Al casello
Narrazioni. “Il distinto signore con barba, camicia e pullover” era nel casello 8 quando Adele si fermò poco più avanti scendendo dall’auto con biglietto e soldi in mano. Nella fretta non aveva abbassato la musica. “Mi dispiace, ma ho il finestrino bloccato” si scusò guardando il suo interlocutore in faccia
Al casello 5 dell’uscita di *** Adele Pisani trovò quella “antipatica”. Se ne stava – come sempre – impettita. Mai che dicesse mezza parola. Sollevò di poco la finestrella scorrevole, ma sufficientemente per vederne il volto altezzoso, truccatissimo, le labbra contornate dal segno deciso della matita, i capelli scurissimi a boccoli rigidi resi probabilmente tali dall’uso del gel. Fumava una sigaretta sottile. Senza minimamente scomporsi fece uscire dall’apertura la mano libera, bianca e curatissima. Le unghie ricostruite e squadrate.
«Che odiosa» pensò Adele mentre abbassava il finestrino e prendeva, per pagare, i soldi dal piccolo portaoggetti accanto al cambio. Lo sguardo le cadde nuovamente su quella mano che sporgeva solo di poco, anzi di pochissimo. Con sufficienza. E la sua reazione fu immediata: a sua volta sporse la mano, con biglietto e soldi, appena fuori dall’auto. Le due donne se ne stettero – nelle rispettive immobilità – per qualche istante senza raggiungersi. Nessuno sforzo né da una parte né dall’altra. Due auto, nel frattempo, si erano messe in coda. Fu la guidatrice a prendere l’iniziativa: «Mi scusi, signorina, ma ho la spalla anchilosata e non mi posso muovere più di così». La casellante fu costretta ad allungare non solo la mano ma anche un po’ di braccio fuori dal gabbiotto. La donna al volante ripartì soddisfatta di avere smosso quello stupido manichino.
Era molto presto la mattina in cui Adele Pisani si presentò al casello 7 dell’uscita di ***. C’era “l’uomo dalla bava agli angoli della bocca”. Non una bava normale, ma il segno evidente di qualche sconosciuta malattia. La donna sentì – come sempre – tenerezza per lui. E, come sempre, si chiese se fosse sposato, magari anche padre, o se vivesse ancora con una vecchia madre. Quella mattina la tenerezza giunse al suo culmine. Faceva freddo. L’uomo sollevò di poco la finestrella distogliendo lo sguardo fisso dal televisore. Lei lo vide con una sciarpa scozzese al collo. Sciupata. Era assonnato. La bava – immancabile agli angoli della bocca – gli colava nelle pieghe della pelle del viso gonfio. Eppure non era vecchio. Adele fu colpita dalla fatica che fece per raccogliere e contare le piccole monete, borbottando, nel frattempo, qualcosa d’incomprensibile. Lo salutò con particolare calore. Lui restò indifferente. Lei ripartì pensosa.
«Ma chi è quel bel signore al suo fianco?». Era “il chiacchierone” del casello 20 all’uscita di ***. «È mio fratello Giorgio». «Almeno stasera non è sola». Poi si protese ulteriormente fuori dalla finestrella, nonostante il freddo pungente, e aggiunse tutto allegro: «Buonasera, signor Giorgio». «Buonasera a lei» gli rispose il fratello di Adele senza scomporsi e accennando un sorriso. Quando ripartirono si rivolse alla sorella: «È sempre così?». «A volte peggio. Quando non ti molla nonostante i clacson delle auto in coda». «Divertente, però» commentò Giorgio. I fratelli se ne andarono ridendo.
Era quasi l’ora di pranzo, quando, in una soleggiata mattina invernale, giunse al casello 2 all’uscita di ***. Abbassò il finestrino per pagare scordandosi di abbassare la musica. Così le note di Un anno d’amore colpirono la casellante “allegra” che canticchiò sulla voce di Mina: «…e di notte, e di nootte, per non sentirti soloo/ricorderai tutti quanti i miei bacii…». Poi non poté fare a meno di aggiungere: «Vorrei sapere quale uomo che molla una donna si sente solo e ripensa ai suoi baci!». «Già, credo che lei abbia ragione». «Forse l’ha scritta una donna… Diciamocelo: solo noi donne ci sentiamo sole e magari ripensiamo anche ai baci… Quei mascalzoni invece… Di chi era il film?». «Mario Camerini… credo». Guardò nello specchietto retrovisore e vide avvicinarsi una Panda. «La devo salutare». «Buon lavoro e… scusi le chiacchiere». «È sempre un piacere».
