Perché la Turchia ha vietato l’esportazione dei suoi oli allo stato sfuso?
La restrizione durerà fino al 31 ottobre 2021 e non è la prima volta che accade per un periodo di tempo così esteso. Sono plausibili le motivazioni dell’alto funzionario del Ministero dell’Agricoltura Harun Seçkin per ragioni legate al Covid? Il Presidente della Aegean Olive Oil Exporters Association, Davut Er, dal canto suo rivendica che tale blocco all’export produrrà danni al settore per centinaia di milioni di dollari. In tutto ciò, quanto ha influito il continuo deprezzamento della lira turca al riguardo? Le nostre considerazioni sulla base delle conoscenze di mercato e della valutazione delle quotazioni dei prezzi
La Turchia ha vietato la esportazione degli oli di oliva in bulk sino a tutto il 31 ottobre 2021.Una misura analoga fu presa dal dicembre 2001 sino alla fine dell’ottobre 2002.Ricordiamo che il paese a cavallo fra l’Europa e l’Oriente ha da molto tempo escluso la possibilità di esportare oli lampanti e gli oli di sansa greggi, consentendo all’industria raffinatrice locale di poter usufruire del plusvalore determinato dalla lavorazione della raffinazione medesima. Rammento ciò a considerazione del fatto che i regolamenti doganali vengono usati per indirizzare, da parte delle autorità governative, l’economia delle filiere agricole e di trasformazione.
Ma quale è stato il motivo per cui la Turchia ha decretato questo divieto?Leggendo gli organi di stampa, si scopre che un alto funzionario del Ministero dell’Agricoltura e Foreste, Harun Seçkin, ha comunicato che a causa degli effetti della pandemia, si è instaurato un clima di incertezza nel quale molti paesi stanno approvvigionandosi di ingenti quantità di olio. Ciò potrebbe comportare, a suo dire, una mancanza di prodotto ed un aumento dei prezzi interni con innesco della spirale inflattiva. Di contro, la Aegean Olive Oil Exporters Association (EZZIB), dichiara che la produzione di quest’anno, assieme agli stock della scorsa stagione, riescono a soddisfare il consumo interno (di circa 140.000 tons) e la quota di export (60/70.000 tons) della quale circa il 55% è riferito alla merce non confezionata.Il Presidente della EZZIB, Davut Er, rivendica che tale blocco dell’export produce danni al settore per centinaia di milioni di dollari.
In realtà, sulla base delle conoscenze di mercato e della valutazione delle quotazioni dei prezzi, i listini turchi del raffinato hanno subito una impennata a mano a mano che si è sostanziata una mancanza di oli lampanti a vantaggio di oli di bassissima acidità (vergini ed extra).
Un fattore strutturale che è intervenuto nell’intero sistema economico turco è stato il continuo deprezzamento della lira turca nei riguardi delle principali divise occidentali, come si può ben vedere dal grafico che riporta gli ultimi cinque anni di andamento EURO/TRY.Il culmine lo si è avuto il 19 marzo 2021 con una manovra di svalutazione.
Ovviamente questo ha reso appetibile, per i compratori esteri, i prodotti agroalimentari di Ankara, in particolare modo gli oli di oliva che nel resto del bacino mediterraneo hanno incrementato le loro quotazioni. Quindi, se verificando le quotazioni del raffinato italiano di Olio Officina del 01/12/2020 verificavamo (QUI) una sostanziale identità dei prezzi con l’olio turco reso franco compratore italiano), oggi tale rapporto è stato modificato sostanzialmente e, ove mancasse il blocco delle esportazioni, sarebbe molto conveniente importare da quel Paese. I prezzi interni di conseguenza sarebbero cresciuti, aggravando la situazione economica e sociale. Tutto ciò ha determinato la misura intrapresa dal governo di Ankara.
Speriamo che la situazione (sia di emergenza sanitaria, sia di dissesto economico globale e, non ultimo, di riequilibrio dei quantitativi di olio di oliva nei vari paesi produttori) si ristabilizzi, al fine di garantire una libera circolazione delle merci, con il ripristino dei normali flussi commerciali a tutela delle filiere e delle aziende importatrici ed esportatrici dei vari Paesi.
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