Economia

Sottoprodotti o risorsa?

Quelli della filiera olearia: un problema per l’impatto ambientale e quindi per tutto quello che è correlato allo smaltimento. Allo stesso tempo, però, essi rappresentano una fonte importante di molecole potenzialmente bioattive che possono essere recuperate ed utilizzate in vari settori, da quello bio-medico a quello alimentare

Olio Officina

Sottoprodotti o risorsa?

A Bari la Società italiana per lo studio delle sostanze grasse ha creato le condizioni per diffondere tutte le novità in materia di oli e grassi. Ai lettori di Olio Officina Magazine presentiamo gli abstract, in modo da poter acquisire ogni utile informazione e magari richiedere direttamente al Sissg quanto necessario per approfondire di volta in volta i vari temi trattati.

È tuttavia importante evidenziare come la ricerca abbia bisogno di essere sostenuta concretamente, per questo consigliamo alle aziende di trovare il modo per finanziare le attività del Sissg, perché tutti si è parti in causa e soggetti attivi. Non possiamo aspettarci sempre che sia lo Stato a finanziare, anche noi dobbiamo fare la nostra parte, anche con una semplice quota, scrivendo a sissg@sissg.it

VALORIZZAZIONE DEI SOTTO-PRODOTTI DELLA FILIERA OLEARIA: DA SCARTO A RISORSA

Francesco Caponio

Università degli Studi di Bari Aldo Moro, Dipartimento di Scienze del Suolo, della Pianta e degli Alimenti

Nel mondo sono coltivati più di 8 milioni di ettari di olivi e circa il 98% di questi nel bacino del Mediterraneo. La produzione dell’olio di oliva è inevitabilmente fonte di sottoprodotti e scarti, rappresentati prevalentemente da acqua di vegetazione, sansa di olive e foglie e rametti. Le quantità dei suddetti sotto-prodotti sono particolarmente elevate, basti pensare che per le acque di vegetazione il volume è compreso tra 0,5 e 2 m3per tonnellata di olive. La quantità di foglie che arriva in frantoio, invece, è aumentata drasticamente in seguito all’utilizzo della raccolta meccanizzata.

Scarti e sottoprodotti, dunque, costituiscono un problema per l’impatto ambientale e quindi per tutto quello che è correlato allo smaltimento. Allo stesso tempo, però, essi rappresentano una fonte importante di molecole potenzialmente bioattive che possono essere recuperate ed utilizzate in vari settori, da quello bio-medico a quello alimentare.

Diversi autori hanno indagato sulle tecniche di estrazione più appropriate per recuperare svariate molecole, quali polifenoli, tocoferoli, steroli, ecc. Ampio spazio viene dato alle tecniche di estrazione cosiddette “green”, di cui alcune prevedono l’impiego di ultrasuoni, microonde, fluidi supercritici, pressurizzazione. Svariati sono, inoltre, i loro impieghi tra i quali, in primo luogo, quello in ambito farmaceutico (integratori e altri fitorimedi), per l’alimentazione animale, come ammendanti per l’agricoltura e in ultimo anche l’impiego negli alimenti al fine di ottenere prodotti nutraceutici o di incrementare la shelf-life sfruttando la loro azione come antiossidanti e/o antimicrobici.

L’interesse nel recuperare le suddette molecole da sottoprodotti e scarti dell’industria olivicolo-olearia per formulare alimenti funzionali e fitorimedi nasce dalla lunga serie di evidenze scientifiche inerenti gli studi in ambito biologico. Test in vitroedin vivo, infatti,hanno evidenziato le numerose potenzialità dei composti bioattivi estratti da foglie di olivo, sansa e acqua di vegetazione, tra cui proprietà antiossidanti e anti-fungine, così come la capacità di contrastare la proliferazione cellulare in alcune cellule tumorali, la nefrotossicità e la genotossicità.

Sulla base di queste evidenze, appare chiaro che scarti e sottoprodotti dell’industria olearia mostrano realmente le potenzialità per lenire un problema grave legato al loro smaltimento, nonché creare nuove opportunità di utilizzo per essere considerate realmente una risorsa.

La foto di apertura è di Olio Officina

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