Saperi

“La siccità” è un libro profetico, in cui si racconta dell’antico rapporto tra uomo e natura

Libri per l’estate 2023. Pubblicato nel maggio 2023, il romanzo di Guido Conti era stato scritto tre anni prima, durante un periodo di siccità prolungata. E se fare letteratura significa occuparsi dell’uomo e dei grandi temi che lo riguardano, allora l’autore raggiunge il suo obiettivo. Ambientato in un piccolo paese dell’Oltrepò pavese, questa è una storia che pur rispecchiando un esclusivo ambito geografico riguarda ogni luogo collinare d’Italia, in cui il ritmo del vivere quotidiano è scandito da modi e tempi molto simili

Caterina Arcangelo

“La siccità” è un libro profetico, in cui si racconta dell’antico rapporto tra uomo e natura

«Alla prima luce dell’alba, approfittando del fresco della mattina, Andrea si alzò per aiutare suo padre e suo zio a recintare la parte del podere vicino a casa. “ E secondo te, servirà a qualcosa? Stiamo facendo una fatica assurda” disse lo zio mentre bucava la terra dura come la pietra. Si fermavano spesso per riprendere le forze, con le braccia sfiancate dalla terra e dal caldo”».

La siccità di Guido Conti esce in Italia nel maggio del 2023. Basta dire la parola siccità che quasi in tutta Italia comincia a piovere per giorni e giorni. Dopo mesi di attese e di terreni asciutti, e di orti che aspettavano di essere salvati, il titolo del libro di Guido Conti appare subito profetico. Eppure, come testimonia l’autore durante una presentazione al Circolo dei Lettori di Torino, insieme con Bruno Quaranta e la sottoscritta, il libro era stato scritto tre anni prima, durante un periodo di siccità prolungata.

Ambientato in un piccolo paese dell’Oltrepò pavese, questa è una storia che pur rispecchiando un esclusivo ambito geografico riguarda ogni luogo collinare d’Italia, in cui il ritmo del vivere quotidiano è scandito da modi e tempi molto simili.

E se fare letteratura significa occuparsi dell’uomo e dei grandi temi che lo riguardano allora Guido Conti con i suoi libri raggiunge il suo obiettivo. Le piogge dannose che, generalmente, seguono i periodi di aridità, così come i provvedimenti varati dal governo per gestire l’allarme siccità, non lasciano di certo indifferente uno scrittore come Guido Conti che, ancora una volta, ha saputo coniugare il particolare con l’universale, prendendosi carico dei problemi del territorio e cura dell’uomo e della natura, coniugando in un racconto lungo che ha le caratteristiche della favola [1], una serie di dinamiche che proprio per la scottante attualità dei temi andrebbero analizzate più a fondo rispetto a come si è soliti fare.

Non solo la fluidità e la scorrevolezza della lingua contraddistinguono da sempre lo stile letterario di Guido Conti, ma moltissimi sono anche gli argomenti trattati all’interno di testi che si rivelano essere delle «opere mondo». Viene così definito da Daniela Marcheschi uno dei suoi libri più famosi: Il grande fiume Po (Mondadori, 2012).

Un libro, anche questo, in cui l’autore coglie l’intenso e continuo dialogo tra uomo e natura, un rapporto da sempre contrassegnato da una forte valenza simbolica e identitaria. Non a caso, in esergo al testo troviamo esemplare una citazione estrapolata dalla Cronica di Salimbene de Adam: «Nell’anno del Signore 1216 […] ci fu una neve in grandissima quantità e ci fu gelo, fortissimo, tanto che furono distrutte le vigne e gelò il Po e le donne ballavano sopra il ghiaccio del fiume e i cavalieri vi scorrazzavano nei loro tornei. E vi passavano anche i contadini con i loro carri e barrocci e tregge. E durò questo gelo per due mesi».

L’autore continuamente rimanda a un rapporto antico tra uomo e natura. La percezione di un calore tropicale, non caratteristico dei nostri luoghi; la comparsa di figure flebili, animali sulla via dell’estinzione, un caldo secco e atroce che ciclicamente è presente nel tessuto stesso del romanzo come una sorta di mantra ossessivo: «Il cielo era tornato bianco, nelle ore più calde era opaco, l’aria soffocante, opprimente».

Sono tutti fattori che si colgono con una certa concretezza e che rendono il romanzo di Guido Conti una sorta di canto evocativo; un lamento della terra verso gli esseri umani.  Con un ritmo che presenta il carattere delle litanie, il lettore viene continuamente sospinto dall’autore a proporre nuove domande, e non sono preghiere rivolte alle divinità ma all’uomo stesso.

