Saperi

Cosa leggere nel 2016

Ci sono tanti libri in attesa di essere letti, noi ne consigliamo alcuni, da un romanzo storico di Tracy Chavalier sugli agricoltori migranti al nuovo romanzo ecologista di Muriel Barbery, in attesa dell’uscita, il 16 febbraio, del romanzo Le aggravanti sentimentali di Antonio Pascale e, in aprile, del saggio di Giorgio Boatti, Portami oltre il buio

Olio Officina

Cosa leggere nel 2016

Iniziamo da Tracy Chavalier. Per Neri Pozza è stato pubblicato in gennaio I frutti del vento, un romanzo storico sui cosiddetti “settlers”, agricoltori migranti il cui unico obiettivo era sconfiggere la fame, passando da uno stato di povertà a un livello ogni volta superiore. E’ una narrazione che rientra nella linea della tradizione della grande narrativa americana di frontiera.
Come si sviluppa la trama. Nella prima metà del XIX secolo James e Sadie Goodenough giungono nella Palude Nera dell’Ohio dopo aver abbandonato la fattoria dei Goodenough nel Connecticut. Il padre di James, un vecchio scorbutico cui Sadie non è mai andata a genio, ha parlato chiaro un giorno: meglio che il suo secondogenito, e la sua giovane e troppo prolifica consorte, andassero a cercare fortuna altrove, all’ovest, magari, dove la terra abbonda. La Palude Nera è una landa desolata: l’acqua puzza di marcio, il fango scuro si appiccica alla pelle e ai vestiti e la malaria d’estate si porta via sempre qualcuno. Anziché spingersi nella prateria dove la terra è buona e solida sotto i piedi, James Goodenough decide però di costruire la sua casa di legno proprio nella Palude Nera, in riva al fiume Portage.
La legge dell’Ohio prevede che un colono possa fare sua la terra se riesce a piantarvi un frutteto di almeno cinquanta alberi. Una sfida irresistibile per James Goodenough che ama gli alberi più di ogni altra cosa, poiché gli alberi durano e tutte le altre creature invece attraversano il mondo e se ne vanno in fretta. In quella terra perciò, dove gli acquitrini si alternano alla selva più fitta, James pianta e cura poi con dedizione i suoi meli: un magnifico frutteto di cinque file di alberi col piccolo vivaio in disparte. Un frutteto che diventa la sua ossessione; la prova, ai suoi occhi, che la natura selvaggia della terra, con il suo groviglio di boschi e pantani, si può domare. La malaria si porta via cinque dei dieci figli dei Goodenough, ma James non piange, scava la fossa e li seppellisce. Si fa invece cupo e silenzioso quando deve buttare giù un albero.
La moglie, Sadie, beve troppa acquavite e diventa troppo ciarliera quando John Chapman, l’uomo che procura i semi delle piante alle fattorie lungo il Portage, si ferma a cena. In quelle occasioni, James la vede con altri occhi: scorge il turgore dei seni sotto il vestito azzurro, i fianchi rotondi e sodi nonostante i dieci figli. Ma poi non se ne cura. Finché, un giorno, la natura selvaggia non della terra, ma di Sadie esplode e segna irrimediabilmente il destino dei Goodenough nella Palude Nera, in primo luogo quello di Robert, il figlio dagli occhi d’ambra quieti e intelligenti, e della dolce e irresoluta Martha.

Altro atteso ritorno è quello del’autrice del best sellers L’eleganza del riccio. Muriel Barbery torna infatti sulla scena, dopo nove anni, con un libro dal taglio insolito, di un genere completamente diverso, affrontando la tematica ambientale.
Il romanzo si intitola Vita degli Elfi ed è appena uscito in gennaio, sempre per le edizioni e/o.
Il libro viene presentato come un “commovente e sentitissimo omaggio al potere della natura e dell’arte di una delle autrici più amate al mondo”. E’ sicuramente un omaggio alla natura in chiave “ecologista”.
La trama. Ricco di personaggi indimenticabili, Vita degli elfi è una meditazione poetica sull’arte, la natura, i sogni e il ruolo dell’immaginazione. Maria vive in uno sperduto villaggio in Borgogna, dove scopre di avere il dono di saper comunicare con la natura. Centinaia di chilometri più lontano, in Italia, Clara scopre di possedere uno sbalorditivo genio musicale e viene spedita dalla campagna a Roma per sviluppare queste sue portentose abilità. Vita degli elfi racconta la storia di due ragazzine in contatto con mondi magici e forze maligne grazie ai loro straordinari talenti. Se, a dispetto di tutti gli ostacoli, riusciranno a unire i loro destini, questo incontro potrebbe cambiare il corso della storia.

