Olivo Matto

Olio Igp Puglia, per Coldiretti-Unaprol è cosa nostra

Luigi Caricato

Ricordate la campagna di sensibilizzazione per ottenere una Indicazione geografica per l’olio extra vergine di oliva Puglia? Gli ideatori del progetto sono stati asfaltati da Coldiretti, la quale ha preso il controllo della situazione e ha (apparentemente) spodestato quelli che partivano dal basso, prendendo così le redini di una regia annunciata come data per certa, con la complicità delle stesse Istituzioni, proprio là, nel tessuto vivo del Ministero (come altrove) in cui la compagine coldirettiana è sempre e massicciamente presente nella spartizione delle poltrone.

Coldiretti e Unaprol pari sono. Sì, perché i metodi di Unaprol, che sono poi i medesimi di Coldiretti, consistono espressamente nell’esercitare con violenza il proprio dominio assoluto. Non c’è spazio di alternnativa per nessuno in Italia, e, d’altra parte, tutti sono ossequiosi, ponendosi timidamente in ginocchio, per non urtare la sensibilità della potente Coldiretti, proni davanti ai responsabili del declino agricolo, senza nemmeno la dignità di reagire. In fondo, è anche colpa delle altre associazioni di categoria, se queste non riescono a esprimere una propria autonomia. Sembra quasi che ci sia un patto di non belligeranza: “io Coldiretti ti faccio sopravvivere, ma tu devi in compenso stare sottomesso a noi, perché siamo noi che comandiamo, siamo noi di Coldiretti gli unici a dominare la scena. Noi di Coldiretti ti assicuriamo le briciole – anche quelle della dignità – ma nessuno tra voi potrà oltrepassare il limite”. Ed è così, pertanto, che l’Italia affonda, perché ormai tutta l’agricoltura per Coldiretti è “cosa nostra”, e non c’è nulla che sia per tutti, anche perché parlare di “bene comune” è solo un sogno che si può realizzare nei Paesi in cui esiste di fatto la democrazia. Per l’Italia agricola è diverso, non esiste democrazia, perché tutto è legato alla zavorra di Coldiretti, con tutti i satelliti che le ruotano intorno.

Tutto è in mano a Coldiretti, anche lo stesso Ministero delle Politiche agricole, ormai senza più autonomia se non quella necessaria per apparire tale agli occhi esterni, perché nulla può essere fatto che non sia accolto da Coldiretti. Il vero deus ex machina è una figura che non si vede ma che comanda tutti, mettendoli sull’attenti, perfino i ministri: Enzo Gesmundo, il grande (strapagato) capo. Così è, se vi pare. Non ci sono alternative. La democrazia è un sogno. E quanto è accaduto con l’olio Igp Puglia ne è l’ulteriore dimostrazione. Da una idea sviluppata in maniera spontanea, da una istanza nata dal basso, nel lontano 2003, ora tale iniziativa fa gola a tutti, anche a coloro che un tempo l’avevano subito stoppata, svilita, depotenziata, salvo poi riprenderla in fretta e furia, quando il leader storico di tale movimento nato dal basso, Massimo Occhinegro, ha riproposto l’idea di una Igp Puglia per l’olio che vi si produce in regione e tutti l’hanno accolta.

E così, una volta che tale movimento dal moto spontaneo ha raccolto consensi, altrettanto spontanei, rimettendo in circolo l’idea e ottenendo un largo credito, è subentrata immediatamente la paura, ma direi meglio il fastidio, da parte di Coldiretti, che con tutto il suo esercito di piccoli soggetti senza arte né parte, pur di non perdere il controllo della realtà, ha deciso di scendere in pista: con le sue regole, però. Senza democrazia, e con tanta approssimazione. Spodestando, cancellando quanto già fatto in precedenza da altri.

