Olivo Matto

Gli uomini pesce, la nuova generazione degli assaggiatori prodigio

Luigi Caricato

Gli uomini pesce, la nuova generazione degli assaggiatori prodigio

Li definisco così: uomini-pesce. Uomini-pesce perché hanno l’olfatto ultra sensibile. Io ne ho individuati diversi, nel corso degli ultimi anni, ma due in particolare hanno suscitato in me un sentimento di tenerezza misto a invidia. Non è in fondo una capacità comune possedere un talento olfattivo ineguagliabile. Alle volte anche coloro che hanno un solido vissuto di assaggiatori debbono ammettere i propri limiti. I due “nasi” che vi segnalo rappresentano la nuova generazione di assaggiatori, ma è meglio non imitarli, può diventare una scelta insidiosa. Credetemi, è inutile insistere: talenti si nasce, non si diventa. Neanche ad allenarsi giorno e notte, perché di figure simili se ne trovano solo una su un milione di persone. Che dico? Forse una su un miliardo. I nomi? In Italia ne abbiamo di grandi talenti. Ve ne segnalo due: Fausto Borella e Marco Antonucci. Perciò, prendete pure lezione da loro, ma, attenzione: c’è poco da imparare, se non si è talenti nati. I loro nasi sono nasi speciali, non potete competere con loro, pur con tutta la buona volontà. Date loro un olio e subito ne tracciano l’identikit più completo ed esaustivo che si possa immaginare. Non sono uomini normali, hanno una dote straordinaria e ineguagliabile. Sfoderano una capacità inventiva, nelle loro descrizioni degli oli degustati, davvero unica e inimitabile. Non so come facciano, però ci riescono. Il fatto è che dimostrano una capacità fuori dal comune, che permette loro di percepire note sensoriali che un semplice assaggiatore, pur professionista con decenni e decenni di esperienza, nemmeno può riuscire a immaginare in un olio.

Gli uomini-pesce, come li definisco io, sono forse assaggiatori visionari. Vedono oltre la realtà, e in qualche modo la superano anche. Sono uomini-pesce, appunto; e non me ne vogliano i due se il paragone può apparire poco nobile. Voi comuni mortali, con un naso limitato, dovete sapere che i pesci hanno sensi così sviluppati che riescono a fiutare non soltanto attraverso il naso, ma addirittura con il proprio epidermide. Prendete il caso dei salmoni: riescono a ritornare nel luogo esatto in cui sono nati, a distanza di centinaia di chilometri, seguendo le tracce olfattive.

Capite il paragone con i pesci? Ci sta tutto, senza offesa per nessuno. Ad averceli, però, dei sensi così sviluppati. Non è da tutti.

Marco Antonucci su un sito internet di recente ha descritto un olio come pochi altri al mondo. Leggo infatti su Teatro Naturale la sua recensione di un olio spagnolo che tra l’altro ho avuto modo di degustare anch’io. Non è da tutti. Antonucci ha un animo poetico, per questo arriva a definire l’olio “forte come un toro”. D’altra parte, essendo un fruttato intenso, non potrebbe essere diversamente.

Mi fermo qui. Vi lascio alle parole dello stesso Antonucci: l’olio si presenta al naso con

“un fruttato verde, veramente verde, intenso, che ci trasporta immediatamente in un vortice di erba appena tagliata, ricca di trifoglio ed erbe aromatiche. Non appena il vortice diminuisce affiorano decisi i profumi estivi dell’orto battuto dal sole. E poi ancora foglia, erba, orto… Non sembra finire mai. In bocca l’amaro è importante e ricorda la rucola molto fresca; il piccante, poco più intenso, offre un perfetto contrappunto che ricorda le sensazioni nasali, lasciando alla fine la bocca stupita ma pulita. Annuso nuovamente il bicchiere e ritrovo ancora erba, orto…”

Appena ho letto il profilo sensoriale dell’olio, sono rimasto senza parole. Se Antonucci al termine della degustazione si è ritrovato con la bocca stupita ma pulita, il mio cervello invece è andato in tilt. Come si fa a resistere, senza reagire, dopo aver letto di un extra vergine con i profumi estivi dell’orto battuto dal sole. Il mio dramma è: ma come sarebbe l’olio se quei profumi d’orto non sono estivi come dichiarato ma autunnali, e magari nemmeno battuti dal sole?

Sono domande che ti segnano, che ti mettono in crisi. E se uno sentisse l’odore della marijuana? Che si fa? Si chiama la polizia?