C’è un altro atteso ritorno, quello di Valerio Evangelisti, con il terzo volume di un romanzo che si sviluppa in una triologia Il sole dell’avvenire. Si intitola Nella notte ci guidano le stelle, ed è edito da Mondadori, nella collana Strade blu.
In questo terzo e ultimo volume de Il Sole dell’Avvenire, Valerio Evangelisti continua a seguire le vicende di alcune famiglie romagnole, attraverso i grandi cambiamenti politico-economici che investono la regione e l’Italia intera. Nel tormentato periodo che va dagli anni Venti alle soglie degli anni Cinquanta, il fascismo si afferma ed esplode, dissolvendo, tra l’altro, la compattezza dei nuclei familiari. Spartaco, “Tito”, Verardi diviene squadrista e architetto della distruzione delle conquiste del movimento operaio. Destino Minguzzi è assorbito, quasi suo malgrado, dal mondo dei clandestini e degli esuli antifascisti, e dalle sue lacerazioni a volte drammatiche. Soviettina, “Tina”, Merighi si trova a partecipare alla guerra di liberazione nella più anticonformista e “romagnola” delle formazioni partigiane. Nessuno di costoro “fa la storia”, ma tutti, a loro modo, vi partecipano. Non senza chiedersi, alla nascita di una nuova Italia, se la realtà corrisponda davvero ai loro auspici. Su questo interrogativo si chiude una grande saga popolare, un’opera unica nel panorama letterario italiano.

Un’altra grande attesa è quella del premio Nobel per la letteratura 2012 Mo Yan. All’inizio di gennaio Einaudi ha pubblicato Il paese dell’alcol, una cruda metafora della Cina della politica del figlio unico, tratteggiata in forma di feroce detective story: l’ispettore Deng Gou’er è “sulle tracce di un orrendo traffico che consente ad alcuni selezionati ristoranti di offrire ai propri clienti un cibo prelibatissimo: la carne di neonato”. Per saperne di più, è possibile leggere QUI un approfondimento. Sempre di Mo Yan uscirà una nuova edizione del romanzo epico Le canzoni dell’aglio, una narrazione, anche questa, che ripercorre passaggi cruciali della storia cinese.

Un’altra segnalazione utile è il romanzo di Beatrice Masini, dal titolo I nomi che diamo alle cose, edito da Bompiani. E’ un romanzo che parla della cura degli altri e delle cose, di madri buone e figli cattivi o viceversa, di vino, cani e fantasmi, del peso da dare a ciò che si fa e alle parole che si scelgono per definirlo. Spesso quando si desidera distrattamente qualcosa si finisce per ottenerlo senza sapere che farsene. È quello che scopre Anna, quarant’anni, un passato prossimo doloroso e irrisolto, un presente di lavoro-passione e leggerezza forzata, quando Iride Bandini, celebre autrice per ragazzi conosciuta anni prima, le lascia in eredità una piccola casa, la portineria della sua proprietà: un curioso, eccessivo gesto di gratitudine che invita Anna a cambiare vita senza rifletterci troppo. Dalla città alla campagna, passato un primo periodo in solitario nuovi legami s’impongono, si rendono necessari: un capomastro gentile e devoto, l’ex segretaria e il figlio irrequieto della scrittrice, uno sceicco che non è uno sceicco, una coppia di contadini con bambine, tutti sembrano volere qualcosa da Anna, come se la sua presenza in quel luogo non fosse quasi casuale ma richiesta. E poi c’è una raccolta di fiabe inedite ritrovate in una scatola di latta, ci sono le storie di guerra e d’amore che solo certe case sanno raccontare, e i conti da fare coi propri nodi quando continuano a stringere, a far male.

