generazioni future e, quindi, l’uomo nell’accezione più ampia del termine.
Nel caso di TreeDream ci troviamo a lottare in una situazione di somma urgenza provocata proprio dal misconoscimento di questo principio.
Il termine usato dalle Costituzioni latinoamericane è “naturaleza”: la natura come soggetto di diritti riconosciuti dalla costituzione. Nella costituzione dell’Ecuador, un apposito capitolo si occupa della natura come soggetto di diritti: l’art. 10, c. 2, afferma che la naturaleza è soggetto di diritti che le riconosce la Costituzione. Lo statuto giuridico è disciplinato al Capitolo VII: Diritti della natura (artt. 71-74 Cost).
In Bolivia questo aspetto è stato invece disciplinato dal legislatore ordinario, con una conseguente forza minore. In Venezuela invece si affermano i profili costitutivi della sovranità alimentare e, per inciso, si delineano i caratteri del Buen vivir, come ad esempio nell’articolo 305 Cost.: “Lo Stato promuove l’agricoltura sostenibile come base strategica dello sviluppo rurale integrale al fine di garantire la sicurezza alimentare della popolazione; intesa come la disponibilità̀ sufficiente e stabile di alimenti nell’ambito nazionale e l’accesso adeguato e permanente a questi da parte del pubblico consumatore. La sicurezza alimentare deve essere raggiunta sviluppando e privilegiando la produzione agricola e l’allevamento interni, venendo intesa come tale quella proveniente da attività̀ agricole, di pastorizia e di pesca.”
Il Buen vivir, pertanto, si connette alla necessità di preservare la sovranità alimentare.
Conferire carattere costituzionale al diritto di accesso alle risorse necessarie a produrre il proprio cibo e al diritto di governare e conservare le proprie colture significa restituire, in ultima analisi, sovranità nazionale alle politiche legate al governo del cibo.
«Chi esercita il governo e il controllo sul cibo, governa il popolo; chi esercita il controllo sul petrolio e sulle risorse energetiche, controlla le nazioni», Henry Kissinger, segretario di Stato americano negli anni ’70, prospettava con questa visione, quasi profetica, gli scenari globali del prossimo futuro.
Sovranità alimentare significa innanzitutto preservare la differenza, tornando alle origini (10).
Nel caso di TreeDream è proprio la comunicazione efficace di una specifica differenza che giustifica economicamente il mantenimento dei terrazzamenti d’alta quota cui è affidata la salute idrogeologica del territorio.
In campo internazionale dobbiamo agire per ottenere la differenziazione del concetto di cibo in relazione ai generici beni di consumo e ridurre gli squilibri economici derivanti dalle politiche agricole dei Paesi sviluppati (11).
Ne derivano implicazioni negative dell’agricoltura intensiva (accesso alle risorse e problematiche ambientali) che potrebbe essere squilibrata rispetto ai cicli naturali necessari alla natura per rigenerarsi.
Il cibo non può essere trattato come un qualunque bene di consumo. L’attuale sistema di produzione del cibo a livello globale nasce all’indomani della seconda guerra mondiale ed è, al momento, sotto il controllo delle multinazionali del settore alimentare e del WTO, questo sistema ha prodotto iniquità su scala mondiale (12).
Concludendo, l’originalità delle Costituzioni ispirate al “Buen Vivir” va vista non come un modello da riprodurre, ma come uno spunto per riconsiderare i valori su cui si basano le scelte politiche alla base della gestione del territorio.
La costituzionalizzazione della sovranità alimentare negli ordinamenti esaminati richiama in modo esaustivo i concetti chiave delineati dalle organizzazioni internazionali; tuttavia, le forze politiche e sociali che ricoprono posizioni di rilievo all’interno di tali ordinamenti hanno diversamente interpretato il dettato costituzionale, (pensiamo all’art. 118 comma 4 della nostra Costituzione che favorisce le iniziative finalizzate al bene comune, come quelle perseguite da TreeDream) in particolare in tema di libero accesso alle risorse in modo equo e sostenibile.
NOTE
(1) Il buen vivir come risposta ai problemi di fondo dell’umanità- Alfredo Mela (2014)
(2) I diritti della natura: i risvolti giuridici dell’ética ambiental exigente in America Latina-Serena Baldin (2014)
(3) C. Schmitt, Terra e mare, (tit. orig.: Land und Meer, 1981, 1ª ed. Lipsia 1942, 2ª ed. Stoccarda 1954), Giuffre’, Milano 1986, pag. 81.
(4) Il nomos indica sempre il luogo della recinzione, il recinto al cui interno vige l’ordine e la regola per cui diviene il luogo di dimora. C. SCHMITT, Il nomos della terra, cit., p. 65.
(5) Caringella F., Manuale di diritto civile, Giuffrè, 2008
(6) M.S Giannini, Diritto pubblico dell’economia, Bologna, 1977, 95.
(7) M.S. Giannini, Ambiente: saggio sui diversi suoi aspetti giuridici, in Riv. trim. dir. pubbl., 1973, 1, 15 e ss.
(8) Cassazione Penale, Sez. III, sentenza n. 421 del 20 gennaio 1983: «In tema di tutela dell’ambiente la Costituzione nell’art. 9 collega aspetti naturalistici (paesaggio) e culturali (promozione dello sviluppo della cultura e tutela del patrimonio storico – artistico) in una visione non statica ma dinamica, non meramente estetica od estrinseca, ma di protezione integrata e complessiva dei valori naturali insieme con quelli consolidati dalle testimonianze di civiltà; allo stesso modo con l’art. 32 eleva la salute a diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della collettività; mentre sotto altri profili assicura al diritto all’ambiente, in quanto espressione della personalità individuale e sociale, una adeguata protezione: ambiente come sede della partecipazione (art. 2, 3, 5); oggetto di difesa per tutti (art. 24); sostrato necessario per l’apprendimento, l’insegnamento, l’arte, la scienza (art. 33, 34); limite alla proprietà e all’iniziativa economica (art. 35, 41, 42, 43, 44); oggetto del coagularsi di forze politiche (art. 49)».
(9) Inter-American Court Of Human Rights , Case Of The Kichwa Indigenous People Of Sarayaku V. Ecuador, Judgment Of June 27, 2012
(10) Cordini G., The rights of the future generations in constitutional comparison; Giappichelli, 2013
(11) Gardner B., European Agriculture: Policies, Production, and Trade; Routledge, 1996
(12) Rinella A., Food Sovereignty: processi di democratizzazione dei sistemi alimentari in America Latina; Filo diritto editore, 2014
La foto di apertura riprende un’opera di Alessandra Angelini, dal titolo “Olioro”, esposta nell’ambito della mostra collettiva “Pane e olio del futuro”, a cura del movimento culturale “Arte da Mangiare”
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