Codice Oleario

Xylella, i sintomi sull’olivo

Expertise. Complesso del disseccamento rapido. Finora ci era stato detto che la causa principale era la Xylella, la quale causa l’occlusione dei vasi xilematici ostruendo la via di rifornimento idrico alla pianta. Questo è stato finora detto. Ora si delinea una situazione differente. Bisogna distinguere singolarmente, e separarle, le sintomatologie dei diversi patogeni

Giuseppe Vergari

Xylella, i sintomi sull’olivo

Quanto la civiltà dell’olivo abbia contribuito a formare l’identità culturale, economica e territoriale, ossia l’immagine paesaggistica ambientale di molte regioni d’Italia, e del meridione in particolare, è ben nota a tutti. L’olivo fu dichiarato da Columella – un agronomo romano del I secolo a. C. – “primo in assoluto tra gli alberi da frutto ad essere addomesticato”. Lo stesso autore ne sottolineò il valore agronomico per il paesaggio e la facilità di coltivazione rispetto alla vite.

Lo stesso Columella nel descrivere le virtù e la semplicità delle cure agronomiche, sostenne che “chi ara l’olivo ne chiede i frutti, chi lo pota lo prega di darli, chi lo concima lo costringe a darli”. Ebbene, questa è una massima che nei secoli i nostri agricoltori inconsapevolmente hanno fatto propria e utilizzato per la coltivazione dell’olivo.

L’olivo è di per sé una pianta molto generosa, vista anche l’enorme variabilità genetica che ha permesso il suo insediamento in diverse aree geografiche del mondo, favorendone l’adattabilità e la coltivazione.

La variabilità genetica e la sua longevità (Giuseppe Fontanazza riferisce di un albero di cinque mila anni a Creta, ma con alcuni anni in meno abbiamo alberi di olivo millenari anche nel Salento) hanno permesso che questa fantastica pianta arrivasse fino a noi.

Solo l’uomo, attraverso i secoli, è riuscito a compromettere la vitalità e la longevità dell’olivo.
Nei secoli, l’olivo ha attraversato molti periodi di floridità economica accompagnati da decadimenti in cui gli olivicoltori abbandonavano gli oliveti per dedicarsi a nuove colture come la vite.

Se il 600 e il ’700 sono stati anni particolarmente floridi per l’olio di oliva, questo prodotto cominciò un decadimento dalla fine dell’800 sino all’inizio della prima guerra mondiale, quando la crisi dell’olivicoltura e l’insediamento della viticoltura, accompagnata da un forte rialzo dei prezzi della legna, favorì l’abbattimento delle piante di olivo come legna da ardere e per la produzione di carbonella. Fu solo grazie a un decreto del Prefetto di Lecce che si bloccò l’abbattimento delle piante di olivo secolari.

Si è evidenziata la crisi della olivicoltura salentina, ma prima dell’ultima che si è verificata in questi ultimi anni, non occorre comunque dimenticare l’ultima emergenza che ha colpito l’olivicoltura, quella della lebbra, che, a mio parere, è stata solo coperta dall’attuale crisi del disseccamento rapido.

Negli ultimi 10-15 anni l’olivicoltura salentina sta invece attraversando un periodo molto particolare, e questo si è andato delineando a partire dal fatto che percorrendo molte strade del Salento salta subito all’occhio lo stato di abbandono degli oliveti.

Resta perciò da chiedersi come mai questo abbandono. Perché, in particolare, una pianta mitica longeva e resistente come l’olivo sia stata abbandona a se stessa. Sono molti i fattori che hanno determinato lo stato di abbandono attuale: dal calo dei prezzi dell’olio agli interventi comunitari che premiano non più la produzione ma le aziende, e quindi è diventato non più conveniente coltivare l’olivo.

Tra le ultime calamità che hanno colpito l’olivo, negli ultimi due anni si è registrato il cosiddetto CoDiRo, acronimo di Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo; e proprio di questo, in particolare, si è parlato in occasione dell’incontro tecnico scientifico che si è tenuto a Galatina lo scorso 3 ottobre, organizzato da me, in collaborazione con la Casa dell’Olivo e con Olio Officina magazine quale media partner.

Questa nuova malattia, così definita, indica che il disseccamento è causato non da un solo fattore, ma da più fattori. Si è cercato così di analizzare separatamente i fattori che determinano questa malattia nell’olivo, vagliando ed analizzando i singoli fattori che caratterizzano appunto i sintomi stessi presenti sull’olivo.

Finora ci era stato detto che la causa principale era la presenza della Xylella fastidiosa, la quale come sappiamo causa l’occlusione dei vasi xilematici, ostruendo la via di rifornimento idrico alla pianta. Questo è stato finora quello che tutti noi sappiamo. Dopo questo incontro a Galatina, si sta cominciando a delineare una situazione differente: bisogna cioè cominciare a distinguere singolarmente e a separare le sintomatologie dei diversi patogeni presenti nella pianta.

