Codice Oleario

Olio di sansa artigianale

Se il presidente del Consorzio dei frantoi artigiani Stefano Caroli lo commercializza, allora tutto è permesso. Chi l’ha detto infatti che gli oli di sansa di oliva non possano avere un proprio mercato? Tutto risponde a una logica. L’esempio dell’estero è eloquente. In alcuni Paesi tutto ha inizio con gli oli da olive di qualità inferiore, per poi passare all’affermazione dell’olio extra vergine di oliva. Si va per gradi

Luigi Caricato

Olio di sansa artigianale

Io ho sempre stimato un imprenditore capace e serio come Stefano Caroli, pugliese di Martina Franca. L’unica perplessità che ho è nel suo insistere con gli oli artigianali. A me sembra un’operazione risibile, giacché tutti gli oli ricavati dalle olive sono prodotti da agricoltori che coltivano gli olivi. Gli agricoltori raccolgono le olive e le portano in frantoio per ottenerne l’olio. Nel frantoio si ricava poi di tutto, anche la sansa, oltre all’olio vergine (vergine lampante, vergine, extra vergine) di oliva e all’acqua di vegetazione. Nulla è da buttare, giacché anche l’acqua risponde a una sua logica. Tutti i sottoprodotti della lavorazione ci danno qualcosa di utile, portano in sé elementi preziosi che procurano ulteriore reddito. Questo Stefano Caroli lo sa, perché è bravo, conosce il suo mestiere, lo fa bene e deve provare un grande orgoglio nello svolgere un mestiere antico di almeno sei milenni. Solo che Caroli ora si trova imbrigliato in un errore di prospettiva da cui non riesce più a uscirne, prigioniero com’è di un grosso equivoco, incapace di liberarsi dai pregiudizi in cui è incappato.

Il messaggio che oggi alcuni vogliono far passare è che ci siano oli innominabili. Qui non si fa riferimento a frodi o sofisticazioni, ma resta intanto la qualifica di innominabile per gli oli che non siano oli extra vergini di oliva. Eppure tutti noi abbiamo studiato. Si spera, almeno. Dovremmo ormai sapere che la classificazione merceologica degli oli da olive comprende, nella vendita al dettaglio destinata al consumatore, ben quattro categorie. In ordine crescente di qualità abbiamo l’olio di sansa di oliva, l’olio di oliva, l’olio di oliva vergine, l’olio extra vergine di oliva.

Nessuno può pensare di confondere le diverse espressioni degli oli derivanti dall’oliva. Per lo meno, non gli addetti ai lavori. Ciascuna categoria merceologica rientra infatti nelle proprie caratteristiche di riferimento. Quelle nelle quali tutti gli oli da olive vi rientrano di diritto. Nessuno si inventa qualcosa. Tutto è stato sapientemente scritto e codificato. Per questo, quando ho riversato alcune mie foto giorni fa, trasferendole dal cellulare al computer, con mia grande sorpresa ho notato l’immagine che compare in apertura.

Come potete ben notare risulta ben visibile una bottiglia di olio extra vergine di oliva, fiore all’occhiello dell’Italia olearia, con, al suo fianco, un’altra bottiglia, ma questa volta riportante in etichetta la denominazione di olio di sansa di oliva. Entrambe le bottiglie recano il marchio Antica Masseria Caroli. La foto è stata scattata da me a San Pietroburgo, nel giugno 2012. Nulla di strano, anzi: approvo tale scelta commerciale. Mi chiedo solo come mai si facciano tante inutili storie in patria, quando è evidente a tutti che vi siano quattro categorie merceologiche e tutte hanno dignità, pur nella notevole differenza qualitativa.

Dal 2012 a oggi non è passato un secolo. Non so, francamente, se nel frattempo sia stata dismessa la bottiglia di olio di sansa di oliva a firma Antica Masseria Caroli. Poco importa, ciò che qui è bene evidenziare, è la serena e pacifica coabitazione delle due diverse tipologie di oli, entrambe le bottiglie a marchio della medesima azienda: Antica Masseria Caroli, appunto. E’ una foto che testimonia la saggezza di un imprenditore che non rinuncia al buon senso e che comprende appieno il senso profondo dello stare sul mercato.

La coabitazione sul medesimo scaffale di un grande negozio, l’equivalente di un supermercato, ci fa capire che attraverso tale vendita si accetta di assegnare di fatto la giusta dignità di prodotto, con la relativa onorabilità, nei confronti di tutte, ma proprio tutte, le categorie merceologiche degli oli da olive, nessuna esclusa. Perché allora si fanno tante storie? Lo ha fatto un imprenditore che si definisce artigiano, di conseguenza che differenza esiste tra artigiano e non artigiano? Vorrei una risposta di natura logica.

Attraerso questa foto simbolo, noi oggi assegniamo a ciascuna categoria merceologica la giusta importanza, proprio in relazione alla rispettiva qualità di riferimento. Il concetto è molto chiaro: l’olio di sansa di oliva non è nemmeno lontanamente paragonabile a un olio extra vergine di oliva. Sarebbe da stupidi pensare a un simile accostamento. Si tratta di due prodotti distinti, ma, se mi permettete il termine, “consanguinei”.

Ecco allora il mio stupore nell’assistere a qualcosa che oggettivamente è difficile da comprendere. Ripeto il concetto: da una parte un paladino dell’olio extra vergine di oliva artigianale, e, nel medesimo tempo, abbiamo la stessa persona, ovvero il medesimo paladino dell’artigianalità degli oli, che pone in vendita anche l’olio di sansa di oliva.

Che non ci siano dubbi: approvo tale scelta, è la più intelligente che un bravo imprenditore possa fare, là dove esistono mercati, non ancora maturi, che richiedano tale tipologia di prodotto. Mi chiedo soltanto se Caroli, il presidente del Confadi, il Consorzio dei frantoi artigiani, sia caduto in contraddizione oppure no. Mi chiedo di conseguenza se sia il caso di insistere nel giocare a imporre all’attenzione generale gli oli artiginali ad ogni costo o se sia solo tutta una montatura. La domanda non è da sottovalutare. La questione ha in sè delle ragioni ontologiche da cui non si può prescindere.

Ciò che mi preme evidenziare – qui, ora – è che, nel panorama attuale, non sia possibile continuare a introdurre concetti vacui come olio “artigianale” laddove esiste un mercato che ha regole ben chiare ed evidenti a tutti. Le categorie merceologiche sono quelle fissate dal legislatore. Punto. Nessuno può pensare di gettare discredito su categorie che – per carità – possono benissimo non essere accettate e accolte, ma, se esistono, esistono perché hanno una loro logica, soprattutto in un mercato che guarda all’universo mondo, non al proprio hortus conclusus. L’Italia è l’Italia, tant’è che le quote di olio di sansa di oliva sono microscopiche – ma il resto del mondo è diverso, deve essere ancora alfabetizzato, poi capiranno la qualità, e ciascuno si orienterà verso l’olio da olive che riterrà più opportuno. Non vi pare?

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