Visioni

A fior di palato

Nicola Lagioia

Non solo la tavola mediterranea ma la cultura mediterranea nel suo complesso è inimmaginabile senza olio d’oliva. Insieme al vino, l’olio d’oliva è l’alimento che meglio rappresenta la nostra identità da qualche millennio a questa parte. La sua carica simbolica riassume bene le nostre più alte aspirazioni: la forza e la stabilità del fusto, la diversità nell’identico (il verde chiaro e verde scuro delle foglie che ondeggiano al vento mostrando recto e verso), la complessità e raffinatezza dell’estratto. E poi un certo multiforme ingegno. Alimento in apparenza semplice, basta un filo l’olio per nobilitare un tozzo di pane. Allo stesso modo, l’olio d’oliva sapientemente dosato compie il miracolo di alleggerire cibi altrimenti troppo sofisticati o troppo pieni di sé. Ecco un’altra caratteristica della cultura mediterranea quand’è in grande forma: saper dialogare con tutti, portando gli altri a dare il meglio di sé.

E tuttavia, mentre Bacco a un certo punto ha aperto i suoi forzieri, i numi tutelari dell’olio d’oliva (il Dio ebraico attraverso Seth secondo alcuni, Iside secondo altri, Atena per la cultura greca) si sono dimostrati col tempo più gelosi del proprio segreto. Se infatti il vino hanno imparato a farlo anche in California, l’olio d’oliva rimane una prerogativa dei popoli mediterranei. Questo aumenta la sua preziosità.

Quando sono all’estero, cerco sempre un ristorante in cui abbiano dell’olio d’oliva. La ricerca non è semplice. La tavola più ricca, senza olio d’oliva mostra solo la propria appariscenza, simile al fallimentare protagonismo di quelle donne che vanno in società troppo cariche di gemme e pendagli. Viceversa, nessun piatto sarà povero se a portata di mano c’è un contenitore di vetro con dentro il prezioso fluido smeraldino. Se la vera nobiltà è quella d’animo, l’olio d’oliva a fior di palato ne è una delle più belle incarnazioni.

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