Vediamoli singolarmente.

Zeuzera pyrina è un parassita delle piante presente da sempre nei nostri ambienti. Chi tra noi non ricorda fino, all’incirca, agli anni ’70, la presenza delle cosiddette squadre di vermari?Cosa erano? Erano gli uomini che provvisti di attrezzi auto costruiti andavano sulle piante di olivo alla ricerca delle gallerie dove si trovava il verme che erodeva il legno e, a volte, portava alla morte della branca. Ma un altro fenomeno che si poteva verificare era l’insediamento dei funghi nelle gallerie che causavano gravi problemi alle branche.
Quindi, in definitiva, la Zeuzera non ha mai provocato forti danni se non negli ultimi anni, quando l’introduzione di nuove varietà a legno più tenero (vedi Leccino, Frantoio, ecc.) hanno favorito lo sviluppo di tale parassita, ma mai in maniera tale da causare gli attuali danni.

– Per quanto riguarda i funghi, sono stati isolati diversi di questi patogeni tracheomicotici del genere Phaeoacremonium (gli stessi coinvolti nell’eziologia nel complesso del “Mal dell’esca” della vite) la cui specie più rappresentata è P. parasiticum. Questi causano imbrunimenti estesi del legno a causa dell’occlusione dei vasi, e in alcuni casi sono stati associati alla presenza di gallerie del Rodilegno giallo (Zeuzera pyrina) il cui ruolo nella insorgenza delle infezioni fungine non è stato ancora accertato.

– Per quanti riguarda la Xylella, tutti noi sappiamo cosa è e come si comporta. Le notizie che ci arrivano dagli Stati Uniti ci dicono che questo parassita, ormai noto in America da circa 150 anni, provoca diverse sintomatologie nelle diverse piante attaccate: nella vite provoca la malattia di Pearce, con la cosiddetta bruciatura delle foglie e può portare alla morte della piante in circa 4-5 anni; nel mandorlo provoca la cosiddetta ustione delle foglie; negli agrumi una clororsi; nell’olivo la bruscatura delle foglie, ma in tutti i casi mai la morte repentina della pianta. E’ chiaro che questo batterio è stato definito il più pericoloso parassita esistente e che non esistono metodi di lotta, come pure non esistono fitofarmaci che lo possono combattere.

Quello che si è appreso nell’incontro di Galatina, è che fino ad oggi non ci sono studi che ci dicano se, realmente, cosa, e quale sintomatologia provochi nell’olivo. Sappiamo sicuramente che è presente ma non sappiamo nient’altro. Questo è un dato di fatto, la cosa però importante è che sia stata trovata la presenza del batterio e che questo ci mette nelle condizioni di dover fare fronte a determinati obblighi verso l’Unione europea.
La presenza del patogeno, tra l’altro individuato ormai in maniera tardiva, si è esteso su vaste aree e si è stimata un’area che supera i 20 mila ettari, e, ovviamente, questo non potrà più essere isolato attraverso l’espianto.

A questo punto cosa dobbiamo fare? Possiamo mettere in atto due possibili azioni

Prima azione. Capire se il disseccamento, da chi e come è provocato. Infatti, se provocato dai funghi, le azioni di lotta sono completamente differenti, si possono indirizzare interventi mirati al contenimento del fungo se non alla sua eliminazione. Quali questi metodi di lotta, sicuramente le operazioni di tipo agronomico possono limitare il diffondersi della malattia. E’ il caso per esempio di alcuni tipi di interventi di potatura più o meno drastici, effettuati nei periodi opportuni, con distruzione e bruciatura dei residui della potatura; come pure interventi di potatura verde, in modo da limitare la diffusione della malattia; tutto questo sicuramente accompagnato da una serie di operazioni colturali tali che permettano alla pianta di essere nelle migliori condizioni vegetative.

Seconda azione. Se il disseccamento è causato dal batterio (cosa molto improbabile) insieme a tutte le operazioni precedenti bisogna anche prevedere una lotta al vettore che non è necessariamente di tipo chimico.
Ovviamente, tutte le azioni servono al contenimento dell’estendersi della malattia e, in contemporanea, ad avviare delle azioni di ricerca che mirino alla individuazione di metodologie di lotta adeguate, di piante resistenti e di pratiche agronomiche adeguate.

Si capisce che, ovviamente, la situazione è molto complessa, e che solo la capacità di interazione tra diverse competenze scientifiche, oltre che l’apertura a gruppi di ricerca, possa di fatto portare se non alla soluzione del problema, quanto meno a una situazione di contenimento della malattia.

Pensiamo soprattutto che gli olivi secolari del Salento siano da considerare l’eredità dei nostri avi e che, come tale, va assolutamente conservata nelle migliori condizioni possibili, proprio al fine di poterla dare anche noi in eredità ai nostri figli.

La foto di apertura è dell’agronomo Giuseppe Vergari

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