Quanto si sta verificando in questi giorni, al di là di polemiche sterili e pretestuose, dimostra che non c’è alcun rispetto né una minima forma di conoscenza nei confronti di una materia prima tanto semplice quanto complessa qual è l’olio da olive.
La natura estremamente fragile degli oli spesso la si dimentica, quando addirittura la si ignora del tutto, sorvolando sulle conseguenze negative che ne possono inevitabilmente derivare. Si dà insomma per scontato che la qualità di un olio sia di per sé inviolabile, ma non è così.
Questa premessa vale per il consumatore comune, come allo stesso tempo per chi ne fruisce professionalmente. L’olio va conservato bene, altrimenti i danni sono inevitabili e irreparabili.
Questa semplice constatazione, che può sembrare acquisita, di fatto non lo è, visto che, soprattutto nel canale distributivo, oltre che nell’ambito della ristorazione, gli oli vengono frequentemente mal conservati, con le conseguenze del caso che si possono ben intuire.
A volte – e per fortuna – alcune notizie non emergono sui giornali, ma non è infrequente il sequestro di bottiglie d’olio ritenute fraudolenti senza di fatto esserlo, solo perché mal conservate nei magazzini dei punti vendita.
Sono aspetti, questi, per nulla trascurabili, dal momento che i danni che un’azienda produttrice o confezionatrice di fatto subisce nel momento in cui incappa in controlli da cui emergono parametri fuori norma, sono da ritenere oltremodo enormi, e alquanto dannosi, per la stessa reputazione di una impresa, soprattutto quando alcuni media inclini alla strumentalizzazione cavalcano l’onda dello sdegno, insinuando con troppa leggerezza e disinvoltura la truffa e la frode, quando l’eventuale anomalia è molto spesso riconducibile a fenomeni legati strettamente alla fragile natura intrinseca del prodotto.
Nell’occhio del ciclone c’è inevitabilmente uno strumento utile, e anzi preziosissimo, qual è stato – e tuttora senza alcun dubbio lo è – il panel test, un indicatore di qualità di per sé efficace, quanto nel medesimo tempo fonte di grandi equivoci, se gestito male, o comunque quando viene affrontato in maniera discutibile, in particolare attraverso chiavi di lettura più inclini alla soggettività del giudizio anziché a una valutazione oggettiva.
Non è un caso che il legislatore abbia contemplato tutte le possibili forme di tutela, istituendo le necessarie revisioni da parte di altri due panel ufficialmente riconosciuti, anche perché – occorre pur ammetterlo – quando si è pensato di istituire il panel test quale discriminante merceologica, si era altrettanto certi che lo strumento, pur valido in se stesso sul piano strettamente teorico, correva comunque il rischio di dar luogo a valutazioni non compiutamente oggettive.
Alla luce di tutto ciò, il comparto olio da olive in Italia sta conoscendo forse il suo momento peggiore, afflitto com’è da insanabili conflitti interni alla filiera, con continue denunce di presunte se non fantomatiche truffe e frodi, sempre nella funesta logica del “muoia Sansone con tutti i filistei”, e sempre disposti a tutto, pur di danneggiare la controparte, senza mai nemmeno preoccuparsi dei danni arrecati a se stessi e, soprattutto, alla buona reputazione degli oli da olive.
Questa anomalia tutta italiana nell’annunciare frodi e speculazioni commerciali a ogni piè sospinto, vede l’olio extra vergine di oliva costantemente al centro dell’attenzione, purtroppo in una chiave di lettura distopica, che ha di fatto alterato fino all’inverosimile l’immagine stessa di prodotto buono, gustoso, sano e salubre assegnata comunemente all’olio extra vergine di oliva.
Forse, alla luce di questa tendenza al baratro che caratterizza l’Italia, alcuni tra i più facinorosi mestatori dovrebbero farsi un serio esame di coscienza e riconsiderare la natura fragile del prodotto anziché gridare sbrigativamente alla frode, mettendo in scena un infruttuoso regolamento di conti solo per nascondere, soprattutto a se stessi, una profonda e amara verità: l’aver fallito per decenni, non avendo saputo di fatto gestire in prima persona, pur disponendo di finanziamenti generosi, l’economia di un settore oggi vistosamente in fase di grande arretramento e declino, soprattutto culturale. Forse, se si avesse più a cuore la materia prima, pur nella sua intrinseca fragilità, certe sceneggiate di sapore revanscista si potrebbero certamente evitare, a pieno beneficio di tutto il comparto e del prodotto.
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