Arrivò al casello 41 dell’uscita di *** che era già buio. Vide, attraverso il vetro, la “strafiga”. Questa sollevò a fatica la finestrella dicendo a un cellulare che aveva nella mano destra: “Aspetta un momento” mentre ne teneva con fatica un altro, tra orecchio e spalla sinistra, con cui continuava a parlare. Non degnò di uno sguardo la donna al volante, fece una contorsione per non fare cadere il cellulare e riuscire, con la destra, a prendere i soldi. Non rispose al saluto e continuò tranquilla a parlare. Adele Pisani si chiese se tipi come questa o come l’ “antipatica” non sarebbero stati più adatti per certe trasmissioni televisive. Ripartì e un pensiero la occupò quasi fino a casa. Un ricordo di venti, venticinque anni prima, quando una sera, arrivata con i suoi bambini al casello 1 dell’uscita di *** si trovò davanti una giovanissima donna. La “prima donna” – in quegli anni – impiegata in autostrada, a un casello, di notte. Era inverno e stava iniziando a nevicare. Aveva sollevato di poco la finestrella. Se ne stava imbacuccata, per ripararsi dal freddo, in un giubbotto ingombrante con il volto seminascosto da una sciarpa girata più volte intorno al collo. La parte del volto che ne sbucava era sufficiente, tuttavia, per rivelarne la bellezza. Capelli biondi, occhi chiari. Aria triste. Lavorava di notte nei giorni di Natale. Chissà se qualcuno l’aspettava a casa. Forse qualcuno l’avrebbe desiderata accanto a sé. La misteriosa casellante non aveva nulla a che vedere con l’ “antipatica” e la “strafiga”, giuste solo per un reality. Questa sarebbe stata la degna interprete di un film di Bresson. A lungo Adele fantasticò su di un film con lei come protagonista.
“Il distinto signore con barba, camicia e pullover” era nel casello 8 all’uscita di *** quando Adele si fermò poco più avanti scendendo dall’auto con biglietto e soldi in mano. Nella fretta non aveva abbassato la musica. “Mi dispiace, ma ho il finestrino bloccato” si scusò guardando il suo interlocutore in faccia. “Si figuri, signora. Anzi! Complimenti per Endrigo. È difficile sentirlo di questi tempi”. “Ho lasciato, come sempre, la musica troppo alta… E comunque non creda, già Battiato, nel suo Fleurs, aveva ripreso Aria di neve… Oddio, si è formata una coda… Scappo!”. “Buon lavoro!” “Grazie” e prontamente si rimise in moto sulle ultime note di Canzone per te.
Imboccata l’autostrada, si fermò al casello 53 dell’ingresso di ***. Premette sul cerchio rosso e immediatamente comparve il biglietto. L’auto sfiorava quasi il pulsante dell’erogatore. Non come quella volta che, essendo rimasta troppo distante, si era allungata talmente, ma talmente… quasi staccando il braccio dalla spalla per raggiungere il biglietto. Non era snodabile e si era strappata ben due legamenti. Solo perché quelli in coda dopo di lei non dovessero dire: “Ah, la solita donna al volante”! Si era rotta due legamenti così… senza neppur il piacere di scambiare una parola con qualcuno. Forse da qui l’odio per l’automazione? In effetti l’avevano sempre preoccupata e, forse, anche un po’ angosciata, la comparsa dei quei cartelli dalle scritte sibilline “Stazione ad elevata automazione”.
“Ancora, mamma” e Adele Pisani premette il tasto per riavvolgere il nastro e ritornare a Bocca di rosa. I bambini ripresero a cantare insieme a Faber. Lei abbassò il finestrino, consegnò biglietto e soldi al casello 49 dell’uscita di *** e si trovò di fronte il volto sereno del “ciccione”. Stava seguendo una partita. Ugualmente si rivolse ai piccoli e chiese: “Che cosa faceva Bocca di rosa?”. I due risposero in coro: “Metteva l’amore”. Il maschietto, più piccino, aggiunse: “Sopra la cosa”. “No!” lo corresse la sorellina “sopra ogni cosa”. Il “ciccione” salutò i bimbi, poi, con un sorriso d’intesa, la madre.
Era un inizio estate quando, con il figlio di dieci anni al fianco, raggiunse il casello 23 dell’uscita di ***. Il finestrino, per il caldo, era già abbassato e lei era china alla ricerca dei soldi, quando sentì una voce esuberante dirle: “Buongiorno, signora Pisani”. Alzò gli occhi e vide il giovane Elio, un suo ex collaboratore.
“Come mai qui?” gli chiese.
