Economia

Il mercato dell’olio da olive tra variazioni di prezzo e ripensamento delle attività

Nonostante sia stato registrato un calo generale dei prezzi, la diminuzione dei consumi continuerà a esserci perché la concorrenza con gli oli di semi si conferma più agguerrita e lo scenario economico alquanto deteriorato scoraggia le famiglie al momento della spesa. A fronte della situazione attuale, è necessario che si ricostituiscano scorte di merce sufficienti a seguito di auspicate generose nuove produzioni e quindi che i grafici dei mercuriali rivolgano la loro direzione al ribasso

Adriano Caramia

Il mercato dell’olio da olive tra variazioni di prezzo e ripensamento delle attività

Questo editoriale a firma di ADRIANO CARAMIA è frutto della collaborazione tra Olio Officina e Fimaa, la Federazione italiana mediatori agenti d’affari. Se interessati alle tematiche del mercato, vi invitiamo a iscrivervi alla newsletter dedicata cliccando QUI

I prezzi degli oli di oliva, nelle loro varie qualità e sulle differenti piazze internazionali, sono in calo. Nonostante le vendite mensili di febbraio in Spagna (che ricordiamo essere il mercato di riferimento per questo bene essendone la principale produttrice con un apporto medio del 50% rispetto al quantitativo mondiale) siano state più che discrete, la curva delle quotazioni ha cominciato a flettere.

L’anno è ancora lungo per arrivare agli esordi delle raccolte nel mediterraneo e le scorte complessive nei vari paesi sono molto risicate. Alcune piogge nella prima settimana di marzo però hanno parzialmente alleviato la grande sete degli uliveti dell’Andalusia e, soprattutto, hanno ingenerato una certa ansia fra i detentori degli oli.

Il calo dei consumi c’è stato e continuerà ad esserci perché la concorrenza degli oli di semi si conferma più agguerrita vista la forbice che ormai diventa sempre più ampia fra i livelli medi dei prezzi; lo scenario economico alquanto deteriorato scoraggia le famiglie nel momento della spesa.

A ciò, occorre purtroppo aggiungere una difficile situazione riferita alla liquidità delle aziende: l’aumento più che triplo del costo di acquisto dell’olio rispetto a quattro anni fa (assieme ad altre componenti del conto economico, seppure in maniera diversa) ha sconvolto i flussi finanziari. Fatturati in calo, ritardi nei pagamenti e incidenza dei costi fissi su quantitativi di merce nettamente inferiori rispetto agli anni passati.

È necessario che si ricostituiscano scorte di merce sufficienti a seguito di auspicate generose nuove produzioni e quindi che i grafici dei mercuriali rivolgano la loro direzione al ribasso.

Non si vuole con ciò affermare che l’incremento dei volumi delle vendite passi obbligatoriamente dalle forche caudine del deprezzamento del valore del prezioso succo di olive.

Si teme invece che l’unica via per aumentare il costo al pubblico sia la scarsità dei quantitativi: ciò ingenera, come anzi detto, fenomeni traumatici e molto complessi nonché lunghi da fronteggiare.

L’adeguato pregio economico degli oli di oliva come di ogni altro bene è determinato soprattutto dal riconoscimento che il consumatore gli concede.

Ciò deve avvenire gradualmente, nell’ottica di una diversa e migliore percezione del bene. È uno sforzo che deve vedere coinvolti tutti gli attori della filiera che sinora sembrano invece spinti a volersi addebitare l’un l’altro le criticità del comparto.

Un ripensamento sull’agricoltura ed altre attività umane più sostenibili è indifferibile. I mutamenti climatici sono la principale causa dello sconvolgimento dei normali cicli produttivi delle materie prime della terra.

Ma ciò non basta: dinanzi a problemi eccezionali occorre trovare risposte fuori dall’ordinario. Non sarebbe una cattiva idea destinare risorse ad una differente politica agricola, la quale tenga in conto misure di intervento nei mercati durante i momenti di abbondanza dei raccolti, con riporto delle eccedenze durante i periodi di scarsità.

Sarebbero strumenti di sollievo ai produttori quando le curve dei prezzi fossero troppo al ribasso ed agevolerebbero i consumi nei momenti di eccessivo rialzo.

La Comunià Europea che dovrebbe gestire ciò affronterebbe evidentemente delle spese. Ma sarebbe beneficiata dall’utile rinvenente dalle differenti quotazioni di entrata e uscita delle merci.

In apertura, foto di Olio Officina©

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