Economia

L’analisi swot dell’olio

Lo studio, eseguito nei minimi particolari, della filiera dell’olio da olive a marchio Dop Umbria, ha fatto emergere i punti di forza (Strengths) e debolezza (Weaknesses), oltre che le opportunità (Opportunities) e le minacce (Threats). A partire da questa analisi, ciò che appare evidente, è la necessità di innescare dapprima una rivoluzione culturale, per poi in seguito creare un network di produttori di eccellenza e strutture di ospitalità della regione, rafforzando il tutto con un adeguato rinnovamento tecnico

Agnese Pascale

L’analisi swot dell’olio

Terminiamo, con questa puntata, la pubblicazione della tesi di laurea della neo dottoressa Agnese Pascale in Scienze e Tecnologie agro-alimentari, dal titolo “Olivicoltura Dop in Umbria”. Cliccando QUI si può leggere la prima puntata (“L’olivicoltura Dop in Italia”), QUI invece la seconda puntata (“Il mercato dell’olio Dop”), QUI la terza (“L’olivicoltura Dop in Italia”), QUI si può prendere invece visione e lettura della quarta puntata puntata (“L’olivicoltura Dop in Umbria”), QUI la quinta puntata (“Fotografia dell’olio Dop Umbria”) , QUI la sesta puntata (“Costi di produzione dell’olio”), e QUI la settima puntata (“Olio in Gdo, i prezzi di vendita”). (8. fine).

CONCLUSIONI

L’analisi SWOT (conosciuta anche come matrice SWOT) è uno strumento di pianificazione strategica usato per valutare i punti di forza (Strengths), debolezza (Weaknesses), le opportunità (Opportunities) e le minacce (Threats) di un progetto o in un’impresa o in ogni altra situazione in cui un’organizzazione o un individuo debba svolgere una decisione per il raggiungimento di un obiettivo. L’analisi può riguardare l’ambiente interno (analizzando punti di forza e debolezza) o esterno di un’organizzazione (analizzando minacce ed opportunità).
L’analisi SWOT consente di esprimere in maniera ordinata e significativa gli elementi emersi da questa indagine.

S – Strenghts

I punti di forza messi in evidenza in tutti i documenti che sono stati consultati e anche nelle interviste dei responsabili della DOP Umbria sono sostanzialmente due:

– l’ottima qualità degli oli;
– la straordinaria immagine dell’Umbria e la sua affinità storica, culturale, paesaggistica con tutto ciò che può essere considerato eccellente, particolare, credibile, trasparente. Su questa immagine, che è dovuta molto più a San Francesco che agli olivicoltori, si può fondare un rapporto privilegiato con consumatori particolarmente sensibili e culturalmente evoluti.

In realtà se si riflette attentamente su questi due punti, ci si rende conto che si tratta non tanto di punti di forza, ma anche di opportunità. L’eccellente qualità degli oli extravergini di oliva umbri è una realtà per una esigua minoranza di produttori e gli standard della DOP nelle diverse menzioni geografiche non consentono di qualificare gli oli DOP umbri come oli di assoluta eccellenza, come è stato discusso e argomentato nel paragrafo 2.2 del capitolo 2. 52

W – Weaknesses

Le debolezze del sistema sono evidenti a tutti e sono autorevolmente ribadite dal Presidente del Consorzio della DOP e sono in generale considerate debolezze di tutto il sistema delle DOP dell’olio di oliva.

In sintesi le debolezze maggiori riguardano:

1. una produzione complessivamente poco significativa. La produzione di oli DOP e IGP in Italia pesa soltanto per il 2-3% su quella complessiva di extravergine, anche se è in graduale sviluppo: le quantità certificate, in base ai dati Istat, sono passate dalle 5.040 t del 2004 alle oltre 11.200 del 2011, ma poi la crescita si è arrestata e nel 2013 si era sugli stessi livelli di due anni prima. Questa situazione è del tutto analoga a quella DOP Umbria. Il drammatico calo della produzione del 2014 non fa che accentuare questa debolezza;
2. l’estrema frammentazione della produzione in realtà produttive minime con l’aggravante della incapacità a coordinarsi nella fase di commercializzazione, rinunciando di conseguenza ad un ruolo significativo nei confronti sia della distribuzione interna che nell’export verso i mercati più interessanti.

