Codice Oleario

Il grande scandalo dell’olio

Cosa è accaduto all’indomani delle polemiche scatenate dalle eclatanti bocciature di alcuni extra vergini a seguito di una valutazione sensoriale fatta effettuare dal giornale “Test”, con notizia poi rilanciata con grande evidenza dal quotidiano “la Repubblica”? Il presidente di Federolio Giuseppe Masturzo aveva a suo tempo scritto una lettera, che riportiamo integralmente, e che era stata censurata

Olio Officina

Il grande scandalo dell’olio

Ormai lo scandalo sta progressivamente rientrando e se ne parla poco, ma gli effetti negativi sul settore ci sono stati e ci saranno, per via dei notevoli danni di immagine. Anche perché, quando si insinua il dubbio, questo resta come macchia indelebile.

Io ritengo che il nostro Paese abbia acquisito una grande e impressionante capacità nel fare sistema, ma all’incontrario: non per costruirsi una immagine positiva, ma per demolire la propria credibilità agli occhi del mondo.

Ciò che abbiamo letto e sentito nelle ultime settimane ha dell’assurdo. Sembra per molti aspetti la messa in scena di una commedia del teatro del grottesco. Solo che, applicata agli oli da olive, il grottesco di tale funesta vicenda appare poco interessante. Può piacere o meno, ma sprovvisto com’è di un solido tessuto culturale, tutta questa messa in scena sta penosamente scivolando nel patetico.

La mia impressione è che un metodo fondamentale e prezioso come quello del panel test sia stato purtroppo utilizzato come arma impropria, non secondo lo spirito di chi lo ha fortemente voluto e realizzato. L’uso ideologico del metodo diventa un serio problema, perché mette in seria difficoltà coloro che credono nella importanza e centralità di tale metodo, intendendo perfezionarlo in modo da renderlo più credibile e meno soggetto a interpretazioni distorsive.

Intanto, in attesa che la pubblicizzatissima inchiesta giudiziaria faccia il suo corso, riporto una serie di testimonianze per tentare di fare luce su un fenomeno tipicamente italiano: gettare ombre sinistre senza prima concludere una indagine. Trarre conclusioni affrettate senza prima procedere con le opportune verifiche. Mettere tutto sulla pubblica piazza anzitempo, senza il buon senso di tutelare prodotto e consumatore.

Quel che manca, in tutto ciò, è un pubblico dibattito vero, non falsato da posizioni di comodo. Sul tema analisi sensoriale ne abbiamo ampiamente parlato al Simei, e sono emerse considerazioni importanti, che svilupperemo a breve.

Intanto, per capire come l’interesse di molti consista per lo più nel coltivare lo scandalo fine a se stesso, anzichè adoperarsi per un confronto dialettico, avendo appreso dell’esistenza di una lettera che era stata a suo tempo inviata nel maggio scorso alle due testate “Test” e “la Repubblica”, pubblico per vostra opportuna conoscenza il testo integrale di una lettera che, per quanto mi risulta, non è stata mai pubblicata, giacché censurata. Tenete conto che è proprio a partire dalla pubblicazione degli articoli su “Test” e “la Repubblica” che si è poi scatenata la grande commedia di cui tutti ormai sanno e di cui, per aunto mi riguarda, ho scritto QUI e QUI (Luigi Caricato)

LA LETTERA DI FEDEROLIO

Alla Redazione di “Test”
alla ca. del Direttore dott. Riccardo Quintili
alla c.a. del dott. Enrico Cinotti

A “La Repubblica”
alla c.a del Direttore Responsabile dott. Ezio Mauro
alla c.a della dott.ssa Caterina Pasolini

OGGETTO: Test sugli oli extra vergini di oliva condotto dal mensile “Test” nel giugno 2015 e ripreso da “La Repubblica” del 21 maggio 2015, pag. 25; Osservazioni della
Federolio

Gentile signora, gentili signori

sono il presidente della Federolio, l’organizzazione di categoria cui aderiscono numerose imprese del commercio all’ingrosso, del confezionamento e dell’import-export di oli vegetali.
Ho letto con interesse l’inchiesta condotta da “Test” e ripresa da “La Repubblica” sugli oli extra vergini di oliva confezionati da varie imprese; le conclusioni cui essa perviene (9 confezioni su 20 non conformi) sono basate esclusivamente, nella sostanza, sulla metodica del panel test volta ad accertare la conformità organolettica alla normativa vigente dei suddetti oli, le cui caratteristiche chimico fisiche sono risultate invece in tutti i casi ineccepibili.

