Olivo Matto

L’olio italiano in mano alla mafia

Luigi Caricato

Lo abbiamo gridato con tutta la voce che avevamo in gola, e ora stiamo raccogliendo i frutti del nostro procurato allarme. Siamo pezzi unici, impareggiabili, e resteremo nella memoria storica per essere i più cretini al mondo, capaci di farci del male con le nostre proprie mani.

Il servizio della rete televisiva americana Cbs, andato in onda lo scorso 3 gennaio, in una trasmissione, “60 Minutes”, peraltro seguitissima, non fa che gettare discredito sul nostro Paese, ma non possiamo lamentarci, visto che siamo stati in fondo noi gli artefici. Tutto nasce con la nostra complicità, oltre che con il prezioso apporto di alcuni soggetti perfino istituzionali, che si prestano al gioco, facendo le comparse.

Tutto ha avuto inizio con una nota organizzazione di categoria. E’ perfino inutile citarla, anche perché è l’unica realtà che viene continuamente citata, ovunque. Non esistono altri soggetti in Italia, se non questa organizzazione, la quale, a corto di idee, non avendo argomenti solidi, idee o progetti che siano realmente tali, evoca a ogni pie’ sospinto tutte le paure insite nell’animo umano, e così, per affrontare la quotidianità e risolvere qualsiasi problema che si presenti all’orizzonte, la parola magica è mafia. Tanto è stato detto e scritto che poi alla fine all’estero ci credono, o comunque colgono la palla al balzo e ne approfittano.

Se c’è un problema strutturale legato al nostro tessuto agricolo, se ci sono stati errori (tanti) commessi in passato, e di cui oggi si pagano le conseguenze sul mercato, nell’assenza di idee e di propositi, non si fa altro che trovare la parola magica: agromafia.

Visto che l’Italia arretra, sprofondata da una crisi più di idee che di economia, si sta giocando la carta del brand “mafia” perché sembra essere l’unica che ci deresponsabilizzi, prospettando così un immaginario nemico che fnga da capro espiatorio. Non che la mafia non esista, per carità, ma attribuire il controllo della realtà alla mafia alla fine si ritorce contro di noi. Si ha l’effetto boomerang.

Quante volte la nota organizzazione di categoria ha diffuso comunicati stampa in cui annunciava che oltre il 50 per cento degli extra vergini in commercio non erano tali ma finti extra vergini? Alla fine si tendeva a esagerare, pur di essere eclatanti e suscitare clamore, al punto che si è arrivati progressivamente a dover incrementare tale quota di finti extra vergini, pur di far risultare una anomalia del sistema; e così, eccoci accontentati, con il servizio mandato in onda negli Stati Uniti. Da non crederci. Eppure è così. Non passa settimana che non si sferri un attacco, ben congegnanto, alla onorabilità del comparto oleario italiano. Tutto il marcio è da noi, siamo noi la mafia.

Quando in più occasioni ho avvertito i miei lettori che qualcosa non andava, nessuno ci faceva caso. Si ha sempre voglia di puntare il dito contro qualcuno, per alleggerire la propria coscienza. Quando dicevo, e scrivevo, che le pubbliche istituzioni non erano (e non sono tuttora) all’altezza del proprio ruolo, alla fine i risultati si vedono, sono tangibili; e non c’è da stupirsi se uno degli intervistati del servizio televisivo della Cbs, che è poi un ufficiale dei Carabinieri, non l’uomo della strada, si diletti nel raccontare di sofisticazioni ormai vetuste, oggi improponibili, e semmai poste in essere solo da qualche sfigato che con il porta a porta va spacciando oli di semi colorato con clorofilla, una sofisticazione tra l’altro facilmente riscontrabile, ecco: mi sembra davvero tutto così grottesco. Eppure il carabiniere rincara la dose: se vendi un finto extra vergine che invece è un olio di semi colorato a una persona allergica all’olio di semi, stai vendendo una bomba.

La nota divertente, in tutta questa farsa denigratoria, è che dietro a questi clamori dei media, c’è sempre la presenza di Tom Mueller, il quale è proprio denunciando queste vicende oscure che ha guadagnato consensi a non finire, anche con il supporto delle stesse istituzioni, le quali lo hanno portato in palmo di mano fin dentro la sede del Senato della Repubblica italiana, giustificando, e dunque rafforzando, la tesi della nota organizzazione di categoria che sta all’origine di tutto, ovvero la stessa fonte che ha sempre sostenuto in maniera esplicita che il comparto oleario italiano sia intimamente e profondamente inquinato, e poco importa se Mueller diventa un implacabile Savonarola, nel sostenere che la mafia controlli i prezzi dell’olio dalla produzione fino alla tavola, senza manco escludere in tale coinvolgimento gli stessi supermercati, dove vi sarebbero a suo dire infiltrati della malavita organizzata.

Ora, se questa è l’immagine dell’Italia nella quale molti pensano in qualche modo di riconoscersi e ritrovarsi, non sono certo io a farli desistere. Se questa è l’immagine vera e sostanziale dell’Italia, così come è stata descritta dal servizio della Cbs, allora è bene che ne vadano tutti fieri, ma non certo io, perché mi tiro fuori, da tutto questo fango, in cui le stesse istituzioni sembrano sguazzarci dentro, con grande disinvoltura e un intimo sentimento di piacere.

Così, in questa logica, si può scegliere tra due opzioni. La prima opzione: credere senza alcuna esitazione a quanto è stato affermato nel corso del servizio televisivo della nota emittente americana, ovvero che l’80% degli oli venduti negli Stati Uniti non siano di fatto extra vergini, nonostante tale dicitura merceologica compaia in etichetta. La seconda opzione: non crederci affatto, indignarsi e non restare per nulla zitti, ma protestare, protestare vibrantemente, facendo valere le proprie ragioni e pretendendo le pubbliche scuse – ma questo con ogni certezza non accadrà mai, soprattutto quando si scopre, guardando il servizio televisivo, che il carabiniere intervistato dal giornalista della Cbs (il quale, è bene ribadirlo, non è l’uomo della strada, ma, appunto, un rappresentante delle istituzioni) sostiene come, in fondo, anche il vino sia adulterato, non soltanto l’olio, giacché si ricorre a vino dal basso costo per mescolarlo con vino di alta qualità.

Io non lo so, se ci meritiamo questo. D’altronde, se la gran parte dell’olio prodotto in Italia proviene per oltre l’80% dal sud del paese, è stato per certi versi inevitabile per i giornalisti della Cbs associare il loro servizio a scene ambientate in Sicilia.

Se questa è l’immagine vera dell’Italia, non ci resta che stare zitti e accettare una lezione di alto giornalismo. Se il servizio è invece fondato sul nulla, basato sul sentito dire, allora la denigrazione dell’Italia è solo un esempio di giornalismo spazzatura, e non resta altro che chiedersi di chi siano le responsabilità, individuando chi abbia dato in pasto al mondo tante false storie incentrate su frodi e sosfisticazioni.

Qualcuno, di fatto, per tanto tempo, troppo, ha così tanto evocato la mafia, da aver fatto credere all’universo mondo che l’olio italiano, sì, sia proprio in mano alla criminalità organizzata. Da non crederci, eppure, credetemi, è accaduto.

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