La sensorialità degli oli oltre il panel test
Come si può gestire la situazione che si crea quando i risultati dei panel sono discordanti? L’analisi della professoressa Tullia Gallina Toschi, che sostiene come sia molto interessante che si parli di sensorialità e che non si parli soltanto della necessità di classificazione, di valutazione organolettica legata alla necessità di mettere l’olio in una qualche categoria. “Lo sforzo da fare in questo momento storico - ha detto - è quello della semplificazione: abbiamo acquisito tantissimi metodi ma dobbiamo trovare un modo di concretizzarli”
L’undicesima edizione di Olio Officina Festival è alle porte. Dal 10 al 12 febbraio 2022, presso il Palazzo delle Stelline, si vivranno tre giorni interamente dedicati al tema di quest’anno L’olio della bellezza.
Mentre aspettiamo di rivederci, finalmente in presenza, vi proponiamo l’intervento della professoressa Tullia Gallina Toschi – Determinazione dei componenti minori e valutazione sensoriale. Un connubio possibile? – avvenuto nell’ambito della tavola rotonda Componenti minori e shelf life. Come sono cambiati e come cambieranno gli strumenti e il linguaggio per raccontare il prodotto in occasione di Olio Officina Festival 2021 ci propone delle nuove visioni.
Determinazione dei componenti minori e valutazione sensoriale. Un connubio possibile?
L’olio extra vergine d’oliva è ricco di composti che attestano la sua qualità sensoriale.
La qualità sensoriale è uno dei tre pilastri fondanti la qualità dell’extra vergine, a questo si aggiungono elementi come la freschezza, la shelf life e il best before date.
Questi sono tutti elementi di distanza della qualità dell’olio dal tempo zero.
Anche l’extra vergine va testato dall’integrità delle olive di partenza.
La specificità tecnologica, quindi il fatto che sia un prodotto ottenuto solo per spremitura, per centrifugazione, per filtrazione, quindi non raffinato, è però una qualità che l’evo condivide con il vergine lampante.
Solo la sensorialità che esprime in un certo senso la misura di alcuni componenti che possono essere valutati dai nostri sensi ci dà quel termometro che, come esseri umani, possiamo utilizzare per misurarne la qualità.
È molto interessante che si parli di sensorialità e che non si parli soltanto della necessità di classificazione, di valutazione organolettica legata alla necessità di mettere l’olio in una qualche categoria.
Ma nella categoria dell’extra vergine è necessario che ci sia una definizione di lessico ma anche una riappropriazione della sensorialità.
Olio Officina ha lavorato moltissimo nella direzione di dare una dimensione patinata alle caratteristiche dell’olio, saperlo disegnare, saperlo raccontare, saperlo definire.
Da un lato non possiamo liberarci del panel test: abbiamo bisogno di una classificazione, di una valutazione, di un saggio che sia legato alle caratteristiche di percezione del prodotto, perché poi il prodotto lo dobbiamo apprezzare, raccontare.
Dall’altro lato sappiamo che la classificazione che i panel, o un panel, può dare del prodotto talora può essere non concorde con quella di un altro panel.
Diventa fondamentale avere altri elementi di prova, che non siano una valutazione di un secondo o un terzo panel, laddove ci sia una discordanza nella classificazione.
Ci possiamo soffermare su alcuni aspetti che potrebbero essere utili in un contesto di discussione, come l’aroma.
L’aroma è determinato direttamente dalla presenza di composti minori volatili, si tratta di una relazione causale.
Il fruitore del prodotto, spesso non sa che quando parla di gusto dell’olio, parla di olfatto, parla di composti volatili.
I composti volatili che percepiamo sono molti, ed esistono diversi metodi per determinarli: fino a 71 composti determinati con una curva di calibrazione.
Lo sforzo da fare in questo momento storico è quello della semplificazione: abbiamo acquisito tantissimi metodi ma dobbiamo trovare un modo di concretizzarli.
