“Calamari e patate tagliati a fettine, disposti a strati in una teglia con un pizzico d’aglio, prezzemolo, sale e pepe, una spruzzata di vino bianco, un filo di pregiato olio d’oliva e succo di limone, il tutto servito caldo dopo un’ora di cottura in forno? Gli immigrati greci portarono con sé questa ricetta oltre duecento anni fa, quando vennero a cercare fortuna a Trieste e vi si stabilirono”.
E’ l’incipit con cui ha inizio il libro di Veit Heinichen e Ami Scabar, Trieste. La città dei venti, edizioni e/o. Il virgolettato è di Heinichen, ma all’interno del volume le ricette, tutte le ricette, sono della Scabar.
Ho letto il libro con gran gusto, mi era stato donato dai produttori aderenti al Consorzio di tutela della Dop Tergeste, lo scorso marzo in occasione di Olio Capitale. Ho anche provato alcune delle ricette: è proprio vero, come dice Heinichen, la cucina triestina è l’espressione di più anime.
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