Come è noto il panel test deve la sua denominazione al fatto che è un esame condotto da un “gruppo” di assaggiatori professionali (appunto un “panel”); l’obbligo di sottoporre gli oli vergini, in particolare gli oli extravergini, ad un giudizio organolettico che ne accerti l’assenza di difetti e la presenza invece di attribuzioni positive è previsto dalla normativa comunitaria attualmente in vigore, ma proprio la particolarissima natura di tale giudizio richiede un’applicazione assolutamente rigorosa della normativa stessa. Il che purtroppo non si è verificato nell’indagine condotta da “Test”.

Chi, come me, denuncia con forza applicazioni disinvolte della metodologia, non intende con questo tacciare il panel test di inattendibilità in quanto tale; ma certo esso diventa fatalmente inattendibile se viene applicato, come nel caso del test in questione, in forme diverse da quelle previste. Di ciò danno buona testimonianza anche ripetute pronunce dell’autorità giudiziaria. Cosa ritengo censurabile nell’indagine condotta dal mensile “Test”?

In primo luogo la normativa vigente chiaramente prevede che qualora un’impresa non concordi con l’esito di non conformità organolettica relativo ad un olio da essa commercializzato (come è comprensibile che sia e come hanno in effetti fatto le imprese “bocciate” da “Test”), essa può chiedere che lo stesso olio sia sottoposto al giudizio di revisione di altri due panel, ufficiali perché
riconosciuti dallo Stato. Se anche uno solo di questi due panel conferma la non conformità, allora – e solo allora – l’olio viene declassato.

INSOMMA È PER PRIMA LA REGOLAMENTAZIONE COMUNITARIA CHE NON SI FIDA DI UNA PRONUNCIA DI NON CONFORMITÀ DI UN SOLO PANEL TEST se c’è – come nel caso del test c’è stata – l’opposizione dell’impresa contro tale pronuncia.
Su un piano generale, poi, quello della possibilità di richiedere una revisione di analisi è un principio essenziale – e invero alquanto elementare – che deve essere applicato prima di dichiarare che un qualsiasi soggetto è “reo” di qualsivoglia violazione. Un principio, mi sia consentito, di civiltà giuridica.

“Test” ha invece decretato il declassamento di vari oli extravergini di oliva sulla base di una sola analisi organolettica, per vero alquanto disinvoltamente.

In secondo luogo, l’allegato 1 bis del reg. Cee 2568/91 e s.m. prevede dettagliate e rigorose procedure in relazione alle modalità di prelevamento e conservazione dei campioni da analizzare. In base alle scarne informazioni contenute nell’articolo di “Test” (pag. 17) non sembra che tali procedure siano state rispettate.

In terzo luogo è possibile procedere a declassamenti solo in base al giudizio di panel ufficiali. Pur dando atto che l’indagine in discorso si è avvalsa della collaborazione di un panel ufficiale, il laboratorio chimico di Roma dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, a “Test” pare sfuggire la differenza tra i panel ufficiali e quelli solo professionali allorché segnala ai lettori una serie di presunti “scivoloni” dell’olio extravergine nel paragrafo “bocciature storiche” (pag. 13).

Infine è altresì curiosa la circostanza che “Test” consideri credibili i panel professionali – dunque non ufficiali – quando “bocciano”, non altrettanto quando essi “promuovono”; si veda il caso del prestigioso panel dell’O.N.A.O.O. di Imperia (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Oli di Oliva) i cui responsi di conformità sono stati giudicati irrilevanti (pag. 17).

