Saperi

Elogio della depressione

Un libro he raccoglie il dialogo tra il sociologo Aldo Bonomi e lo psichiatra Eugenio Borgna, dove si ricorre a una espressione provocatoria - "depressi di tutto il mondo unitevi!" - allude a una condizione esistenziale ormai diffusa. E' il tema della malinconia che abita in ciascuno di noi quando dolorosa e oscura si fa la solitudine. Oggi, questa, si manifesta come indifferenza, rabbia, rancore, deriva securitaria

Alfonso Pascale

Elogio della depressione

Elogio della depressione, è un volume del 2011, edito da Einaudi e tuttora disponibile in libreria. Si tratta di un dialogo tra il sociologo Aldo Bonomi e lo psichiatra Eugenio Borgna. E’ il tema della malinconia che abita in ciascuno di noi quando dolorosa e oscura si fa la solitudine. Oggi si manifesta come indifferenza, rabbia, rancore, deriva securitaria.

Eppure, alla fragilità, che costituisce il nocciolo della depressione, e al dolore e alla sofferenza che la nutrono, si possono accompagnare orizzonti di senso: comprensione, accoglienza, solidarietà, mutuo aiuto.
Ma è necessario riconoscere la propria fragilità, come dimensione ineliminabile della vita, per accoglierla e rispettarla nell’altro. Solo in questo modo può riaccendersi una “comunità di destino”, che Borgna definisce in modo opposto all’infausta “comunità di sangue e di suolo” che ha insanguinato il Novecento. “Comunità di destino” va intesa come “capacità di sentire e vivere il destino di dolore, sofferenza, angoscia, gioia e speranza dell’altro come se fosse, almeno in parte, il nostro destino”. Così definita, la “comunità di destino” può essere vista solo con gli occhi del cuore perché sfugge ai freddi sguardi della raison cartesiana. Ma se non coltiviamo dentro ciascuno di noi e nelle relazioni con gli altri una “comunità di destino”, non potrà mai esserci una qualunque forma di “comunità”.

Bonomi dice una cosa che mi convince: “La crisi del welfare passa dalla crisi del valore di legame”. Nell’Ottocento, cos’era la capacità della società civile di autorganizzarsi (confraternite, mutuo soccorso, leghe, ecc.) se non la capacità di fraternizzare tra persone che si riconoscevano in una comune condizione umana determinata dalle forme che andava assumendo il capitalismo? Oggi la “comunità di cura”, in cui le persone tendono ad associarsi sui temi e i problemi più svariati, deve innervarsi di “comunità di destino”, che è il riconoscersi nella comune depressività della condizione umana e nella fragilità presente in ciascuno di noi, l’educarsi a guardare dentro di sé e a immedesimarsi nelle attese e nelle speranze degli altri.

Gli autori ricorrono all’espressione provocatoria “depressi di tutto il mondo unitevi!” per alludere ad una condizione esistenziale diffusa su cui ricostruire il valore di legame. Si tratterebbe di ragionare sul fattore “legame identitario di processi dei depressi”, con tutto ciò che questo significa. La fragilità e la depressione si farebbero fonti di aggregazione sociale di persone ferite dalla vita per nutrirsi silenziosamente di speranza, al riparo di altri orizzonti: quelli delle ribalte sempre accese, del successo ricercato in ogni campo con febbrile ostinazione, delle ricchezze ostentate e segrete, della indifferenza alle ragioni del cuore e della insensibilità al dolore.

Sono sussurri e dubbi di due professionisti che si sono incontrati con l’intento di contaminare due saperi diversi, riproponendo il tema del Noi come orizzonte di senso per contrastare le entropie dell’Io.

La foto di apertura – un’opera esposta a Madrid, presso Caixa Forum: la mirada de Juliao Sarmento – è di Luigi Caricato

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