“Ho trovato lavoro… diciamo che ho sostituito Simone. Simone Lari. Lo ricorda, vero?”.
“Certo”.
“Beh, gli è morta la mamma. Improvvisamente. E così ha dovuto rinunciare a questo posto”.
“Mi dispiace veramente molto.”
“Lo immagino. Tutti dicevano che tra voi c’era un’intesa particolare…”.
“Sciocchezze!”.
Adele ripartì imbarazzata mentre il figlio le diceva: “Ti sei accorta che ogni volta che ti fermi gli uomini dell’autostrada ti guardano?”
Piangeva quando giunse sotto la pioggia, a metà mattina, al casello 22 dell’uscita di ***. Aveva iniziato a piangere da quando era uscita di casa, in quella giornata di settembre, e aveva continuato anche dopo essere salita in auto. La pioggia bagnava il parabrezza. Le lacrime, il suo viso. Si diede uno sguardo veloce nello specchietto retrovisore. Riflesso incondizionato per lei come per molte donne. Vide un volto spaventoso. Si chiese se fosse effetto della pena che l’opprimeva o degli anni che inesorabili passavano. Neanche a farlo apposta la radio trasmetteva un successo del ’68, Rain and tears degli Aphrodite’s Child. Si trovò, senza quasi rendersene conto, avendo fatto gesti in modo automatico, davanti al “distinto signore con barba, camicia, pullover”. Distinto… era distinto, ma anche lui con i primi visibili segni del tempo. I capelli ormai completamente brizzolati. La barba pure. La donna non si preoccupò minimamente di asciugarsi il volto e gli consegnò – naso e occhi arrossati, lacrime lungo le guance – i soldi. Capì di essere decisamente invecchiata quando ricordò le parole che molti anni prima le aveva detto suo figlio. Il “distinto signore con barba, camicia e pullover” aveva preso la moneta e richiuso prontamente la finestrella. Neppure un cenno agli Aphrodite’s Child. Nessun saluto. Lei era ripartita sconsolata continuando a piangere.
Era allegrissima in quella mattina di libertà. Niente lavoro, niente famiglia. Solo tempo per se stessa. Ecco perché aveva deciso di andare fino al mare nel tepore dell’incipiente primavera. Aveva pensato di ascoltare Vivaldi, forse in sintonia con la stagione, ma dal cruscotto dell’auto le era venuto tra le mani Teorema. Così quando arrivò al casello 14 dell’uscita di *** e si trovò davanti la casellante “allegra”, le parole di Herbert Pagani risuonavano dalla voce di Marco Ferradini: “Prendi una donna/dille che l’ami/scrivile canzoni d’amore/mandale rose e poesie/dalle anche spremute di cuore”. Questa iniziò a ridere come una matta: “Gli uomini che ci mandano rose e ci scrivono canzoni d’amore… e chi li ha mai visti?! Ma questo è uno dell’800!”.
“La canzone era dei primi anni ’80… però l’idea delle spremute di cuore non è mica tanto male”.
“Male no. E chi non le vorrebbe! Ma più che spremute di cuore quelle che ci danno sono spremute di….”. E giù a ridere di nuovo. Adele non capì il perché (forse un doppio senso?) di tutte quelle risa, ma essendo anche lei un po’ su di giri ripartì contenta.
La sera era un po’ stanca quando si rimise in macchina per rientrare a casa. L’aria e il sole l’avevano un po’ intontita. Fece buona parte dell’autostrada in silenzio. Poi di nuovo Ferradini. Al casello 18 dell’uscita di *** trovò “il chiacchierone”. Quando abbassò il finestrino per pagare le parole di Teorema raggiunsero anche lui: “Prendi una donna/trattala male/lascia che ti aspetti per ore…”. Per il casellante fu un invito a nozze. Nessuna scusa per attaccar bottone. L’occasione era lì bella e pronta e lui non se la lasciò sfuggire. “E sì, voi donne – lasci che glielo dica, mia cara signora – dovete essere trattate un po’ male perché vi innamoriate seriamente di noi”.
“Dipende dai punti di vista” rispose senza particolare brio Adele che iniziava a risentire di quella giornata trascorsa all’aria aperta.
“Oggi, allora, niente lavoro, eh! E tutta vita!”
La donna gli sorrise annuendo e, senza dargli spago, ripartì. Non senza pensare, però, che il “chiacchierone” doveva avere suppergiù la sua età, la casellante allegra almeno una ventina di meno. Distanze generazionali evidenziate da un… Teorema.