Non è forse inutile ricordare che il dott. Aldo Natalini, sostituto procuratore della Repubblica di Siena, che ha condotto le più importanti inchieste sulle frodi nel settore dell’olio di oliva, nel corso di una recente audizione parlamentare (16 febbraio 2015), si è così espresso con riguardo al panel test: “Peraltro, è una prova processualmente molto critica, perché è una prova limitata alla valutazione, ancorché tecnica, di soggetti, per quanto specializzati. Se fosse solo questo l’elemento accusatorio che un PM può portare a un giudice, sarebbe molto facilmente attaccabile, perché è una prova critica, essendo solo un assaggio. È meno critica la prova analitica (che invece nella prova comparativa di “Test” viene totalmente sottovalutata). Peraltro, accade spesso che il panel test vada in prima e seconda revisione e non è infrequente che tra i due giudizi ci siano pareri contrastanti sullo stesso campione.”

Nella prova condotta da “Test” manca del tutto un secondo giudizio di non conformità. Un metodo francamente comodo per evitare i rischi di contraddizione paventati dal dott. Natalini. In conclusione, mi sia consentito di illustrare la posizione della Federolio in materia di panel test. Cercherò di essere estremamente chiaro.

A causa del rischio di “soggettività” inevitabilmente riconducibile alla metodica del panel test, appare estremamente auspicabile che a essa si affianchi un metodo strumentale di laboratorio dotato dei requisiti di ripetibilità, riproducibilità e accuratezza che ne confermi le conclusioni (ad es. sulla base dell’analisi delle sostanze volatili responsabili dei difetti).
Molti studi sono in corso. Purtroppo un metodo strumentale di conferma affidabile al momento non esiste. In mancanza, il panel test può tuttavia costituire un utile strumento per migliorare la qualità dell’olio extravergine di oliva presente in commercio.

Occorre tuttavia che le seguenti condizioni siano rigorosamente rispettate:

1. la normativa in materia deve essere applicata in modo puntuale e rigoroso;

2. in caso di giudizio di non conformità, qualora venga richiesta revisione, è opportuno che i panel di seconda istanza non siano informati di esser tali; infatti per garantire l’attendibilità e la serenità del secondo giudizio, occorre che i panel di revisione ignorino di analizzare un olio già “bocciato” in precedenza da loro colleghi;

3. sarà possibile pervenire a un declassamento soltanto nel caso in cui il difetto prevalente percepito rilevato in seconda istanza coincida con quello rilevato in prima istanza.

Essendo i panel composti da assaggiatori professionali, è lecito aspettarsi che se un olio è effettivamente, ad esempio, rancido, esso sarà chiaramente percepito come tale da tutti gli assaggiatori professionali, in prima come in seconda istanza.

Nel rispetto di queste tre condizioni una “bocciatura” sarebbe piuttosto fondata, perché si limiterebbe fortemente quel rischio di soggettività che la stessa normativa comunitaria (13° considerando del reg. Cee 1638/98) riconosce essere fatalmente connesso alla metodica del panel test.

La Federolio è talmente convinta della necessità di garantire la qualità degli oli extravergini di oliva commercializzati dalle proprie imprese che ha recentemente approvato i cosiddetti “standard Federolio” miranti a rispettare – su base strettamente volontaria criteri ben più restrittivi di quelli imposti dalla normativa vigente, e non solo in riferimento al prodotto, ma anche in relazione al processo produttivo e all’approvvigionamento.
In tale quadro è considerato anche il panel test che, si ripete, ove correttamente applicato, può concorrere non solo alla garanzia ma anche alla valorizzazione della qualità degli oli extravergini commercializzati.

La pubblicazione di questa lettera, forse, gioverebbe alla causa di una maggiore chiarezza per i consumatori.

Con i migliori saluti.
IL PRESIDENTE
Giuseppe Masturzo

L’immagine di copertina è una illustrazione di Angelo Ruta, apparsa sul volume di Luigi Caricato, Il racconto dell’olio

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