Olivo Matto

La tentazione del pomodoro, una bruschetta, il piacere dell’olio extra vergine di oliva

Luigi Caricato

La tentazione del pomodoro, una bruschetta, il piacere dell’olio extra vergine di oliva

Intrigante tappa in Sicilia oggi intorno all’area di Pachino. Un’esperienza che resterà viva nella memoria. Bella compagnia alla presentazione del libro Il pomodoro, dodicesimo volume della collana “Coltura & Cultura“. E’ bastata una bruschetta per verificare la bontà della materia prima. Non mancherò mai di esaltare nel contempo la bontà dell’olio extra vergine di oliva Dop Monti Iblei. Tra gli oli finora degustati, e che resteranno impressi nel mio cuore prima che nella mente, segnalo quello dell’amico Felice Modica, dell’azienda agricola Bufalefi di Noto. Che ho avuto il piacere di incontrare durante questo mio viaggio in Sicilia. E che gioia l’assaggio del suo ottimo succo di olive!

Ecco il profilo sensoriale che ho appuntato sul mio taccuino > Verde intenso dai riflessi dorati, limpido alla vista. All’olfatto si apre con freschi sentori di pomodoro, eleganti note vegetali e rimandi alle erbe di campo. Al palato si presenta sapido e morbido, di buona fluidità, con ottimo equilibrio delle note amare e piccanti. In chiusura lieve punta piccante e toni mandorlati.

Ecco le proposte di abbinamento > Oltre che per memorabili bruschette, senza dimenticare di metterci sopra i pomodorini tagliati a dadi minuscoli, per onorare la grande patria del pomodoro, l’olio Dop Monti Iblei Val Tellaro di Felice Modica si rivela di grande efficacia con insalate verdi e di mare, con patate novelle in padella, nonché con creme di legumi, frittate di cipolle e lumache, carni bianche ai ferri, e via elencando…

E a proposito di pomodori, come non consigliare la lettura del bel volume edito da Script per la collana ideata e diretta da Renzo Angelini, che reca con sé l’impronta della solida visione culturale di Bayer CropScience, capace di guardare all’agricoltura vera, quella con la A maiuscola, da onorare ogni volta alzandosi in piedi. Già, perché quell’agricoltura tutta sogni ripiegata nel bucolico la lasciamo a chi accarezza il nulla.

Intanto, prima di salutarvi, vi riporto un passaggio del volume selezionato da Giovanni Carrada – a proposito di Pachino.

Pachino? Non è un pomodoro!

Nel 1989 alcune aziende agricole della punta sudorientale della Sicilia cominciano a coltivare una nuova varietà di pomodoro ciliegino. Si chiama Naomi F1 (“F1” è la sigla che costraddistingue gli ibridi dalle varietà standard) ed è stata creata dall’azienda sementiera israeliana Hazera Genetics, uno spinoff dell’università di Gerusalemme.

Da Pachino, il principale comune di produzione, i pomodorini vengono spediti in tutta Italia e fin da subito, senza bisogno di alcuna pubblicità, incontrano uno straordinario successo. Sarà perché il materiale genetico che vi è stato riunito è soprattutto di origine italiana, ma dentro ci riconosciamo subito dei sapori “nostri”. Ed è così che per i consumatori Naomi diventa – erroneamente – “Pachino”.

Il segreto del suo gusto, tuttavia, è dovuto proprio a quel lembo estremo della Sicilia, il più caldo e assolato d’Italia, che produce raccolti anche quando nelle altre regioni fa troppo freddo per il pomodoro. Sui suoi terreni sabbiosi molto poveri e aridi a cause delle scarse piogge, irrigati con acque salmastre perché in prossimità del mare, i pomodori crescono più piccoli, concentrando così zuccheri, sali minerali, vitamine e composti fenolici e terpenici: il segreto del loro sapore.

Una nuova varietà di pomodoro coltivata in tutto il mondo, cui si affiancano negli anni successivi anche nuove varietà (Shiren, Panarea, Tyty, Corbus, Belize…) può diventare così un prodotto tipico, il “Pomodoro di Pachino IGP”, tutelato dal 2003 dal marchio europeo della Indicazione Geografica Protetta e che include anche le due tipologie costoluto e tondo liscio sia a frutto singolo che a grappolo.

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