Caterina Arcangelo con il romanzo “La siccità” di Guido Conti

Sono anche ridiscusse le scelte del vivere quotidiano: un ambiente che accoglie i suoi abitanti merita un atteggiamento consapevole e lungimirante. Ancora più urgente sarebbe sviluppare un senso di continua reciprocità con l’ambiente circostante. Eppure per quanto oggi si parli di tematiche ambientali e di territorio, nella percezione comune questi due elementi, oggi più che mai, finiscono per apparire sradicati dalla realtà, come non appartenenti all’atto concreto del vivere.

Perciò, in molti casi, il territorio è devastato e l’ambiente degradato. James Hillman afferma che il bisogno di bellezza nell’uomo è fondamentale, sebbene la nostra tradizione occidentale abbia condannato la natura a un puro meccanismo da combattere e a materia da sfruttare [2]. Invece, nell’antichità, il luogo scaturiva ancora quel sentimento del sacro, poiché proprio il mancato accordo con esso avrebbe portato a gravi e negative ripercussioni sull’uomo. Secondo Martin Heidegger, l’uomo abita quando riesce ad orientarsi e identificarsi in un ambiente. E come Christian Norberg-Schulz con i termini «orientamento» «identificazione», nel suo sempre attuale Genius Loci [3], afferma che l’identità dell’uomo presuppone sempre un’identità del luogo.

Quelle di Guido Conti sono pagine intrise di una forte tradizione letteraria, prerogativa di pochi scrittori oggi in Italia. Per non dire, unica e appartenente a Guido Conti è la caratteristica di sapere essere scrittore di tradizione e di tradizioni e di saperle rievocare ricavandone uno stile originale, sebbene costanti siano i rimandi ai grandi del Novecento così come ai padri fondatori della grande letteratura. Esplicito è il riferimento allo scrittore Romano Bilenchi autore della trilogia La siccità, La miseria, Il gelo.

In questo testo in cui le voci di ogni genere si mescolano per la realizzazione di un romanzo che simboleggia il ritorno ai grandi temi che la letteratura propone, Guido Conti suggella la sua propensione nei riguardi del genere della letteratura d’infanzia e lo fa proponendo metodi educativi nuovi e innovativi. Non a caso, rappresentativa e simbolica è la storia d’amore tra un bambino e una volpe. Viene in mente un racconto di Dino Buzzati, Il segreto del bosco vecchio, in cui il bambino, affascinato dalla bellezza della natura, vive il bosco come il paese delle meraviglie. Lo stesso bosco che per gli adulti è invece occasione di lucro.

Vi è inoltre la presenza di figure misteriose che animano frazioni ormai disabitate, rimandando stavolta a un romanzo ambientato in Calabria, Il bacio del pane, di Carmine Abate, in cui compare un personaggio misterioso che ferito moralmente si isola dal mondo per rivelarsi solo agli occhi di ragazzi dallo spirito libero e  puro.

Inoltre, una vicinanza non del tutto esplicita ma fortemente significativa è quella con i temi più attuali del “restare” e del “tornare” trattati da Vito Teti nel suo ultimo La restanza Einaudi: «Questa radicale immersione nel quid metastorico e culturale dei luoghi è l’aspetto che più mi sta a cuore: riabitare i paesi interni, riabitare la montagna, guardare al centro della prospettiva inedita ed umanissima della periferia, mi sembra possa essere una delle vie di salvezza per l’intero sistema-Paese» [4].

Vito Teti e Guido Conti si pongono il sacrosanto obiettivo di «problematizzare e storicizzare», tornando al concetto di rivivere il territorio con il progetto fondativo di restituirgli una propria e più autentica voce, oltre  alla grande aspirazione di ridare un più sano e largo respiro all’uomo.

Note

[1] «La favola ha per protagonisti esseri umani, ma anche animali od oggetti inanimati, ed è corredata di un insegnamento pratico o di una  morale, perché ci racconta il mondo come esso è, anche nella spietatezza e meschinità delle passioni che lo muovono».Ragioni e significati della favola nella letteratura fra Otto e Novecento, in La Favola nella Letteratura dell’Otto-Novecento. Atti del I Seminario Internazionale sulla Favola, a cura di Chiara Tommasi, Voghera (Pavia), Libreria Ticinum Editore-CISESG, 2016, pp. 13-34.

[2]Cfr. James Hilmann,  Politica della bellezza, Bergamo, Moretti& Vitali 2002.

[3] Cfr. Christian Norberg-Schulz, Genius Loci. Paesaggio Ambiente Architettura, Milano, Electa, 1992 (prima edizione originale 1979).

[4] Vito Teti, La restanza, Torino, Einaudi, 2022, p.7.

 

In apertura, foto di Olio Officina©

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