Codice Oleario

Nuovi scenari e nuove avversità per l’olivo in Liguria

Come stanno reagendo le coltivazioni in un contesto climatico così diverso da quello degli anni scorsi? La revoca del dimetoato ha causato una crepa profonda. L’impiego dei nuovi prodotti per la cura delle piante è davvero efficace? Si hanno a disposizione: al massimo 15 principi attivi, tra fungicidi e insetticidi. Con queste scarsissime molecole si deve gestire la situazione anomala in cui versa oggi l’olivicoltura. L’analisi dettagliata dell’agronomo Pasquale Restuccia

Olio Officina

Nuovi scenari e nuove avversità per l’olivo in Liguria

Dottore agronomo del Cipat, nonché responsabile del settore agronomico di FlorCoop, Pasquale Restuccia è intervenuto con una relazione nel corso del convegno “Il new green deal europeo ed il suo impatto sull’olivicoltura ligure”, organizzato da Cia-Agricoltori italiani e tenutosi lo scorso 6 novembre scorso a Imperia. Riportiamo quanto è emerso nel corso del suo prezioso e dettagliato intervento.

Pasquale Restuccia: “Cosa accade nella gestione

delle colture?”

“Nell’arco di vent’anni, a livello regionale, è aumentata la superficie olivicola. Questo è sicuramente un dato positivo e significa come, con il passare del tempo, ci sia stato un forterecupero di vecchi oliveti abbandonati”.

“In media, questa è la situazione dell’olivicoltura ligure:

  • gli oliveti hanno al massimo 350 piante in un ettaro;
  • una produzione media attorno ai 30 kili;
  • la resa in olio di 6 o 7 lt;
  • l’olio un prezzo di vendita medio di 10 euro al litro;
  • le olive da mensa hanno un prezzo di vendita 4 euro al kg;
  • la produzione complessiva è di circa 80 q.li di olive, pari a 12 q.li di olio.

Non sono dati molto alti, ma ciò che si ottiene fortunatamente è un’elevata qualità. Una grande fortuna di questo territorio è la possibilità di lavorare con una cultivar a duplice attitudine. Ma in un contesto territoriale come questo, dove è difficile meccanizzare e semplificare la produzione agronomica, si fa realmente tanta fatica per ottenere numeri di questo tipo. La duplice attitudine è stata la fortuna della Taggiasca, perché venendo a diminuire l’impiego di olio di altissima qualità, la trasformazione verso le olive da mensa è stata una valvola di sfogo molto importante che ci ha permesso di entrare in nuovi mercati e di far conoscere questa cultivar nel mondo molto di più”.

“Lo scenario che deve fronteggiare l’olivicoltura ligure è cambiato”:

“Questo nuovo contesto è collegato anche ai cambiamenti climatici. Le batteriosi non sono una novità, tenendo conto che la Taggiasca ha una suscettibilità superiore verso questo tipo di malattia.

I funghi sono in incremento. Nonostante l’Occhio di Pavone sia tipico della Taggiasca, a causa della crisi climatica è in notevole incremento, insieme alla Lebbra dell’olivo, scoperta di recente, che colpisce soprattutto i frutti. Ma il fronte più difficile è rappresentato dagli insetti. Purtroppo, ci focalizziamo sempre sulla Mosca dell’olivo, ritenendolo il parassita chiave, ma nell’elenco precedente vediamo che i danni provengono da più specie. La Margaronia causa problemi non diretti sul frutto ma sulla vegetazione, e la Piralide dell’olivo è responsabile di tutti i disseccamenti presenti: non ci sono più le piante rigogliose di una volta, e la scarsa attività vegetativa è legata fondamentalmente all’incremento di questo tipo di insetti. Con l’arrivo della cimice asiatica è stato completato il ciclo dei danni. Per quanto le Cocciniglie siano legate a una olivicoltura abbandonata, scarsamente nutrita, e quindi non possono essere considerati parassiti di primaria importanza, bisogna tenere anche loro in considerazione nell’analisi di questo quadro complesso”.

“Quando arriviamo a parlare di gestione della lotta il problema diventa molto serio”.

“Questo è ciò che oggi abbiamo a disposizione: massimo quindici principi attivi, tra fungicidi e insetticidi. Con queste scarsissime molecole dobbiamo gestire la situazione in cui versa l’olivicoltura del nostro territorio.

Nella parte sinistra è riportato ciò che è autorizzato in olivicoltura, e bisogna tenere conto che sono prodotti registrati solo per le olive da olio. Nessuno di questi accenna al suo impiego sulle olive da mensa perché, ad oggi, non ci sono prodotti registrati per olive che non siano da olio.