Ci teniamo a segnalare anche il libro di Leonardo Lucarelli, dal titolo Carne trita, edito da Garzanti. E’ un libro che va oltre, come si legge nei risvolti di copertina. Oltre l’ossessione per i cuochi in tv, oltre la moda dei libri di ricette e delle recensioni stellate, oltre le copertine dei settimanali patinati, Leonardo Lucarelli racconta, in prima persona, la sua vita da vero cuoco descrivendoci la cucina in cui i grembiuli sono sporchi di sugo e i piani di lavori sono pieni di farina e coltelli. Nessuna scuola costosa e nessuno studio di registrazione: rievocando la sua crescita da lavapiatti schiavizzato in un locale di Trastevere a chef, Lucarelli narra di sé stesso e delle persone che ha incontrato in un mondo sospeso tra libertà anarchica e disciplina militare, tra lecito e illecito, mostrando cosa si cela al di là di quella porta che dalla sala del ristorante vediamo sbattere al passaggio di impeccabili camerieri: immigrati in nero, stagisti sfruttati, aiutanti cocainomani, maestri geniali, proprietari incapaci, amici abbandonati per fare carriera. Storie vere che restituiscono l’immagine di un mondo affascinante, dal rigido codice di condotta e dalla gerarchia ben definita. Con sincerità e stile personalissimo, Lucarelli mostra il lato oscuro, contradditorio e carnale delle cucine, un mondo parallelo in cui dominano amori e amicizia, droghe e sesso, culto del lavoro e soldi. E da questo osservatorio speciale, scatta un’istantanea inedita dell’Italia e degli italiani di oggi.

Segnaliamo inoltre, di Fausto Brizzi, Ho sposato una vegana. Una storia vera, purtroppo, edito da Einaudi. Sposare una vegana ha conseguenze imprevedibili. Puoi ritrovarti a brucare l’erba da un vaso sul terrazzo, e sentirti in colpa per tutte le telline mangiate nella tua «crudele» vita precedente. Seguire questa dieta, scopri inoltre, comporta un grande dispendio di energie e – chissà perché? – di denaro. Roba da diventare nervosi per davvero, ancor piú quando, dopo mesi di torture, con sorpresa e quasi fastidio, sei costretto ad ammettere che i tuoi esami medici sono, per la prima volta, perfetti. A ogni modo, la storia di Fausto e Claudia ha un lieto fine, nel senso che Claudia vince (stravince, sarebbe piú corretto dire) e Fausto si arrende (senza nemmeno l’onore delle armi). Le cose vanno bene. Solo che, proprio sui titoli di coda, spunta una complicazione: l’imminente arrivo di una figlia. Avrà cuore, Fausto, di farne un’erbivora fin dalla nascita?

Cosa uscirà nei prossimi giorni? E’ disponibile dal 16 febbraio il nuovo romanzo di Antonio Pascale, srempre da Einaudi. Così, dopo Le attenuanti sentimentali, il nuovo libro prosegue con un titolo alquanto esplicativo: Le aggravanti sentimentali.
«La vita – si legge – è un accumulo di risposte esatte date al momento sbagliato».
Se questo fosse un romanzo tradizionale, il protagonista sarebbe un uomo che contempla il tramonto su una panchina interrogandosi sulla felicità, ignaro del fatto che di lí a poco gli eventi precipiteranno. Qui, invece, i veri protagonisti sono il tempo e il caos, esattamente come nelle nostre vite. Cosa può combinare un uomo, sulla soglia dei cinquanta, da solo in città mentre moglie e figli sono al mare? Per esempio, lasciarsi trascinare alla rocambolesca premiazione di un vecchio maestro del cinema, per poi infilarsi in lunghe discussioni – un occhio alla luna e uno alla birra – sul senso del tragico, la stabilità delle orbite planetarie, i sentimenti post lavatrice e la ricerca della felicità. Con lui, un gruppo di sgangherati amici: Giacomo che da promettente film-maker si è ridotto a consegnare le pizze; Paola che si sente «fuori mercato» a trentacinque anni e arriverà a tentare un gesto estremo; Luigi, artista affermato, che si caccia in una relazione pericolosa dietro l’altra. Nessuno di loro è davvero felice, per quanto si sforzi di vivere seguendo i propri sentimenti. Ma in fondo chissà quanta parte ha la volontà, e quanta il caso, nelle nostre vite. E, soprattutto, quanta parte ha l’amore. Sulla scia delle Attenuanti sentimentali, Antonio Pascale tratteggia con intelligenza e ironia il nostro tempo. Attraverso episodi esilaranti e digressioni tanto puntuali quanto svagate, ci colloca nel centro esatto del racconto, di fianco al suo protagonista cosí nevrotico e contemporaneo, cosí sentimentale e forse tragico, cosí simile a noi. «Sí, lo ammetto, a furia di contemplare il cielo la felicità era in notevole ritardo e gli eventi sentimentali, invece, sul punto di precipitare».