Il primo dei nasi prodigiosi ci ha emozionato. L’altro rappresentante di punta, Fausto Borrella, non è da meno. Non è un semplice assaggiatore tra i tanti, infatti si proclama giustamente Maestrod’Olio. Proprio così: con la lettera “o” unita alla lettera “d”, e guai a tenerle separate. Perderebbe altrimenti in fascino la magia evocativa che lo contraddistingue.

Leggo sempre su Teatro Naturale la recensione di Borella e scopro che non si tratta di un generico olio, come ve ne sono tanti in giro, ma di “un infuso di benessere e vitalità”, un olio talmente differente da altri in circolazione da vantare “caratteristiche nutraceutiche”. E’ un extra vergine che esibisce i muscoli. Borella credo l’abbia scrutato nel profondo dell’essere e l’olio si è rivelato per quello che possiede: “900 mg di polifenoli per kg”. Bene, questo sì che è un vantaggio per il consumatore. Infatti l’olio è giustamente paragonato a un possente “scudo per i radicali liberi”. Avete presente Mastro Lindo? Ci siamo vicini. E l’olio com’è? La poesia in questo caso, al di là del “ventaglio aromatico” che “presenta riconoscimenti di finocchio, cicoria, rucola e salvia” è tale da suscitare in noi emozioni così profonde da sprofondare nella eterna beatitudine.

Certo, un po’ delude Borella, rispetto alla scilotezza espressiva di Antonucci. Manca in lui la “bocca stupita ma pulita”, e non ci sono nemmeno i “profumi estivi dell’orto battuto dal sole”. Però è sufficiente prendere la guida Terred’Olio, di cui è autore ispirato, per assegnargli ogni onore e merito. Anche in questo caso – attenzione! – le lettere devono fare all’amore tra loro, ma non più la “o” con la lettera “d”. Questa volta entra in gioco la “e”, buon per lei.

Il volume, Terred’olio, è un’opera egregia: è una guida fruttivendola. Vi si trova di tutto, tranne che la passione per le pere (fa capolino solo la williams, si da’ poco risalto alle altre varietà), con le mele c’è l’imbarazzo delle scelta: Fuji, Golden, Granny Smith, Annurca, Delicious. Questo entrare nel particolare fa tanta tenerezza. E’ un segno incontrovertibile dell’amore di Fausto Borella per l’olio.

A emozionare più di altri, sono in particolare gli oli con i “riconoscimenti terragni”. Ho sempre aspirato agli extra vergini che rimandino al gusto terragno, e voi?

Le emozioni mi fanno poi addirittura levitare (fino a sembrare un san Giuseppe da Copertino, quasi) quando leggo i “sentori di humus e terra bagnata” nella descrizione di alcuni oli. Voi, miei cari, non potete nemmeno lontanamente immaginare cosa abbia provato quando mi sono imbattuto in un olio con i “riconoscimenti che vanno dalla ninfea acquatica alla cicoria al bergamotto”. Sì, proprio così, e, ve lo giuro, io l’olio in questione l’ho degustato e apprezzato anche recentemente, ma senza scorgervi nulla di quanto ha descritto dal Maestrod’olio Borella. Credetemi sulla parola: sono rimasto a bocca aperta, muto, senza parole. E mi chiedo: il produttore di San Dorligo della Valle, molto bravo, simpatico, serio, perché mi ha tenuto nascosto l’olio che richiama la ninfea acquatica? In tutte le degustazioni che da anni ho fatto degli oli di questa azienda giuliana, al confine con la Slovenia, non vi ho mai scorto i profili sensoriali così unici e speciali tanto decantati da Borella.

Vedete? Io non sono un uomo-pesce, e non potrei mai diventarlo, perché il talento o ce l’hai o non ce l’hai. A poco serve applicarsi e studiare, allenarsi di continuo. Se non sei uomo-pesce, le note introvabili di un olio non le trovi mai e poi mai.

Credetemi: non sono felice, e infatti provo un grande disagio di fronte a simili talenti. E non è solo il naso a non essere così ipersensibile in personaggi di così grande talento. Il guaio è che nemmeno la mia vista è più in grado di scrutare i colori. Io non ho potuto mai scrivere di un olio che è “verde foresta”. Cosa debbo fare? Una invocazione a Dio può funzionare?

PREGHIERA. Oh, Dio, ti prego, fammi diventare presto uomo-pesce, capace di sentire tutti, ma proprio tutti, gli odori. Anche quelli che non ci sono. Che tu sia sempre lodato e benedetto, mio Signore. E scusami, se mi prendo tanta confidenza, dandoti perfino del tu.

(Nella foto un’opera di Lago, esposta alla mostra “Ri-generazioni”, a Villa Brilla, Massarosa, Lucca)

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