“Ancora Bocca di rosa, nonna”. Così, per l’insistenza dei nipotini, Adele Pisani si ritrovò sulle note di De André (in Cd questa volta) al casello 34 dell’uscita di *** di fronte al “ciccione”. “Caspita! Anche gli uomini non scherzano” pensò, quando si accorse che i capelli dell’uomo erano pieni di piccole mèches bionde. “Come passa il tempo, signora! E questi bei bambini mi sanno dire cosa faceva Bocca di rosa?”
“Metteva l’amore” risposero insieme. Poi il maschietto, più piccino, aggiunse: “Sopra la cosa”. “No!” lo corresse prontamente la sorellina più grande “sopra ogni cosa”.
Il “ciccione” salutò i bambini, poi, con un sorriso d’intesa, la nonna.
Certo che di cose ne erano cambiate anche sulle autostrade, pensava Adele Pisani. Un tempo, quando i suoi bambini erano piccoli, c’era possibilità di incontrare persone sia al casello d’entrata sia a quello di uscita. “L’uomo dalla bava agli angoli della bocca”, “il ciccione”, “il chiacchierone”, “il distinto signore con barba, camicia e pullover”, la misteriosa “prima donna dell’autostrada” erano presenze sicure e quasi amiche. Poi con l’avvento della malefica automazione gli incontri con loro si erano fatti saltuari. L’erogatore di biglietto aveva sostituito le persone. Nuove donne erano comparse sulla scena. Nessuna che avesse a che vedere con la “misteriosa prima”. Erano, ora, i tempi dell’ “antipatica”, della “strafiga” e, quando andava bene, dell’ “allegra”.
Era rimasta unica, Adele Pisani, a cercare all’uscita i caselli ‘abitati’. Scartava la corsia gialla dei telepass (che si era sempre rifiutata di comprare), le insegne bianche con i soldi per fast-pay, bancomat, via-card o altro. Sceglieva invece – accuratamente – le insegne con la mano nera. Le uniche che le garantissero una presenza umana.
Poi qualcosa era successo. E un mutamento era avvenuto anche in lei… un mutamento per quei due piccolini che sovente portava con sé. Erano i due nuovi bambini che le chiedevano di scegliere, al casello d’uscita, la scritta bianca con monete. Quella che t’impone d’inserire il biglietto, poi i soldi e, alla fine, ti saluta con un metallico “Arrivederci!”. E proprio a quell’arrivederci rispondevano ridendo la nonna e i nipotini. Adele aveva scoperto così il fascino delle registrazioni. E dal ‘teatro’ era passata al ‘cinema’.
In un pomeriggio d’autunno arrivò al casello 16 dell’uscita di ***. La “strafiga” masticava un chewing-gum muovendo in modo esagerato le labbra lucidissime. Una camicetta attillata le si apriva sul seno. Ai polsi aveva bracciali e un orologio maschile, tipo Rolex, che agitava, mentre, imperturbabile, continuava a parlare al cellulare. Aspettò che finisse, poi le chiese: “Mi sa dire, signorina, come si chiama il luogo, il piccolo edificio dove lei sta?”. “No davvero! Tra di noi diciamo, quando veniamo a lavorare, che scendiamo in pista”. Prese i soldi e di nuovo il cellulare le squillò. Adele Pisani pensò che per lei, per l’ “antipatica” ‘scendere in pista’ (quale pista? mica andavano in discoteca!) era l’espressione giusta.
Pose la stessa domanda, qualche giorno dopo, al casello 32 dell’uscita di *** “all’uomo dalla bava agli angoli della bocca”. “Mi sa dire come si chiama il piccolo edificio dove lei sta? Guardiola?”. Si accorse che quella sera aveva… aveva un po’ meno bava. Lui – miracolo! – rise. Si alzò, si guardò intorno e disse: “Casello. Questo è il casello 23.” Adele non contenta volle precisare: “Allora io posso dire che lei è nel casello 23?”.
“Certo. Ma a chi lo deve dire?”.
“A nessuno. Forse lo devo scrivere…”.
“Aspetti che chiedo anche al collega che mi dà il cambio”. Di fianco a lui era apparso Elio, l’ ex collaboratore della donna.
“Signora Pisani, ma come la vedo bene! E cos’è questa storia dello scrivere? Non farà come il suo amato Simone Lari che ora pubblica su riviste letterarie?”.
“No, no, non c’è pericolo”.
“E che ci fa da queste parti al tramonto?”.
“Vado a guardarlo con chi me lo offre come un dono. E… non è Simone.”
Era felice. Pagò e ripartì decisa.
Per non fare attendere chi la stava aspettando.
Lucca, 15 dicembre 2009
La foto di apertura è di Mariapia Frigerio
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