Olivo Matto

Ciascuno si assuma la responsabilità dei propri pensieri in materia di olio

Luigi Caricato

Ciascuno si assuma la responsabilità dei propri pensieri in materia di olio

Cosa succederà a distanza di anni dall’introduzione della cosiddetta legge “Salva olio italiano”? E’ una bella questione, perché oggi prendere una posizione al riguardo è facile, giacché non conosciamo ancora gli sviluppi e le dinamiche future, ma fra dieci anni e più tutto sarà diverso, poiché giungerà tempo di valutare impietosamente le parole con le quali oggi, in queste settimane, ci siamo espressi. Io sono pronto ad assumermi la piena responsabilità verso tutto di ciò che ho scritto e detto. Sono fortemente critico nei confronti di una legge “fatta con i piedi”, imposta senza sentire la base, ma soprattutto ignorando i pareri di figure autorevoli che non siano i soliti noti dell’accoppiata Coldiretti-Unaprol. Così, adesso, in questa fase storica di transizione, Coldiretti è già sicura del successo della legge, al punto da cantar vittoria per gli alti prezzi attualmente conseguiti sui mercati, attribuendoli in via esclusiva all’introduzione della legge Mongiello, non a ragioni contingenti, ovvero alla forte e drastica riduzione della produzione olearia spagnola. Vedremo, sono proprio curioso di giudicare a distanza. Come ho avuto modo di rilasciare in una mia dichiarazione resa a “Largo Consumo”, nel numero di gennaio 2013, “il vero male del comparto oleario è l’assenza di strategie commerciali”. Le leggi – tanto per intenderci – servono a poco, in assenza di pianificazioni. Staremo a vedere.

Nell’immagine riportata sotto al titolo di questo post odierno trovate la versione pubblicata sulla nota rivista di economia e marketing sulla filiera dei beni di consumo. Di seguito riporto invece l’intervista integrale che ho trasmesso per email al giornalista Fabio Massi di “Largo Consumo”

Fabio Massi: Lo scorso anno la quantità di olio d’oliva straniero immesso sul nostro mercato ha fatto segnare il record storico e, secondo la Coldiretti, quattro bottiglie di extravergine su cinque commercializzate nel nostro Paese contengono miscele di diversa origine, per le quali è praticamente illeggibile la provenienza delle olive impiegate. I nostri marchi storici del comparto oleario possono svolgere un ruolo di garanti del Made in Italy? E in che modo?

Luigi Caricato: In verità il comparto oleario italiano è sempre stato deficitario e ha dovuto sempre attingere a produzioni estere. Infatti non a caso consumiamo tanto ed esportiamo tanto. E’ sempre stato così. Mancando l’olio, è necessario attingere da fuori. Il record storico che Coldiretti denuncia è intempestivo e inopportuno. Siamo purtroppo un Paese che ha sempre dichiarato numeri falsi. Proprio così: numeri non corripondenti al vero, e c’è di più: le stesse istituzioni ne sono consapevoli e addirittura complici. I dati produttivi interni sono stati per decenni ingigantiti pur di ottenere cospicue somme di finanziamenti europei che non hanno portato ricchezza perché sono state il frutto di continue depredazioni di risorse sottratte di fatto alla vera agricoltura.

Io scrivo su varie testate e per il mio lavoro firmo anche rencesioni di olio. E’ recente una mia inchiesta sugli oli nella Gdo per “La Cucina Italiana”. Sostenere l’illegibilità della provenienza è falso. Diciamo pure che non tutte le aziende mettono l’origine in grande evidenza, questo sì, ma sbagliano. Se io fossi un’azienda di marca il mio coraggio e la mia onestà mi imporrebbero di mettere addirittura in grande evidenza la provenienza comunitaria o extra comunitaria: sarebbe un arricchimento per il consumatore, proporre un olio spagnolo misto a italiano e greco, o uno spagnolo puro. Ci vuole più coraggio. Da una parte abbiamo Coldiretti che per nascondere le proprie responsabilità sul declino dell’olivicoltura italiana punta il dito contro le aziende di marca; dall’altra abbiamo le aziende di marca che, di fatto senza potere, non essendo una lobby, al contrario di Coldiretti, hanno timore che il consumatore non li premi sullo scaffale. Non è così. Il consumatore non cerca l’origine, ma prima di tutto il prezzo, e solo in seguito la qualità secondo i propri gusti personali. I nostri marchi storici, i più noti, stanno scomparendo, anzi sono scomparsi, non sono più italiani. Restano in pista poche famiglie che puntualmente anziché essere favorite dalla lobby coldirettiana, vengono ostacolate nella loro attività commerciale con comunicazioni distorte e dissennate.

Fabio Massi: La recente conversione in legge del decreto 83/2012 che, tra l’altro, fissa a 30 mg/kg il contenuto massimo consentito di alchil esteri in un olio extravergine d’oliva italiano rappresenta, a suo avviso, uno strumento efficace per prevenire le frodi nel vostro settore? Quali altre misure ritiene sia utile introdurre?

Luigi Caricato: E’ un atto di barbarie, tale decreto. Segna l’assenza della democrazia nella “cosa” agricola, ed evidenzio la parola “cosa” con le allusioni che ben si possono immaginare. La stesura del testo è avvenuta senza sentire la base, senza ascoltare le ragioni di chi produce. E’ avvenuto tutto per un atto di imperio e presto da Bruxelles stopperanno a ragion veduta un testo di legge che si presenta con incongruità che stanno mettendo in crisi perfino gli stessi organismi di controllo che non sanno come muoversi. Siamo il Paese di Pulcinella, non dimentichiamolo. Il metodo degli alchilesteri è un metodo per valorizzare la qualità, non per combattere le frodi o per salvaguardare l’origine. Io come oleologo sono tranquillo, come consumatore altrettanto. Volano soltanto paroloni inutili ma pericolosi. Sono dovuto andare in Cina per difendere l’onorabilità dell’olio italiano messo in ridicolo da comunicazioni fantasiose. L’Efsa trasmette ogni settimana le allerte alimentari. C’è da chiederrsi come mai non si legga mai la voce oli da olive nonostante si parli sempre in termini scandalistici di tale prodotto. Siamo – l’ho già deto – un Paese di Pulcinella, e lo dico con l’amarezza nel cuore. C’è da riflettere sul fatto che il professor Lanfranco Conte, che è tra coloro che ha di fatto studiato e introdotto il metodo degli alchilesteri, abbia subito atti di arroganza, avendogli impedito di presenziare a un seminario di studi. Io stesso subito le stesse violenze, impedendomi di parlare in pubblico sul tema e nel medesimo tempo di lavorare. Anche su questo c’è da riflettere. Questa è l’Italia, un Paese in declino perché si fanno battaglie assurde e inconcludenti. Il vero male del comparto oleario è l’assenza di strategie commerciali, ma anche agricole, che ha caratterizzato il Paese da almeno 40 anni a questa parte. Le aziende di marca di proprietà italiana compiono oggi miracoli quotidiani per stare in piedi sul mercato, cercando da una parte di schivare il fango che si produce ogni giorno e, dall’altra, di restituire faticosamente valore a un olio extra vergine che – a parte gli atteggiamenti virtuosi di alcune, poche, aziende di marca – non ha di fatto più alcun valore, visto che si vende solo in promozione continua – per insensatezza delle catene distribuitive. Il risultato? Si movimentano solo bottiglie, ma con margini di guadagno quasi vicini allo zero. E’ come vivere in un teatro dell’assurdo.

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