E’ disponibile invece già dal 2 febbraio Fervore, il cui autore, Emanuele Tonon, pubblica per Mondadori. La storica casa editrice di Segrate lo presenta in questo modo: “Rapiti da una lingua intensamente poetica, da una scrittura guizzante, visionaria, tesa a catturare il simbolo che incendia il cuore del vero, attraversiamo insieme al narratore questo spazio sacro e umanissimo dei nostri tempi”.
Ogni risveglio è un venire al mondo: violenza dello strappo, stordimento, gloria di incontrare ciò che è vivo. Di albe così il protagonista e narratore di questa storia ne ha davanti tante, tutte quelle che compongono l’anno del suo noviziato nel convento francescano di Renacavata, in Centro Italia. Sono i dodici mesi della “prova”, in cui si veste il saio e ci si prepara a emettere i voti: un tempo assorto, di isolamento, lavoro manuale, preghiera. Giornate in cui l’esperienza interiore – estatica, a volte, a volte annichilente – si amplifica fino a invadere lo spazio della realtà concreta, sottoponendola a una reinterpretazione radicale. Il protagonista senza nome approda qui appena ventenne, infiammato da un bisogno di senso e appartenenza, deciso a rifiutare un destino omologato, disgustato dalla sensazione di essere una tra milioni di “vacche che sconoscevano la morte, che non conoscevano i ganci cui sarebbero finite appese”. Nella dimensione protetta del convento, pallida ma funzionale riproduzione del Giardino edenico, i criteri che reggono il mondo fuori non tengono, si capovolgono: le crisi epilettiche di uno dei compagni sono un ascensore per le sfere celesti, le vipere acquattate nelle sterpaglie ambiscono a iniettare veleno nei teneri polpacci dei novizi per custodirne l’innocenza, preservandoli dalla contaminazione del vivere. Le ore trascorrono nella solitudine della cella, l’alambicco in cui leggere, scrivere, sognare unioni mistiche e carnali; in comunione coi compagni, nel canto, durante i pasti, nelle riunioni intorno al fuoco; e nel lavoro: zappare la terra, raccoglierne i frutti, alternarsi nella pulizia degli spazi comuni. In una “riproposizione della giullaresca vita del santo di cui avevamo preso a seguire le orme: non l’agonizzante stratega stimmatizzato, funzionale alla Chiesa e al potere, ma il Giullare pazzo che per poco tempo aveva potuto essere Francesco”. Rapiti da una lingua intensamente poetica, da una scrittura guizzante, visionaria, tesa a catturare il simbolo che incendia il cuore del vero, attraversiamo insieme al narratore questo spazio sacro e umanissimo: le celle, la chiesa, il Coro, il refettorio, la biblioteca, i campi, il giardino, col passo solenne di una sacra rappresentazione dei nostri tempi.

Infine, anche se c’è da attendere, segnaliamo due libri, di cui è prevista l’uscita in aprile.
C’è il nuovo libro di Bruno Arpaia – anche lui, come la Muriel Barbery – che abbraccia il filone climate ficton. Il titolo del suo romanzo è Qualcosa, là fuori, in libreria per le edizioni Guanda. Qualche anticipazione: lo scenario in cui si svolge la storia è drammatico. Si immagina una Italia quasi interamente desertificata, mentre la Germania è inevece afflitta da piogge incessanti. Non è frutto solo di incenzione, il romanzo prende il via da una serie di studi scientifici sul tema ambientale, ed è una riflessione sul nostro stile di vita dell’Occidente.

E c’è l’atteso libro di Giorgio Boatti, di cui abbiamo accennato all’ultima edizione di Olio Officina Festival, lo scorso 21 gennaio. In uscita per Laterza, con il titolo Portami oltre il buio. Viaggio nell’Italia fuori dalla crisi. Un affresco dell’Italia irrequieta ma non domata dalle difficoltà degli ultimi anni. Un Paese che si mette alla prova con grinta e speranza, afferrando la crisi e i cambiamenti, che questa ha imposto, facendosi portare al di là dei timori e della rassegnazione. Oltre il buio, appunto.

La foto di apertura riprende la libreria di Olio Officina Festival ed è di VHS (Francesco Buccarelli e Alberto Caroppo)

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