A proposito degli oli certificati, Gargano (2013), Presidente di Unaprol (Consorzio olivicolo italiano), ha così commentato “Il settore cresce troppo lentamente. Tutto ciò è dovuto al permanere di quelle difficoltà che da sempre caratterizzano la filiera dell’olio a denominazione d’origine, quali la frammentazione della realtà produttiva e la mancanza, in alcuni casi, di un’organizzazione dell’offerta […] e di strumenti adeguati per affrontare la concorrenza di prodotti esteri”.

A supporto dell’opinione del Presidente di Unaprol si nota che già in origine le DOP hanno spesso rappresentato aree eccessivamente frammentate, indipendenti l’una dall’altra, e con nomi per nulla evocativi. Infatti alcuni nomi quali “Cartoceto”, “Bruzio”, “Colline Teatine”, “Tergeste”, “Dauno” non trasmettono un riferimento immediato alla regione di appartenenza (Meloni, 2014). 53

Il caso dell’Umbria è al limite del patologico con la puntigliosa definizione di cinque zone, i cui standard produttivi si differenziano per dettagli assolutamente irrilevanti.
Più grave ancora è l’effetto di dispersione che le zone fanno dell’immagine dell’Umbria che è già di per sé un’immagine di nicchia. La definizione delle zone è poco significativa per gli stessi consumatori umbri, è irrilevante per qualunque consumatore italiano ed è incomprensibile per un eventuale consumatore straniero.

La denominazione dell’olio 100% italiano rappresenta un evidente tentativo di superare queste limitazioni creando un marchio che raccoglie un quantitativo importante di oli extravergini. Ciò ovviamente rappresenta una ulteriore erosione dell’immagine di specificità delle DOP.

Altri elementi segnalati come negativi sono:

– la quota assolutamente prevalente dell’autoconsumo rispetto alla quota commercializzata;

– irrazionali impianti degli oliveti;

– gravi carenze tecniche dei frantoi;

– insufficienti controlli di processo;

– inadeguati sistemi di stoccaggio e trasporto.

In sostanza è illustrato da tutti gli analisti un quadro di gravi carenze non solo sul piano strutturale ma anche, e questo è più grave, sul piano culturale. Se a ciò si aggiunge il sospetto di frode, ci troviamo in presenza di un settore in crisi irreversibile.

O – Opportunities (dall’intervista al Professor Peri, 2015)

Malgrado tutto quello che è stato detto al punto precedente, esistono delle opportunità purché si abbia l’umiltà di riconoscere errori e debolezze e la disponibilità a cambiare atteggiamenti e comportamenti che hanno condotto alla situazione attuale.

Ritenere che una simile situazione possa essere corretta mediante interventi protettivi delle leggi e da sostegni economici alla produzione, comunque giustificati, significa insistere nell’errore e rinunciare a vedere le opportunità.

A nostro avviso le opportunità dovrebbero essere stabilite seguendo un ordine di priorità, come quello che proponiamo qui di seguito:

1. La massima priorità deve essere quella della crescita culturale del settore, sostituendo gli operatori attuali con una nuova generazione di operatori per i quali suggeriamo tre motivi essenziali di qualificazione:

– conoscenze scientifiche e tecniche aggiornate che siano in grado di far fronte efficacemente a difficoltà oggettive come quelle delle infestazioni del 2014. In concreto, si dovrebbero sostituire la maggior parte delle strutture dei frantoi attualmente operativi in Umbria, creando frantoi moderni gestiti con tecniche aggiornate di management, controllo, monitoraggio, training degli operatori;

– conoscenze delle lingue e in particolare della lingua inglese per aprirsi non solo ai mercati internazionali (ormai dominati da centri di comunicazione negli Stati Uniti, in Giappone ed in altri Paesi nuovi consumatori), ma per rispondere adeguatamente alle attenzioni del turismo internazionale che frequenta con grande simpatia e attenzione l’Umbria;

– diffondere un nuovo stile di responsabilità e di etica che, insieme alla competenza tecnica, renda credibile l’offerta di un grande olio dell’Umbria.