Risulta necessario avere una applicazione di metodi robusti e semplici, perché altrimenti in caso di una discordanza tra panel andremo a introdurre un altro metodo che introduce a sua volta un dubbio, perché potrebbe non essere stato applicato correttamente o non risulta facile da applicare.
Lo sforzo di Oleum è stato quello di cercare di mettere a punto due metodi: il primo che utilizza la massa, e quindi che identifica i composti, l’altro è un rivelatore che li brucia soltanto in uscita, quindi che li mette in evidenza, ed è il feed, e di determinare 18 composti per comprendere quali potrebbero essere i limiti e gli intervalli da introdurre in caso di mancato accordo nella classificazione da parte di due panel.
Se abbiamo un limite di un intervallo di specifici composti volatili che possono essere determinanti, possiamo dare ragione a un panel o all’altro.
Un altro aspetto è quello della familiarità.
Le caratteristiche sensoriali di un prodotto sono caratteristiche che un consumatore riconosce, che ha fatto sue, che sono parte dei suoi modelli di gradimento.
La differenza tra un prodotto che viene apprezzato per le sue caratteristiche, e un prodotto che viene riconosciuto come buono, è la differenza della visione tra una persona bella e il fatto, o meno, di esserne innamorati.
La capacità di stabilire che i canoni di quel prodotto corrispondono a dei canoni di bellezza, di bontà ci possono essere, ma da qui a volere e desiderare quel prodotto, c’è una grande differenza.
Ma si può in parte insegnare.
Sappiamo che non ci piacciono per tutta la vita le stesse cose, e sappiamo che esiste una tensione culturale verso una modifica dei propri gusti. I composti fenolici che non sono sopra all’olio ma all’interno, sono invece responsabili di aspetti gustativi o tattili del prodotto.
Questi sono in soluzione nell’olio, parzialmente sono capaci di trasferirsi in soluzione nella saliva, e quindi noi li sentiamo e li percepiamo, a seconda dei gusti come amaro e piccante.
Amaro e piccante sono caratteristiche sensoriali dell’olio e che dobbiamo riuscire ancora efficacemente a raccontare.
Si parlava di una comunicazione in etichetta delle caratteristiche salutistiche del prodotto, ma tutte le volte che noi proponiamo un modello di questo tipo, al di là del fatto che possa far piacere consumare un prodotto che fa bene, creiamo una spaccatura tra il piacere di consumare quel prodotto e la necessità di farlo.
Questo è uno dei motivi per cui moltissimi prodotti nutraceutici non funzionano.
Non funzionano perché quando ci apprestiamo a consumare un prodotto è perché abbiamo voglia di farlo. Se dobbiamo assumere un alimento proteico per lo sport, o degli integratori alimentari, lo facciamo, ma è un atto che ha una valenza diversa.
È fondamentale sapere raccontare l’amaro e il piccante, perché sono entrambe percezioni sensoriali che danno familiarità e quindi possono essere insegnate e possono essere legate a questi composti.
Talora, le caratteristiche di piccante e amaro vengono confuse con un olio “acido”. Questo non c’entra con la quantità di acido libero presente e determina una confusione ulteriore.
La maggior parte dei consumatori rifiuta oli che siano amari o piccanti, ma ne esiste una quota che li predilige.
Gli assaggiatori quasi sempre prediligono questi oli perché sono stati formati per apprezzarli.
Da un lato abbiamo gli aspetti sensoriali legati ai composti volatili, che sono in grado anche di misurare la shelf life, e servono per valutare gli attributi negativi in modo quantitativo, con un metodo diverso da quello sensoriale.
Dall’altro abbiamo la rilevanza dei componenti minori polifenolici, sia per la possibilità per le peculiarità salutistiche, sia per anche la capacità di conservare più a lungo il prodotto, e per le straordinarie proprietà.
Dobbiamo continuare e riuscire, attraverso una sintesi e un racconto sempre vivo, trasferire al consumatore queste conoscenze sul prodotto e i legami che ci sono con i componenti minori: quali sono e come imparare ad apprezzarli.
Tullia Gallina Toschi
Università di Bologna
La foto in apertura è di Olio Officina©
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