Amo sfogliare, curiosare e leggere i libri del passato, anche quelli di un passato recente. Tra questi mi è capitato tra le mani il volume Mangiamo così, di Settimia Cicinnati, pubblicato nel 1977 a Napoli dalle Edizioni del Delfino. Quante ingenuità sull’olio, nel capitolo “I piccoli segreti di cucina”! Ecco alcune chicche.
La goccia d’olio che cola lungo la bottiglia si ferma o con un cércine di gommapiuma infilato nel collo, oppure con un pezzo di nastro isolante avvolto al sommo del collo stesso.
Altri tempi. Non esistevano forse i versatori? Evidentemente si utilizzava olio per lo più sfuso e non confezionato, quindi messo in bottiglie di fortuna, destinate ad altri usi. I suggerimenti sono – diciamolo pure – un po’ fallaci, perché in tal modo l’olio che si ferma sul cércine o sul pezzo di nastro isolante si ossida e irrancidisce, offrendo uno spettacolo olfattivo poco gradevole. Come sono belli i tempi attuali, con tutte le comodità a disposizione, segno anche che l’olio viene ormai imbottigliato da tutti, anche dalle aziende agricole, e di conseguenza cambiano pure i criteri di presentazione dell’olio. Finalmente, è il caso di dire.
Controllate la genuinità dell’olio, fregandone qualche goccia fra le palme: deve avere odore di oliva.
Altri tempi. La percezione sensoriale degli oli attraverso lo stofinìo dei palmi delle mani bagnati da una goccia d’olio. Ora siamo andati ben oltre, per fortuna. Pensare che si possa, solo attraverso questo gesto, verificare la genuinità di un olio, fa una certa tenerezza.
Olio fritto da riadoperare: si scola al passino, si rimette in una padella pulita con un pezzo di cipolla, uno di mela, uno di pane e un rametto di rosmarino, si lascia scaldare a fuoco minimo per 10 minuti e si scola di nuovo.
Dio, mio! E’ solo un trucco per nascondere a se stessi, alla propria coscienza, i segni olfattivi di un olio che non va più riutilizzato. Altri tempi, l’obiettivo era risparmiare liquido di frittura, ma così la salute del malcapitato, e la bontà di un fritto, non ci gudagnano.
Il cattivo odore dell’olio si toglie facendovi friggere un pezzo di pane finché questo diventi scuro.
Ci risiamo, la solita ingenuità di quei tempi. Nascondere a se stessi la verità di un olio non più adatto, o forse non adatto nemmeno ancor prima di essere utilizzato proprio perché difettato in partenza. Altri tempi. Per fortuna che gli oli di oggi, a parte eccezioni, raccontano tutti un’altra storia.
L’olio si conserva in bottiglie scurissime e con tappo di sughero.
Sì, in bottiglie scurissime, esatto, ma per fortuna non più con tappi in sughero.
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