L’istituzione presso l’Accademia dei Georgofili di Firenze della Georgofili School of Olive Oil Science and Technology e l’organizzazione di corsi in inglese negli istituti tecnici agrari e negli istituti alberghieri con corsi di scienze gastronomiche, potrebbe essere un prezioso punto di partenza per avviare il rinnovamento culturale del settore oleario in Umbria.

2. Il secondo elemento di priorità è la creazione di società e cooperative per la vendita dei grandi oli umbri, superando non solo le distinzioni e le concorrenze fra zone produttive, ma collegandosi anche in una collaborazione più ampia che sia in grado di offrire sul mercato internazionale un mix di grandi oli italiani e non solo umbri. Solo in questo modo si può riconquistare prestigio e credibilità.

3. Il terzo elemento di priorità riguarda la possibilità di creare un network operativo tra ristoratori e agriturismi umbri. Questo argomento è sviluppato nel punto successivo.

T – Threats (dall’intervista al Professor Peri, 2015)

In un’annata fortemente critica per la produzione olivicola, come quella del 2014, il disaccoppiamento rappresenta una minaccia aumentando i rischi di abbandono dell’olivicoltura soprattutto nelle zone più marginali della regione.
Inoltre molti testi da noi consultati e persone da noi intervistate sostengono che l’autoconsumo sia un punto di debolezza e una minaccia per l’olivicoltura umbra.

Il rischio che si finisca per coltivare l’olivo solo per le esigenze del consumo familiare è evidentemente una minaccia incombente sul settore. Riteniamo tuttavia che si tratti anche di un’opportunità, se convenientemente utilizzata e sviluppata.

Se consideriamo che i consumi delle famiglie, degli agriturismi e della ristorazione umbra siano una specie di autoconsumo con interessanti prospettive di business, allora l’autoconsumo può diventare il modello di riscatto dell’agricoltura umbra.

Il settore delle ospitalità è in grado di assorbire sia con i consumi che con gli acquisti ben più della produzione di eccellenza dell’olivicoltura umbra.
Un dato è sufficiente per illustrare l’entità del problema: la sola Assisi riceve annualmente un flusso di circa 3-4 milioni di turisti.

Naturalmente affinché questa ipotesi diventi praticabile è necessario che vengano soddisfatte le priorità elencate al punto precedente e cioè:

1. Una nuova generazione di operatori competenti e onesti.

2. La creazione di un network dei produttori degli oli umbri di eccellenza e di tutte le strutture di ospitalità della regione per distribuire oli di eccellenza di vario profilo sensoriale con un messaggio del tipo “Se vuoi gustare un grande olio dell’Umbria, la sola possibilità è che tu venga a gustarlo in Umbria”. Ciò dovrebbe creare una sinergia fra i grandi oli e i grandi richiami culturali e religiosi della nostra regione.

3. Il punto relativo all’innovazione tecnologica, che è evidentemente indispensabile, deve essere una conseguenza dei primi due e non il punto di partenza. Prima la rivoluzione culturale, poi il network, cioè una vera rivoluzione comunitaria e sociale, infine il rinnovamento delle strutture tecniche.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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www.regione.piemonte.it/agri/comunicazione/quaderni/num62/dwd/18.pdf

www.stradevinoeolio.umbria.it

www.umbriaolio.it/disciplinare.html

La foto di apertura è di Luigi Caricato

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