Codice Oleario

Etichettatura olio, quel che manca

Gli stati d’animo non sono tranquilli, anche se si fa finta di nulla. Per tutti sembra chiaro il dettato legislativo, in realtà non è così. Ogni norma si presta a molteplici interpreatazioni, e a rimetterci sono le aziende, soprattutto le piccole e medie, le meno strutturate. Si presuppone che ci sia correttezza e onestà, e allora perché non trovare una soluzione tecnica al problema? Noi ne abbiamo una

Luigi Caricato

Etichettatura olio, quel che manca

Lo so, mi si accuserà di essere irrealistico, e in fondo lo sono, altrimenti sarei privo di ideali e di sane aspirazioni a un mondo migliore da qullo attuale. Tuttavia, l’idea di istituire un apposito centro operativo che certifichi l’esattezza delle etichette degli oli da olive, mi sembra la migliore delle strade possibili.

Al momento tutto sembra in apparenza chiaro, ma non lo è. Le tante richieste di aiuto, nate da un profondo disagio, lo testimoniano. Gli operatori del settore non si fidano delle Istituzioni. Gli organismi di controllo sono temuti. Non è che non siano gentili e premurosi, sia ben chiaro, ma non sottoscrivono mai ciò che dichiarano a voce: non si prendono mai la responsabilità di mettere per iscritto i propri consigli, caso per caso. E può anche capitare che le interpretazioni intorno a una etichetta data in visione, siano molteplici e contradditorie, in base a chi ha fornito un parere o ai uffici. Non è così facile avere un parere unico, eppure sarebbe possibile. E’ come chidere una autorizzazione. C’è il timbro, e si procede. Nulla è obbligatorio, sia ben chiaro, ognuno può far da sé, ma chi chiede un parere ufficiale ha tutto il diritto di ottenerlo.

Tale soluzione, approntando un centro operativo che verifichi a livello nazionale l’esattezza di quanto riportato in etichetta, sarebbe auspicabile. Anche perché un operatore del settore dovrebbe sentirsi tranquillo, lavorando in santa pace, senza patemi d’animo. Invece non è così. Anche se si è persone perbene, si temono sempre le ispezioni. Perché non si sa mai. In Italia c’è la legge, ma non ci assicura del tutto, poiché ci sono sempre le interpretazioni.

Eppure, consapevoli che gli imprenditori siano da considerarsi onesti e corretti, ci vorrebbe un maggiore senso di responsabilità. Anche perché si deve partire sempre da un presupposto: che chi incorre in errori nell’etichettatura sia in buona fede e può aver agito più per ignoranza che per altre ragioni. Poi, certo, c’è anche la malafede, ma il principio base dal quale partire è che tutti gli imprenditori rispettino le regole. Solo che queste regole devono essere chiare – ma non lo sono – semplici – ma non lo sono – facilmente verificabili – ma non lo sono.

Perché allora non istituire un apposito centro operativo al cui interno inserire dei giovani preparati e capaci, che siano anche mentalmente aperti, con un occhio aperto al mercato?
Tale centro potrebbe agire richiedendo all’operatore una tariffa base, accessibile a tutti, non troppo costosa – anche perché in fondo si tratta soltanto di dare il “visto si stampi”, non di realizzare l’etichetta.

L’unico rischio, è che a eseguire tale servizio siano collocate persone senza una visione aperta al mercato. Sarebbe un grave errore, anche perché l’etichetta è fondamentale per la vendita, utile per attrarre il consumatore. Se le persone incariucate a ricoprire tale ruolo sono state scelte con grande senso di responsabilità, che non siano dunque ideologicamente orientate (come ve ne sono purtroppo tante di persone tra coloro che hanno responsabilità pubblica), sarebbe la strada migliore da seguire. Il resto, sappiamo tutti, è solo ideologia. In fondo, se non fosse minato dall’ideologia, il settore dell’olio da olive sarebbe già molto più dinamico e competitivo.

