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Sultano di campagna

Sorprende e affascina la figura dello chef che si sporca le scarpe con la terra. Non più soltanto impegnato dietro ai fornelli, ma interessato, coinvolto e pienamente attivo in una veste agricola, con i modi giusti per coltivare e allevare. Un segnale lo aveva già dato, ora c’è la riconferma di un Ciccio Sultano che non si tira certo indietro: «Per me, poter avere la buona verdura, la buona carne e tutto il resto – sottolinea Sultano – significa chiudere il cerchio con quello che sono e faccio»

Nicola Dal Falco

Sultano di campagna

Ragusa Ibla – Battuta facile, ma circostanziata, quella di un Ciccio Sultano agricolo, che si sporca le scarpe con la terra, interessato e attivo nei confronti dei modi giusti per coltivare e allevare.
Un segnale lo aveva già dato, diventando socio dell’azienda di allevamento di galline livornesi e siciliane L’Aia Gaia insieme all’agronomo Carmelo Cilia, selezionatore e affinatore di formaggi e salumi e a Paolo Moltisanti, anche lui agronomo.
In questo caso, il buon metodo non significa altro che permettere una vita gaia, cioè giusta, alle galline, offrendo più libertà, cure e mettendo in pratica il sacrosanto concetto di azienda a ciclo chiuso, dove si produce il fabbisogno giornaliero per gli animali.

Le occasioni di conoscere, selezionare e segnalare buoni metodi, buoni contadini, buoni allevatori non possono che moltiplicarsi, non solo partendo dalle esigenze del Ristorante Duomo e I Banchi, panetteria che cucina, negozio con sala, saletta riservata, corsi d’arte culinaria e tavolo di scialo dove si improvvisa per un massimo di quattro persone.

La questione come la vede Sultano è personale e di conseguenza tanto filosofica che economica: conoscere ciò che mangi, rispettare la terra, più che un diritto è un dovere.
Con l’onore del cuoco è in gioco la salute, vero bene di scambio in una società opulenta e piena di diseguaglianze.
«Per me, poter avere la buona verdura, la buona carne e tutto il resto – sottolinea Sultano – significa chiudere il cerchio con quello che sono e faccio.

«Ed ecco, allora, gli ortaggi di Raoul che sta in campagna insieme alla moglie e alla figlia o l’allevamento di carne di Giuseppe Grasso, duecento ettari di terra, di vacche e vitelli giusti. Dico, però, che il punto non è fare prati all’inglese come in Scozia, ma rendere tutto trasparente, visitabile e curare come si conviene il processo di frollatura.
«Chi se ne importa del marketing o solo di quello. Conta di più la verità delle cose, l’impostazione e la pratica giornaliera.
Non mi piace chi si piange addosso, chi ripete di non essere capito, di vivere in Sicilia. Ma la Sicilia è grande, più grande del Belgio!
«Mi piacerebbe riunire le persone di buona volontà anche se non sempre è chiaro quali siano le vere ragioni di questo riavvicinamento alla terra.
A volte – continua Ciccio Sultano – ho l’impressione che si tratti di una mezza fuga psicologica. Occorre, invece, crescere in dignità, fare ordine, informazione, affermarsi, offrendo a un mercato sovraccarico ciò di cui ha bisogno e basta. La verità al posto dell’eccesso, la buona agricoltura, la coerenza, la precisione, la determinazione.
In altre parole, fare impresa e fare rete. E chissà che la buona agricoltura non metta un argine alle troppe intolleranze».

Un nuovo piatto dedicato alle donne

Con un pizzico di ironia, ma non troppo, legandosi al discorso del buon metodo, Ciccio Sultano ha composto un piatto, Azzurro mare Omega 3 che fa, garbatamente, il verso al grande cruccio femminile, alle raccomandazioni per stare in forma.
«Non te lo spalmi certo in faccia – ammette il cuoco – però rappresenta il giusto apporto di Omega 3, cercato in quel pesce azzurro, emarginato dal vezzo di preferire aragoste, spigole e gamberoni.
Omega 3 anche e soprattutto perché fatto con tre magnifici “pescetti”: alice, sgombro e sarda».

La ricetta: AZZURRO MARE OMEGA TRE

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