Investire in Italia, oggi, comporta un notevole atto di coraggio e tanta temerarietà.
Agli imprenditori suggerisco sempre di operare altrove, creando ricchezza e benessere in altri luoghi, non ostili alle idee e alle innovazioni. Fermarsi solo all’Italia equivale a spegnersi lentamente.
Creare imprese in altri Paesi equivale a dimostrare che i talenti in Italia ci sono, e ce ne sono tanti, ma non emergono solo perché la palla al piede è proprio l’Italia, con il discutibile sistema che la governa.
Non ha d’altra parte alcun senso insistere là dove le condizioni non sono favorevoli, o addirittura ostative, là dove è lo Stato a taglieggiare cittadini e imprese al pari della criminalità con il racket, con la differenza, tuttavia, che lo Stato è egli stesso vittima della criminalità, perché di fatto non è in grado di fronteggiarla difendendo e tutelando i propri cittadini.
Le energie vanno dunque ben dosate. Ogni spreco di energia è deleterio e inutile, oltre che controproducente. Un’impresa non si regge in piedi, o lo fa a fatica, se non ha un ambiente favorevole.
Piaccia o meno, l’Italia sta attraversando purtroppo un fase discendente, di grande arretramento e di perdita di sé. Non so se sia giusto essere così crudi, nell’affermare una simile verità, ma non si può certo tacere.
Non ci si può nascondere. Le responsabilità di tale situazione non sono mai di qualcuno in particolare, ma di tutti. Tutti hanno gravi colpe, sia ben chiaro. Uno Stato affonda perché anche il suo popolo ha fatto la propria parte in questa discesa verso il basso.
Se c’è tuttavia da accusare una singola parte, più di tutte le altre, questa allora è riconoscibile espressamente nelle Istituzioni, ovvero in tutti quegli elementi che costituiscono l’apparato burocratico. Non il corpo politico, che pure ha gravissime responsabilità, ma i burocrati.
Il peggio in assoluto viene proprio dai soggetti interni alle Istituzioni. Sono loro il cattivo esempio. Usano la burocrazia per esercitare un potere discrezionale su persone e imprese. Tengono pertanto in ostaggio il Paese solo per un loro tornaconto personale, e tutti ne sono vittime.
È solo abbattendo il vetusto apparato burocratico che incombe sul Paese come una spada di Damocle che può esserci un timido accenno di speranza per un cambiamento.
Nonostante queste mie considerazioni, resto sempre ottimista, anche perché il Paese potrà salvarsi, ma, la parte più realistica di me crede nel medesimo tempo che, molto oggettivamente, si tratta di una sfida quanto mai improba, ed è proprio per questo che ritengo l’invito a investire altrove la via più saggia per risollevare indirettamente il Paese.
Non conosco altre soluzioni.
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