Tale servizio sarebbe da riservare in particolare alle imprese più piccole, ma possono utilizzarlo anche le grandi aziende. Ques’ultime godono di un ufficio legale e possono permettersi il lusso di fare da sé, ma i tanti che navigano nel dubbio hanno diritto ad avere certezze.

Non è una pia illusione, questa ipotesi di istituire un apposito centro di verifica delle etichette. Sarebbe ispirato al buon senso. Non si comprende tra l’altro come una simile soluzione non si sia stata mai proposta, e più ci penso, più resto amareggiato dal fatto che tanti altri alimenti godano di una ampia sfera di libertà, nell’atto di presentarsi sullo scaffale, mentre l’olio da olive, che per le sue caratteristiche compositive e sensoriali si presterebbe meglio di altri prodotti a una etichettatura diversa e meno legata a pastoie, sicuramente migliore da quella pensata e formulata da un legislatore troppo ideologicamente orientato, continui a essere ingiustamente sacrificato da inutili orpelli.

L’eccesso di legislazione sta uccidendo l’olio da olive, creando costi inutili e illusioni di garanzie che restano solo sulla carta. La comunicazione si impoversice, diventando incolore e inespressiva, senza riuscire nell’intento di raggiungere il consumatore. Uno spiraglio di salvezza, seppur minimo, potrebbe essere quanto meno quello di favorire in qualche modo gli operatori del settore, facilitandone il compito nell’atto di vedere approvata la propria etichetta, senza timori che qualcuno possa abritrariamente esprimere interpretazioni di una norma poco chiara e di dubbia efficacia.

Visto che realizzare un centro operativo specifico è sempre una ipotesi complicata, nel frattempo c’è l’Icqrf, l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari.

Che ruolo può esercitare in tutto ciò? Intanto, per il bene del Paese, dovrebbe eliminare quell’RF, che sta per Repressione frodi. Oltre a essere inutile, è anche malaugurante, ma soprattutto è una precisazione inutile, un dettaglio superfluo. Se un Ispettorato tutela la qualità, è evidente che contrasti ogni possibile tentativo di frode, anche perché qualità e frode corrono su binari separati. Il fatto che si insista sull’aspetto rssivo, non giova certo alla buona immagine stessa del Paese. Se non vado errato, è stato l’ex ministro alle Politiche agricole Paolo De Castro a togliere anni fa, nel corso del suo incarico a capo del dicastero agricolo, quel terribile RF. Poi, gli altri ministri che gli sono succeduti, lo hanno reinserito, sbagliando, perché quell’RF non giova. Ci vuole un approccio positivo, orientato a servire le aziende, funzionando come un’azienda, facendo pagare il servizio di consulenza, seppure con quote non esagerate, comunque popolari.

L’Icqrf dovrebbe essere strutturato diversamente, diventando così uno strumento a servizio delle aziende, con una struttura più snella e moderna, più funzionale. Ci deve essere una intesa e un dialogo tra le aziende e l’Ispettorato, anche perché una visione moderna favorirebbe la cultura della qualità e, indirettamente, una tutela delle produzioni agroalimentari. Se le aziende hanno dubbi sull’etichettatura, l’Icqrf ha il dovere di sciogliere tali dubbi e di farlo in via ufficiale, non ufficiosa, in modo che l’etichetta che ha ricevuto l’approvazione non sia più soggetta a interpretazioni da parte degli organismi di controllo. Altrimenti questo Paese è destinato a regredire. Il progresso c’è se vi è un cambio di mentalità, se ci si innova. Ma lo Stato italiano, ancora oggi, non sa cosa siano le riforme, ed è ben lontano dall’attuarle.

L’immagine di apertura riprende una illustrazione di Angelo Ruta pubblicata in un volumento di Luigi Caricato, dal titolo Il racconto dell’olio, edita dall’Unione europea nel 2002.

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