Saperi

Perché l’opera e il pensiero di Luigi Einaudi non vanno dimenticati

È stato importante l’incontro con Alcide Cervi, il padre dei sette fratelli fucilati dai nazisti. Quel che accomunava i due - comunista l’uno, liberale l’altro - era il legame profondo con la terra quale elemento costitutivo di libertà, socialità, responsabilità, innovazione e democrazia. D’altra parte, quando il rapporto che l’agricoltore ha con la propria terra è profondo, stabile e responsabile, egli saprà aprirsi a un rapporto virtuoso con la scienza, pronto a introdurre innovazioni per soddisfare le proprie esigenze e, nel contempo, farsi carico dei bisogni collettivi

Alfonso Pascale

Perché l’opera e il pensiero di Luigi Einaudi non vanno dimenticati

Il 30 ottobre del 1961, sessanta anni fa, moriva Luigi Einaudi, che nacque nel 1874. Cioè nel secolo XIX. Eppure il suo pensiero e la sua opera non dovrebbero essere dimenticati. Vorrei ricordare un episodio significativo che si verificò quando era Presidente della Repubblica.

Nel 1954 egli ricevette al Quirinale il magistrato Peretti Griva, lo scrittore Carlo Levi, il deputato comunista Arrigo Boldrini, medaglia d’oro della Resistenza nonché dirigente dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia (ANPI), e il padre dei sette fratelli Cervi, fucilati dieci anni prima dai nazisti, che di medaglie dunque ne portava al petto sette.

Il Presidente simpatizzò subito con papà Cervi. Il discorso cadde sulle letture dei fratelli-eroi. Einaudi si mostrò commosso per il fatto che essi leggessero anche la “Riforma sociale”, rivista da lui in altri tempi diretta. Mentre Alcide Cervi si riferiva proprio alla curiosità culturale come all’origine della passione dei suoi figli per l’innovazione agraria. E narrò delle migliorie da essi introdotte nel fondo che tenevano in affitto, rievocando le canzonature che quell’attivismo era loro costato da parte dei vicini.

Quando Einaudi parlò a sua volta delle innovazioni da lui introdotte nei suoi vigneti piemontesi, Alcide Cervi passò a spiegare il modo in cui, d’accordo con le nuore, aveva ripreso in mano l’azienda dopo la tragedia e il come aveva regolato le complesse questioni d’interesse da questa derivate. Fu qui che il Presidente pose una domanda ai convenuti: «Forseché i sette fratelli si sarebbero sacrificati se non fossero stati un po’ pazzi costruttori della loro terra e se il padre non fosse stato un savio costruttore della legge buona per la sua famiglia? Si sarebbero fatti uccidere per il loro paese, se fossero stati di quelli che noi piemontesi diciamo della lingera e girano di terra in terra, senza fermarsi in nessun luogo?» Carlo Levi rispose: «Credo di no». E tutti gli altri acconsentirono.

Rievocando successivamente l’incontro, lo scrittore-pittore ha osservato che Cervi ed Einaudi, il primo comunista e l’altro liberale, avevano qualche cosa in comune, perfino una certa somiglianza fisica nel viso, nell’intensità dello sguardo, nei tratti della fisionomia, più robusti e incisi nel contadino reggiano, più raffinati e sottili nello studioso piemontese, ma tuttavia segnati da un’evidente parentela: il legame profondo con la terra, la propria terra, come elemento costitutivo della libertà, della socialità, della responsabilità, dell’innovazione e della democrazia.

«La libertà così ancorata agli oggetti persistenti – ha continuato Levi nel suo ricordo – non è dunque mai astratta e puramente ideale (…) è vivente nelle cose, nella terra, nella parte di noi che non si muove come fronda al vento, non diventa estranea, né serva dell’alienazione senza radici».

Quando il rapporto che l’agricoltore ha con la propria terra è profondo, stabile e responsabile, egli è in grado di aprirsi ad un rapporto virtuoso con la scienza e di introdurre innovazioni per soddisfare le proprie esigenze e, nel contempo, farsi carico dei bisogni collettivi, contribuendo così ad elevare il livello di democrazia e di civiltà di un paese.

È proprio la storia delle campagne a mostrare come l’eguaglianza si può allargare sempre più, ma a patto che anche la libertà si valorizzi al massimo livello possibile. Con l’innovazione tecnologica e l’innovazione sociale, libertà ed eguaglianza non si contrappongono ma si completano e si arricchiscono a vicenda. In agricoltura come in tutte le attività economiche.

Oggi siamo nel XXI secolo. E questa consapevolezza che Luigi Einaudi condivideva con Alcide Cervi è ancor più necessaria per affrontare le sfide del futuro.

[Le foto dell’incontro sono conservate nel Museo Cervi]

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