Saperi

Il canto del gallo

Narrazioni. Ode al gallo. Bellissimo, dalla grande cresta, dal piumaggio sgargiante e dal portamento fiero. Il suo canto ti trasporta dal mondo dei sogni, sovente interrompendoli.

Massimo Cocchi

Il canto del gallo

JACQUES PRÉVERT

IL MATTINO

Grido del gallo

Canto del cigno della notte

Messaggio monocorde e fastidioso

Che mi grida

Oggi si deve cominciar da capo

Oggi ancora oggi

Non sento la tua romanza

E faccio orecchie da mercante

Non ascolto il tuo grido

Eppure esco dal letto di buonora

Quasi ogni giorno della mia vita

E taglio il collo in pieno sole

Ai più bei sogni delle notti mie.

(da “Storie”, 1946)

BERTOLT BRECHT

ALBA

Non per caso

L’alba di un nuovo giorno

Inizia col grido del gallo

Che fin dai tempi antichi indica

Un tradimento.

CARLO BETOCCHI

ODI IL GALLO

Odi il gallo, di vasta in vasta eco

entro la nebbia solatia ridesta

il proprio canto, e seco lui sparpaglia

di siepi e d’aie e rustiche muraglie

l’aria, evocando il paese d’infanzia

che mai non superò, che si accavalla

di viottoli, di spiazzi, di pruneti

stillanti pigramente una rugiada

che ci bagnò le mani, e che svanisce

al sole in quel suo canto.

(da “Poesie”, Vallecchi, 1955)

Nella grande casa di campagna, circondata da un grande prato e da alti alberi, accadde, un giorno, che non sentii più il gallo che cantava e, preoccupato, chiesi cosa era successo, infatti, dopo la morte del mio amato gallettino Twitty, non andavo più al pollaio.

A lui ho dedicato un breve saggio, pubblicato per i tipi di Plumelia Editore che titola Anche i geni hanno un cervello di gallina: la “rottura di simmetria” vale per tutti.

L’ho fatto perché mi aveva sorpreso non solo la sua intelligenza ma anche perché quando si trovava nell’impossibilità di muoversi per un problema mai risolto di improvviso cedimento delle zampette, rispondeva al mio richiamo, lo rimettevo in piedi e mi trotterellava attorno, riconoscente.

Non avevo dubbi sull’intelligenza degli uccelli, come confermato anche da un gruppo di ricercatori che scrivono:

“Gli uccelli sono notevolmente intelligenti, sebbene il loro cervello sia piccolo. I corvidi e alcuni pappagalli sono capaci di imprese cognitive paragonabili a quelle delle grandi scimmie. In che modo gli uccelli raggiungono capacità cognitive impressionanti con cervelli grandi come una noce? Abbiamo studiato la composizione cellulare del cervello di 28 specie aviarie, scoprendo una soluzione semplice al puzzle: i cervelli degli uccelli canori e dei pappagalli contengono un numero molto elevato di neuroni, a densità neuronali notevolmente superiori a quelle trovate nei mammiferi. Poiché questi neuroni “extra” si trovano prevalentemente nel proencefalo, i grandi pappagalli e corvidi hanno lo stesso o maggiore numero di neuroni del proencefalo delle scimmie con cervelli molto più grandi. I cervelli aviari hanno quindi il potenziale per fornire un “potere cognitivo” molto più elevato per unità di massa rispetto ai cervelli dei mammiferi”

(Olkowicz et al. Birds have primate-like numbers of neurons in the forebrain. PNAS | June 28, 2016 | vol. 113 | no. 26 | 7255–7260).

Dopo la sua morte, fra le mie braccia, incapace di mantenere la posizione eretta, giurai che non avrei più voluto affezionarmi ad altri, e, questa è la ragione per cui non andai mai più al pollaio e ascoltavo il canto del gallo da lontano, ogni mattina puntuale, finché mani ignobili svuotarono il pollaio e rimase solamente la “Perlina”. Sola e desolata, era sfuggita a quell’atto criminale.

Venne un giorno e, nell’ora “presta” in cui mi sveglio sentii il canto del gallo, incuriosito chiesi a Bianca se i vicini avessero, anche loro, allestito un pollaio. Bianca rispose che aveva messo nuovamente un gallo nel pollaio di casa, già non è facile, dopo tanto tempo, resistere a non sentire più il suo canto.

Così, ogni mattina lo ascoltavo, e lo ascolto quando ritorno dal mio volontario esilio in quel del Lido di Volano, da lontano e mi sembrò che tutto avesse ripreso vita, gli alberi, il prato, i fiori e mi trovavo a sbirciare fuori dalla finestra per cercare di vederlo, e lo vidi, assieme alla “Perlina” che, finalmente, non era più sola.

È bellissimo, la grande cresta, il piumaggio sgargiante, il portamento fiero.

Il canto del gallo ti trasporta dal mondo dei sogni, sovente interrompendoli, alla realtà che rinasce un po’ nebbiosa e che affiora al nuovo giorno con difficoltà, ma, forse, qualche volta è anche un bene che i sogni s’interrompano, soprattutto quando per quei meccanismi, ancora misteriosi, che tentano di ricostruire realtà a volte improbabili nel cervello, finiscono, nell’incoerenza dei segnali, per diventare incubi.

Non ha nome, questa volta il nuovo gallo, mi basta sapere che è lì e che ogni mattina mi canta un nuovo giorno, e, in quel momento, non importa se esso sarà un bel o brutto giorno, sai che ci sei e lo affronterai e tornerà di nuovo la notte e, se Dio vorrà, il nuovo canto del gallo al nuovo giorno.

Nel piccolo ristorantino sul mare dove il mio amico Gibo prepara sapienti miscele di profumi di mare c’è una scritta “tutti dovrebbero avere una vista a mare”, ecco, io penso che “tutti dovrebbero avere un gallo che gli canta il nuovo giorno”.

In apertura, particolare di un dipinto del Termopolio a Pompei

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