Tutto quel che serve sapere intorno alla biodiversità olivicola piemontese
È stato effettuato un importante censimento che ha portato a un approfondito studio degli olivi secolari, rendendo così possibile prendere in esame gli olivi storici in modo da poter eseguire una loro valutazione morfologica e genetica, e descrivere di conseguenza le caratteristiche chimiche e organolettiche della produzione dei singoli olivi con l’obiettivo di individuare la presenza di ecotipi locali
Il Piemonte si conferma grande sostenitore della conservazione del patrimonio genetico e, nel corso degli anni 2022-2023, ha finanziato il progetto “Biodiversità Olivicola Piemontese nell’ambito dell’Operazione 10.2.1 del PSR 2014-2022”. Grazie a questo progetto i partner Fondazione per la ricerca, l’innovazione e lo sviluppo dell’agricoltura piemontese – Agrion, il Consorzio di tutela dell’Olio Extravergine di Oliva “Piemonte”, l’Università degli Studi di Torino – Dipartimento di Scienza Agrarie, Forestali e Alimentari (DISAFA) e l’I.I.S. “G. Bonfantini”, hanno potuto realizzare un censimento e uno studio approfondito degli olivi secolari del territorio. Questo lavoro ha l’obiettivo di identificare gli olivi storici, ultracentenari, presenti nel territorio piemontese; eseguire una valutazione morfologica e genetica e descrivere le caratteristiche chimiche e organolettiche della produzione dei singoli olivi nella speranza di individuare la presenza di ecotipi locali.
Con questo progetto si è inteso quindi fare il primo passo verso la selezione di genotipi d’elite per una futura diffusione nei nuovi impianti per la produzione di oli particolari per tipicità e qualità – tenuto conto delle potenzialità offerte dalle normative per il riconoscimento della Dop o Igp degli oli (che, come si sa, prevede la presenza di elementi di peculiarità nel relativo disciplinare di produzione) – e di fornire agli olivicoltori gli strumenti per un facile riconoscimento delle cultivar locali e delle loro potenzialità produttive.
Per individuare le piante storiche presenti sul territorio è stata fatta una raccolta di segnalazioni tramite social, consorziati e stakeholder del settore olivicolo. Le indagini sono partite dalle piante presenti nel database messo a disposizione dal Consorzio di tutela, successivamente si è allargata alle segnalazioni giunte da professionisti, giardinieri o semplici appassionati che hanno fornito indicazioni utili al reperimento delle piante. Per ogni segnalazione si è provveduto ad eseguire un sopralluogo nel corso del quale sono state ricercate informazioni sull’origine della pianta e eventuali dati storici.
A seguito dell’individuazione è stata effettuata una selezione iniziale in base ai dati storici reperiti, alla disponibilità della proprietà per le ricerche e infine allo stato fitosanitario delle piante. È stata redatta una scheda con i caratteri morfologici per le piante ritenute interessanti e sono state rilevate le presenze di patogeni. In totale sono stati studiati 34 esemplari situati nelle province di Torino, Novara, Cuneo, Asti, Alessandria e Verbania Cusio Ossola.
A seguito dell’identificazione e di una prima selezione degli esemplari individuati si è proceduto ad effettuare le analisi genetiche. I risultati ottenuti dall’analisi del DNA hanno permesso di descrivere una porzione di biodiversità olivicola della regione Piemonte. Nonostante la presenza sul territorio di varietà diffuse a livello nazionale, come Frantoio, Leccino e Ascolana, è stata riscontrata la presenza di genotipi tipici del Piemonte, testimonianza della storia e della vita delle popolazioni dell’area, mettendo in evidenza un’elevata variabilità genetica.
Dal confronto tra i profili molecolari delle piante storiche con profili molecolari analizzati da piante di riferimento e quelli delle principali cultivar italiane presenti in database pubblici o in bibliografia, si è riscontrata la presenza di nove genotipi differenti. Di questi, sono stati identificati tre genotipi corrispondenti alle cultivar Frantoio, Leccino e Ascolana, mentre, per quattro genotipi non è stata riscontrata alcuna corrispondenza, facendo supporre la presenza di genotipi diffusi localmente. Infine, due accessioni sono risultate essere individui unici, per i quali non è stato possibile trovare un altro esemplare con lo stesso profilo genetico; in questo caso sarebbe necessario ampliare le indagini sul territorio per verificare se alcuni di essi siano effettivamente cultivar un tempo diffuse sul territorio e non individui singoli.
I risultati, molto interessanti e promettenti, sono tuttavia una prima indagine che, data l’elevata variabilità genetica di questa specie, per descrivere in modo più dettagliato e valutare in modo più completo la biodiversità olivicola presente sul territorio piemontese, richiede un’estensione delle analisi a un maggior numero di esemplari e approfondire le analisi incrementando il numero di marcatori molecolari per avere una stima più accurata della variabilità genetica
L’ultimo dato necessario per caratterizzare e ipotizzare una moltiplicazione a scopi produttivi delle varietà locali è stata la determinazione della composizione chimica, fisica e le caratteristiche organolettiche degli oli ottenuti dalle olive delle piante selezionate per definirne la genuinità, la qualità e le caratteristiche intrinseche.
In una prima fase sono stati valutati i principali parametri quali acidità, numero di perossidi, analisi spettrofotometrica, indice di p-anisidina e analisi organolettica eseguita da personale addestrato e bilanciato nel genere.
