Codice Oleario

Il ruolo degli enzimi

Siamo certi di conoscere per davvero l’olio extra vergine di oliva in tutte le sue dinamiche evolutive, da quando la sostanza grassa è ancora contenuta nel frutto a quando l’olio viene estratto? Sappiamo bene cosa succede nel momento in cui la drupa viene danneggiata e gli enzimi vengono a contatto con la compnente grassa? Qual è pertanto il ruolo degli enzimi sulla qualità degli oli e sulla loro conservazione?

Stefano Cerni

Il ruolo degli enzimi

C’è un volume pubblicato da Olio Officina, dal titolo Succo di olive. Guida ragionata alla conoscenza degli oli, dalla produzione al consumo consapevole, che costituisce un capisaldo per tutti coloro che vogliono approfondire una materia tanto complessa quanto ricca di continui spunti e stimoli per avviare sempre nuovi approfondimenti.
Si tratta di un manauela che è possibile avere cliccando QUI e di cui consigliamo la lettura. E’ un volume a cura di Luigi Caricato, Stefano Cerni, Lorenzo Cerretani e Giovanni Lercker.
Riportiamo di seguito un brano tratto dal capitolo 5, dal titolo La composizione del frutto, ed esattamente il paragrafo dal titolo “La presenza e il ruolo degli enzimi”.

Gli enzimi che ossidano le sostanze grasse sono caratteristici dei sistemi vegetali, anche di quelli che hanno piccole presenze di lipidi. Tra gli enzimi che interessano i lipidi vi sono le lipasi e le lipossidasi, di cui fanno parte le lipossigenasi, le perossidasi, e, per alcuni aspetti, le polifenolossidasi.

La drupa contiene micro-gocce di sostanza grassa nella polpa, racchiuse in vacuoli circondati da membrane che portano tali enzimi sulla parete esterna. Quando, per qualsiasi evento (ferita, ammaccatura, riscaldo, raggrinzimento, supermaturazione, frangitura) la drupa viene danneggiata, gli enzimi vengono a contatto con la sostanza grassa, che è il loro substrato d’azione. Si innescano così ossidazioni, perossidazioni e lipolisi, che proseguono in funzione del tempo e della temperatura nella fase di gramolazione della pasta (spesso prolungata per ottenere una buona resa in olio). La polifenolossidasi agisce sui polifenoli ossidandoli e facendo cambiare il colore alla pasta di olive, che raggiunge la colorazione viola-marrone caratteristica. Questa azione rallenta fino a fermarsi per effetto dell’inibizione delle polifenolossidasi da parte degli stessi prodotti di ossidazione dei polifenoli.

La presenza di lipossidasi provoca la formazione più o meno selettiva di idroperossidi, che poi sono demoliti dalle perossidasi e in parte trasformati, mediante una cascata di altri enzimi (soprattutto isomerasi), nei componenti relativamente volatili caratteristici dell’aroma dei buoni oli di oliva. Tuttavia, una parte degli idroperossidi andrà a distruggere un certo quantitativo di antiossidanti. Pertanto, fra perossidasi e polifenolossidasi, gli antiossidanti che sopravvivono possono non essere così tanti da sciogliersi nell’olio in quantità sufficiente alla sua stabilizzazione, a causa della competizione delle acque di vegetazione.

Inoltre, gli stessi enzimi contenuti nella mandorla all’interno del nocciolo sono molto più attivi di quelli della polpa, fino anche a 60 volte più attivi, rendendo ancor più problematica la situazione.
Una frangitura violenta come ad esempio quella di un frangitore a martelli, provoca un’ulteriore suddivisione delle goccioline d’olio con incremento delle relative superfici. Questo aumento della superficie di contatto olio-pasta porta a una più elevata esposizione all’azione enzimatica e provoca una maggiore rapidità di tutte le interazioni legate al contatto olio-pasta (formazione di aromi, ossidazione, idrolisi, dissoluzione di componenti minori).

Nella stessa direzione va il riscaldamento della gramola che porta più rapidamente a una migliore separazione dell’olio e a una resa più elevata, ma anche a una riduzione dell’intervallo di tempo ottimale per la produzione di un buon olio, con possibilità di conservare le proprie caratteristiche organolettiche.
In generale, nel corso della maturazione la percentuale di olio, rispetto alla sostanza secca,aumenta di pari passo con l’invaiatura, che è il cambiamento di colore da verde fino al marrone-nero delle drupe, mentre diminuisce l’acqua. Dopo tale stadio, l’aumento assoluto dell’olio si fa sempre più tenue, fino ad annullarsi.

Le attività enzimatiche, come anche le presenze dei polifenoli antiossidanti, tendono a diminuire con il procedere della maturazione del frutto. Questo comportamento porterà le olive a livello di super maturazione a generare oli poco sapidi, poco profumati, delicati e poco stabili alla conservazione. Inoltre, la super maturazione porta anche alla graduale depolimerizzazione delle strutture polisaccaridiche, quali quelle strutturali come le fibre, consentendo la rottura dei vacuoli con fuoriuscita di olio e contatto con gli enzimi all’esterno.
Ne consegue uno stato sempre più critico per la conservazione, verificandosi problemi di inacidimento per intervento delle lipasi e un irrancidimento per effetto delle lipossidasi, che si liberano dalle cellule ormai in fase di progressiva degradazione.

In conclusione, gli enzimi più importanti della drupa di olivo intervengono sostanzialmente sulla qualità degli oli e sulla loro conservazione, incidendo sulle caratteristiche sensoriali e sul patrimonio antiossidante.
Le singole cultivar di oliva, a parità di maturazione, possiedono differenze di composizione soprattutto dei componenti minori e hanno una distribuzione enzimatica sicuramente simile, ma con differente attività dei singoli enzimi, che comporterà un risultato sensoriale differente per l’olio che si otterrà in maniera proporzionata alle caratteristiche di composizione della drupa e delle attività enzimatiche.

La foto di apertura è di Luigi Caricato

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