Olivo Matto

Sarei un soggetto pericoloso

Luigi Caricato

Non ci crederete, ma ho scoperto di essere un “soggetto pericoloso”. Con queste parole hanno cercato di convincere in tanti modi l’organizzatore di un evento che si è già concluso con successo, a non invitarmi a parlare, ma hanno sbagliato indirizzo perché chi mi ha voluto mi conosce da una vita e sa che la mia unica arma contundente sia solo il pensiero. Di conseguenza, se c’è chi ritiene che il pensiero possa inquinare le menti, può sempre opporre pensiero a pensiero, esiste d’altra parte il civile confronto dialettico.

Non è la prima volta che mi accade e non sarà certamente l’ultima. C’è da osservare che le modalità mafiose con cui si cerca di bloccare l’Italia tenendola stretta nella morsa delle consorterie rischi di affossare il Paese, depredandolo del proprio futuro. Non si può pensare a un’Italia con cervelli a km 0.

Pensare e confrontarsi non nuoce, ma apre la mente, la alimenta. Il cervello non deve rimanere chiuso e confinato in un orticello, nutrito da vacui slogan, ma deve muoversi e cercare impulsi sempre inediti, senza mai stancarsi di acquisire nuovi elementi e sperimentarli. Ma forse l’Italia non è ancora pronta e forse non lo sarà mai, collettivamente.

Riuscire a svincolarsi dalle appartenenze sembrerebbe pura utopia: tu pensi, sei pericoloso. Vieni a scoprire, di conseguenza, che esprimendo un pensiero, inevitabilmente arrivi a contagiare, attraverso le tue parole, attraverso le tue osservazioni, il mondo che ti circonda, quindi, per prudenza, sarebbe preferibile tacere, non esprimersi, far finta di nulla, adeguarsi, sottostare.

Se non vuoi essere ritenuto un “soggetto pericoloso”, non devi avere voce, non devi profferire verbo: piuttosto, meglio il confino, l’isolamento, così non si creano danni. Questa è la fotografia (mediocre) dell’Italia contemporanea. Piaccia o non piaccia, è così.

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