In una seconda fase, per definirne la tipicità è stato determinato il contenuto e la composizione della frazione fenolica, sterolica e degli acidi grassi steroli. Tutti i risultati andranno a contribuire alla costruzione di un database contenente tutte le caratteristiche chimiche, fisiche e sensoriali degli oli.
Non è stato possibile estrarre l’olio da tutti gli esemplari individuati in quanto alcune piante non avevano produzione, alcune sono state colpite da grandine il mese prima della raccolta e su due la presenza di mosca olearia ne aveva danneggiato irrimediabilmente i frutti.
Tuttavia, i dati chimici sono stati molto interessanti in quanto, ad eccezione di un campione, le analisi hanno presentato un’acidità <0,28% classificandoli secondo la normativa vigente (Reg. 2022/2105) come olio extravergine
Per quanto riguarda l’indice di perossidi anche in questo caso solo un campione ha superato il limite di 20 meq O2/kg, mentre tutti gli altri hanno presentato valori molto al di sotto della soglia. Per definire la genuinità e la purezza degli oli è stata determinata la composizione in acidi grassi totali. La composizione in acidi grassi, infatti può essere molto diversa in relazione alla genetica delle piante, alle condizioni pedoclimatiche e all’origine geografica, permettendo quindi di delineare un profilo univoco. I principali acidi grassi determinati sono stati il C16:0, C16:1c9, C16:1t9, C17:0, C17:1, C18:0, C18:1t9, C18:1c9, C18:1c11, C18:2 n-6, C20:0, C20:1, C18:3, C22:0, C22:1, C20:3 n-3, C24:0. Il principale acido grasso è risultato essere l’acido oleico (C18:1c9), seguito dall’acido palmitico (C16:0), acido linoleico (C18:2 n-6), acido cis-vaccenico (C18:1c11) e palmitoleico (C16:1), mentre la somma di tutti gli acidi grassi trans era <0,02%. Tuttavia, è importante evidenziare che un campione presentava il più alto contenuto di acido palmitico, linoleico e a-linolenico (C18:3 n-3) mentre la più bassa concentrazione di acido stearico (C18:0) e oleico.
La maggior concentrazione di acido oleico invece è stata osservata in due campioni, i quali viceversa hanno mostrato il tenore più basso di acido linoleico. È evidente, quindi, la correlazione esistente tra l’accumulo di acido oleico e stearico vs palmitico e linoleico. Questa relazione potrebbe rivelarsi utile nella selezione della varietà per ottenere oli ad alto contenuto di acido oleico in grado di apportare gli effetti benefici sulla salute umana legati al suo consumo.
L’analisi della composizione fenolica attraverso l’utilizzo di analisi untargeted ha portato all’individuazione di un numero >180 metaboliti diversi; attraverso l’analisi delle componenti principali (PCA) sono stati quindi individuati quelli che spiegavano meglio la varianza in relazione anche alla diversa localizzazione delle piante. Il contenuto totale delle sostanze fenoliche variava da 57 mg/kg a 356 mg/kg.
Dalle analisi organolettiche eseguite solo un campione è stato classificato come olio vergine per la presenza del difetto riscaldo (intensità pari a 1,0) e rancido (intensità pari a 1,5). Tutti gli altri campioni esaminati non presentavano difetti; in tutti è stato determinato l’attributo positivo di fruttato verde (2-4,5); amaro (1,6-4,5) e piccante (1,5-4,0) con note erbacee e di mandorla amara ed un gusto equilibrato.
I risultati ottenuti da queste prime analisi permettono di affermare che le piante considerate hanno mostrato una grande capacità di adattamento alle condizioni climatiche e pedoclimatiche e potrebbero essere utilizzate per lo sviluppo di una filiera oleicola tipica e caratteristica. L’utilizzo di varietà genetiche selezionate, probabilmente adattate al clima piemontese che meglio si sono adattate al territorio e che hanno portato alla produzione di oli con attributi sensoriali caratteristici (in particolare tre campioni). Per la produzione di impianti olivicoli rappresenterebbe una strategia vincente per lo sviluppo di una filiera piemontese.
Tuttavia, si rende necessario uno studio pluriennale per definire meglio l’adattamento delle piante alle condizioni climatiche e per operare una selezione attenta e oculata delle varietà più promettenti; infatti, le variabili stagionali (presenza di mosca olearia; siccità; elevata umidità; etc.) influenzano significativamente le caratteristiche qualitative dell’olio prodotto, per cui una valutazione su annate differenti potrebbe essere di supporto per ottenere dati robusti e riproducibili.
Questo primo studio rappresenta un incoraggiante stimolo a proseguire le attività di ricerca e contemporaneamente impostare, attraverso i possessori di tali esemplari, azioni di tutela e azioni di propagazione di questa ricchezza di biodiversità garantendo maggiori possibilità di conservazione. Con ulteriori analisi dei genotipi d’elite individuati a seguito delle analisi genetiche e delle analisi morfologiche e organolettiche delle piante storiche risultate interessanti dal punto di vista della produttività e con un profilo genetico che ne individui la tipicità locale sarà interessante la creazione di uno o più campi collezione così da garantire una valutazione extra situ delle accezioni in modo da custodire questa riserva di germoplasma a rischio di estinzione, nonché di materiali che rappresentano una importante fonte di ‘geni’ a cui attingere in futuri programmi.
In apertura (Olivi a Pinerolo, in provincia di Torino), e all’interno, foto sono di Antonino De Maria
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