Siamo in un contesto europeo e quindi anche noi ci siamo avvicinati alla lotta biologica, per quello che è possibile. Ci sono state fornite delle soluzioni, e con l’impiego di alcune abbiamo ottenuto anche dei buoni risultati. Ad esempio, la trappola biologica per la Mosca dell’olivo funziona. Ma sulla parte fungicida siamo ancora molto scoperti. L’evoluzione è stata caratterizzata dal non impiego di agrofarmaci, ci siamo allontanati da quelli che sono sempre stati i principi classici e ci siamo avvicinati verso quelle sostanze che vengono proposte. Ciò che non abbiamo sono i dati scientifici statistici affidabili che determinano l’efficienza o meno di un prodotto: sul mercato esistono circa cinquanta tipi di caolino differenti con cinquanta prezzi, a loro volta, differenti. Lavorando da anni con formulati a base di caolino, possiamo dire abbiamo impiegato molto tempo per trovare un prodotto che rispondesse alle nostre esigenze e che desse dei risultati concreti”.

“Questo è un estratto della banca dati dei fitofarmaci, ed è evidente che il numero di prodotti che possiamo impiegare non sia molto ampio”.

“La revoca del dimetoato ha causato una crepa profonda con quello che era stato il modo di gestire le piante fino a quel momento”.

“Prima della revoca del dimetoato, gli effetti del clima non si erano ancora visti. Quindi, nonostante l’impossibilità di impiegare questo prodotto, è stata avviata una ricerca per trovare un sostituto a un insetticida che ha segnato l’olivicoltura e che ha sempre avuto dalla sua parte una residualità delle più basse in assoluto, nonostante si fosse fatta, nel corso degli anni, una campagna contro questa molecola.

Ciò che è avvenuto dopo la revoca del dimetoato, è stato l’ottenimento di prodotti con principi attivi capaci di agire solo su target specifici, a differenza del dimetoato che poteva essere impiegato in più contesti”.

“La situazione si inquadra nel suo complesso in quella che è l’annata olivicola che stiamo vivendo. Lo schema mostra in modo chiaro la realtà che ha invaso l’agricoltura ligure”:

“I campioni raccolti sono stati analizzati in laboratorio dall’Università di Pisa. Le cause non sono state trovate da un punto di vista biotico. Non sono, infatti, emersi problemi collegati a patogeni o parassiti: drupe, foglie e rami campionati hanno dato esito negativo.

Dopo un confronto a livello nazionale con tecnici che si occupano di olivicoltura, è emerso che c’è stato un grande problema nella fase di impollinazione di allegagione. L’Impollinazione e l’allegagione in una pianta sono fasi fisiologiche molto precise che vanno indagate. Ad oggi, non ci sono ricerche e pubblicazioni in merito a queste fasi nel settore dell’olivicoltura, ma d’ora in poi risulterà sempre più necessario soffermarsi su questi aspetti e ricavare quanti più dati possibili. In olivicoltura, ma anche nelle altre coltivazioni”.

Ci troviamo, quindi, una limitata disponibilità di principi attivi:

“Il cambiamento climatico non può non essere preso in considerazione perché lo sviluppo di un parassita o di un patogeno è legato alla temperatura.

La corretta gestione agronomica deve essere compresa tutto tondo. Molto spesso ci si si focalizza su un aspetto e perdiamo di vista il contesto produttivo generale, quando concimazione, raccolta e potatura sono tutti e tre elementi cardine di una gestione agronomica adeguata”.

Di seguito, i costi per la lotta preventiva ad oggi.

“Sono costi particolarmente elevati, e quasi tutti i prodotti sono destinati alla lotta contro la Mosca dell’olivo, tralasciando tutti gli altri insetti e parassiti”.

Questo è il piano che con FlorCoop Sanremo stiamo portando avanti

“Il progetto è al secondo anno di attività e siamo partiti per tempo perché, come si vede dalla tabella, abbiamo messo in strategia tutto quello che ad oggi è disponibile sul mercato per gestire a tutto tondo quelli che sono i parassiti e patogeni dell’olivo. I risultati sono incoraggianti e molto positivi, il prossimo anno li presenteremo durante un incontro specifico”.

“La nostra olivicoltura potrà avere un futuro se, come è già stato detto, sarà implementata un’attività di ricerca di base. Quest’ultima deve essere coordinata ed effettuata su precisa richiesta in modo che sia indirizzata su nuovi prodotti e nuove strategie, sullo studio di problematiche mai indagate prima e supportata da un’attività di sperimentazione in campo. Un ruolo chiave lo gioca il collegamento: se manca il trasferimento agli operatori del settore, la ricerca di base non è sufficiente”.

“La lotta al minor impatto ambientale, privilegiando metodi preventivi e di controllo, è una lotta che costa. Un co-finanziamento pubblico risulta fondamentale per sostenere questi costi, dal momento che viene richiesto di mantenere la stessa qualità del prodotto o anche qualcosa in più”.

“Data la forte cascola causata da un possibile problema durante l’impollinazione e l’allegagione, è necessario che indaghiamo da una parte su quello che è stato il problema fisiologico, ma soprattutto dobbiamo studiare a come si può aumentare in questo contesto così difficile la produzione, traendo informazioni dagli studi di fisiologia e dagli studi di applicazione dei prodotti”.

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Foto in apertura di Olio Officina©

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