Olivo Matto

Perché tanta paura della modernità?

Luigi Caricato

Un produttore d’olio che imbottiglia e mette in commercio un extra vergine d’eccellenza, scrive sul proprio profilo twitter un post che fa riflettere.

Lo trascrivo tal quale, senza citare il nome del produttore. Anche perché, con tutta onestà, non credo faccia una bella figura. Solo per questo preferisco non riportare il nome. Per proteggerlo dalla derisione. Per lo meno, io proverei commiserazione verso chi scrive una opinione così fortemente retrograda.

“L’idea di utilizzare robot per la cura degli olivi si fa sempre più concreta… e non ne sono felicissimo”.

Sono sincero. Mancano poche ore al passaggio al nuovo anno. Mi chiedo come sia possibile che una persona relativamente giovane si rifiuti ostinatamente di accogliere il nuovo.

Sia invece benedetto il giorno in cui la robotica, una realtà operativa già concreta in molti settori, inizi ad apportare vantaggi anche all’agricoltura. Altro che paura della modernità, la si dovrebbe anzi attendere con grande impazienza e trepidazione.

Tra i grandi problemi dell’agricoltura, soprattutto di quella italiana, vi sono gli alti costi di produzione e la mancanza di una manodopera professionalmente qualificata. Cercare di fronteggiare tali complicazioni individuando soluzioni altamente tecnologiche sarebbe davvero il tentativo di giungere alla soluzione di una delle più grandi questioni irrisolte di una agricoltura, quella italiana, che non ha in sé il germe della curiosità, né tanto meno la vocazione a guardare avanti stando al passo con i tempi.

Chiudo quest’anno con l’invito a essere tutti proiettati nel futuro. A che serve d’altra parte guardare indietro e avere paura del nuovo? Il caso menzionato non è l’unico, e stupisce maggiormente perché a scriverlo è una persona istruita, non un contadino della vecchia guardia.

Secondo voi avrebbe senso oggi pensare di falciare il grano ancora a mano, come si faceva non molto tempo fa? Oggi, per esempio, si accettano le mietitrebbie senza alcuna ostilità verso il progresso, e si è infinitamente contenti di rendere più agevole il lavoro degli operai, rendendolo meno duro. Perché allora non accettare con serenità l’idea del progresso in prospettiva futura?

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