L’olio Igp Puglia è evidentemente una buona (e ghiotta) idea, dalla quale possono scaturire risorse vive – tanto danaro, oltre a visibilità per continuare a illudere gli agricoltori – che si possono gestire arricchendo le casse di una organizzazione avida di liquidità. Da qui, di conseguenza, la discesa in campo della grande armata pigliatutto che è Coldiretti, perennemente suggestionata dall’idea di ottenere nuove elargizioni pubbliche, tanto più che a loro poco importa il fallimento totale delle Dop dell’olio. La colpa – per i coldirettiani – è sempre del fato, oppure di un nemico esterno che di volta in volta può essere scelto come capro espiatorio, tanto tutti ci credono, obbedendo.

Sono loro, oltretutto, quelli di Coldiretti, gli stessi responsabili del declino (anche culturale, non solo economico) delle Dop olearie, e sono proprio loro che adesso vogliono avere ad ogni costo il controllo totale anche sulla possibile ipotesi di istituire una Igp Puglia per l’olio. Detto fatto, e dal cilindro magico di Coldiretti è stato calato dall’alto, con arroganza, un coordinatore prescelto non per meriti professionali e competenza, ma per volontà divina. Indossare una casacca gialla è evidentemente un lasciapassare per quanti hanno desiderio di occupare poltrone. Tenetelo presente, se volete un trampolino, basta essere coldirettiani, non c’è altra strada. A che servono oltretutto i valori, è sufficiente evocarli, mica seguirli e farli propri con coerenza – tanto la gente è superficiale, revochi il Km 0 e va in brodo di giuggiole.

Torniamo alla spodestamento del vero Comitato promotore dell’olio Igp Puglia. Chi è l’uomo prescelto per volontà divina per il ruolo di coordinatore del nuovo, fantomatico, Comitato promotore dell’olio Igp Puglia in apparente sostiutuzione di quello già esistente? Si tratta di Pantaleo Piccino, presidente di Coldiretti Lecce, un genio assoluto dalle idee avveniristiche. E’ sufficiente che costui dica “a” e la Xylella svanisce. E’ sufficiente che costui dica “b” e l’olio della sua terra da olio lampante diventa oro liquido lampante. I fatti lo dimostrano. Sicuramente non tutti hanno memoria di una sua balzana idea che consisteva nel realizzare una centrale di 137 megaWatt nel Salento. Una centrale da alimentare con puro olio da olive lampante, in modo da produrre energia e dare serenità economica ai contadini.

L’altra settimana avevo scritto un editoriale, la solita incursione, dal titolo “Sciopero delle parole”, ecco spiegata la motivazione di quel mio gesto. Ecco allora esplicarsi la ragione del declino italiano. La rovinosa caduta dell’agricoltura del nostro Paese sta tutta nell’affidarsi a coloro che si inventano favole assurde come quella del Piq dell’olio, per esempio. Tanto – pensano i Coldiretti Boys – ci sono sempre tanti poveri idioti disposti a prenderci sul serio; ma io, da solitaria voce di dissidente quale sono, per stare al loro gioco, mi diletto a seguire le orme di quel genio assoluto che è Pantaleo Piccinno, il coordinatore di un Comitato scelto per volontà divina. E così, per fargli il verso, edifico anch’io una improbabile centrale di energia a base di olio da olive, ma la mia centrale – a differenza della sua che è rimasta come tutti i proclami di Coldiretti flatus voci – la costruisco con i lego, anche perché, in fondo, è così che va l’Italia: si gioca sempre con le cose serie, e tutto per alcuni è “cosa nostra”, e mai, dunque, che si consideri, in questo Paese alla deriva, l’agricoltura, con tutte le sue risorse, specialmente quelle umane, un bene comune.

Nonostante la sovraesposizione mediatica, nonostante il potere rappresentanto da una presenza capillare di Coldiretti in ogni consiglio di amministrazione, l’Italia agricola muore con Coldiretti, e non c’è altra via se non un doloros “e così sia”. Non c’è del resto altra Italia al di fuori di Coldiretti, una organizzazione che detta legge con la complicità delle altre organizzazioni, oltre che delle stesse istituzioni che le obbediscono. E’ la fine dell’Italia, non solo quella agricola, ma d’altronde a chi importa ricostruire oggi un Paese così devastato e vile?

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