Olivo Matto

Calabria sott’olio, quella che non vorrei

Luigi Caricato

Calabria sott’olio, quella che non vorrei

Quest’oggi è stata un’intensa giornata di assaggi. Bella e faticosa, con tante pause riflessive. Ma anche con alcuni momenti di amarezza, soprattutto quando ho appurato la scarsa qualità di un campione d’olio calabrese – davvero pessimo – distribuito nel corso di un evento in pompa magna al Vinitaly-Sol di quest’anno. L’amarezza deriva in particolare dal fatto che la bottiglia riportava in etichetta la seguente dicitura: “Programma di promozione dell’olio calabrese di alta qualità” Ma come!?

Com’è possibile che si investa tanto denaro pubblico (attingendo ai finanziamenti delle risorse Feasr-Psr) per poi arrivare a presentare un extra vergine difettato?

D’accordo, può capitare che un anno non si ottenga un prodotto di qualità, ma presentarlo pubblicamente fallendo proprio sull’aspetto della qualità mi sembra inverosimile, eppure ciò è accaduto. E’ terribile.

Non basta dunque dichiararla in etichetta la qualità, è necessario che questa ci sia realmente. Altrimenti non hanno senso tutti questi eventi promozionali. Si ritorceranno piuttosto contro, e per di più con la grave responsabilità di sprecare notevoli risorse pubbliche che potrebbero essere invece destinate altrove.

Fate attenzione, dunque. Non fermatevi all’etichetta. Queste possono dichiarare di tutto, ma ciò ch’è presente in bottiglia va valutato servendosi in maniera consapevole dei propri sensi.

Un mio consiglio: frequentate corsi di analisi sensoriale. Avere la capacità di riconoscere la qualità è un’acquisizione molto importante, soprattutto per chi utilizza l’olio per fini professionali.

Ci sono diverse scuole di assaggio in Italia. Ne cito solo alcune, le principali e le più attive su tutto il territorio.

L’Onaoo a Imperia, in Liguria, fondata nel 1983.

L’Olea a Pesaro, nelle Marche, fondata nel 1995.

L’Umao a Roma, fondata nel 1995.

E al Sud? Già, al Sud?

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