Saperi

Esperienza e caparbietà

Il mio più grande vizio – ammette Salvatore Cutrera dalla Sicilia dei Monti Iblei – è il lavoro, proprio perché non distinguo il confine tra passione e sacrificio. Il mio lavoro è ciò che mi piace fare. Ed è proprio la passione il motore di tutto, specie nei periodi difficili”. Il ricordo dell’infanzia? “Il pianto di mio padre al suo esordio da frantoiano, all’uscita del primo olio dal separatore”

L. C.

Esperienza e caparbietà

Salvatore Cutrera è il responsabile vendite dei Frantoi Cutrera. Siciliano nell’anima, nato a Ragusa nell’ottobre 1970. “Da sempre la mia famiglia è stata impegnata nella coltivazione di ulivi e nella produzione di olio”, tiene a confermare. “E’ nel 1978 che avviammo il nostro primo frantoio oleario. Nel 1999, seguì l’apertura di un secondo frantoio. Quindi, dopo anni di esperienza nel settore, nel 2000, iniziammo la produzione di oli certificati che ad oggi hanno ottenuto ben 195 premi”.
La soddisfazione si respira in ogni poro della pelle. I Frantoi Cutrera oltre a gestire attualmente due impianti con tre linee di estrazione, un magazzino per lo stoccaggio di olio e un moderno impianto di imbottigliamento, gestiscono anche più di cinquanta ettari di uliveti nell’area dei Monti Iblei, esportando in oltre 30 Paesi nel mondo.

Quali sono i tratti migliori della sua personalità?
Sono una persona molto positiva e altruista. Sono anche propositivo, tant’è che nel lavoro tendo a far valere le mie idee, seguendo il loro evolversi di persona.

E le virtù che coltiva abitualmente?
Riesco a essere un trascinatore nel turbinio delle idee che sviluppo.

Quali sono invece i suoi limiti, le pecche maggiori, gli impulsi più incontrollati del carattere?
Le mie pecche maggiori? Essere un accentratore, non riuscire a fidarmi fino in fondo degli altri, e sentire il bisogno di dire, sempre e in qualsiasi modo, l’ultima.

I vizi invece ai quali non intende rinunciare per niente al mondo o, pur volendo, non riesce a rinunciare?
Il mio più grande vizio è il lavoro proprio poichè non distinguo il confine tra passione e sacrificio. Il mio lavoro è ciò che mi piace fare. Ed è proprio la passione il motore di tutto, specie nei periodi difficili.

Un ricordo della sua infanzia che ancora le torna in mente?
Un ricordo che mi torna spesso in mente riguarda il giorno in cui, nel 1978, la Pieralisi ci consegnò il primo impianto. Ricordo quelle enormi presse erette in piedi, l’odore di nuovo e di vernice, la frenesia del montaggio per la campagna imminente, e soprattutto le prime olive frante e il pianto di mio papà quando dal separatore uscì il primo olio. Mi ricordo soprattutto con piacere che sentì, da subito, di essere veramente fortunato ad avere un frantoio.

Ora si passa al lavoro. Da quanto, e perché, si occupa di olio?
Come frantoiano, da sempre, ma la vera svolta è stata la partecipazione al primo corso di assaggiatori in Sicilia, nel 1996, in quel contesto ho avuto la fortuna di avere docenti come Giorgetti, La Barile, Cicero e Camera. Da quel momento la mia visione dell’ olio è cambiata e con essa la mia vita.

Crede davvero nel suo lavoro? C’è ancora in lei un senso di sano senso di entusiasmo e passione a motivarla? O qualcosa la turba e la impensierisce?
Credo più che mai nel mio lavoro, vedere crescere l’azienda ogni giorno, vedere ogni anno nuovi componenti della famiglia farne parte, leggere le mail di ringraziamento e di complimenti dei nostri clienti, mi motivano e nutrono la mia passione cancellando i pensieri negativi.

Se il comparto olio di oliva non naviga in buon acque, come è ormai evidente (avendo perso valore l’olio extra vergine di oliva, e diventando di fatto, a parte le eccezioni, un prodotto commodity), lei cosa si sente di fare per reagire allo stato di immobilismo e incertezza attuali? Ha soluzioni per cambiare il corso degli eventi?
Il mio pensiero al riguardo è che ormai si sono formati due mercati paralleli, quello commerciale e quello di qualità, ma tutti insistono, associazioni di categoria comprese, a normalizzarli con le stesse regole. Il risultato è sotto i nostri occhi, tutte le nuove legislazioni tendono sempre più ad ostacolare i piccoli produttori, senza attuare mai una concreta politica di risoluzione. Il problema, quindi, è di natura politica (nazionale e internazionale). La mia idea sarebbe creare una legislazione ad hoc per l’olio di oliva di qualità ed effettuare maggiori controlli che siano uguali per tutti.

A proposito di olio extra vergine di oliva, cosa mette al primo posto: la qualità o l’origine?
Entrambi, in quanto un prodotto di qualità deve per forza essere legato al territorio.

L’olio da olive è un prodotto agricolo. Se tuttavia l’agricoltura è confinata in un ambito di marginalità, intravede una possibile occasione di riscatto per tale prodotto?
Se non cambia la politica agricola europea, penso che le cose rimarranno così a lungo. Stranamente la Comunità europea stanzia enormi fondi per il comparto ma non prova minimamente a risolvere i problemi. Forse perché i consumatori europei meno spendono in prodotti agricoli e più possono spendere in beni prodotti da multinazionali.

Se ci crede nei sogni, qual è allora quello che non ha ancora realizzato e che con ostinazione e instancabile coraggio insiste nel coltivare?
Il mio sogno è di riuscire un giorno ad avere un’ agricoltura ecosostenibile! Vivo in una terra che negli ultimi vent’anni ha subito le devastazioni di un’agricoltura incontrollata.

In tutta confidenza: crede sia possibile realizzare il suo sogno, o è una pura utopia che va comunque coltivata pur di sopravvivere alle proprie aspirazioni?
Obiettivamente, penso che prima che avvenga tale cambiamento, debbano passare ancora diverse generazioni. Spero solo non sia troppo tardi.

Ciascuno di noi ha uno o più miti ai quali si affida per un proprio personale punto di riferimento. Qual è o quali sono i suoi?
In riferimento al mio lavoro, penso di non avere e di non avere avuto miti, in quanto forse ho avuto la fortuna di avere iniziato e fondato insieme a pochi altri quello che adesso si può definire il comparto degli oli di qualità. A livello personale invece penso di aver sempre guardato con ammirazione mio padre, per la forza di volontà e l’amore per la terra.

I libri (o, nel caso, il libro) che ritiene siano stati fondamentali nella sua formazione?
In verità non ho un libro che è stato fondamentale per la mia formazione, molto di quello che so e di quello che faccio è frutto della mia esperienza e caparbietà.

Ancora una domanda, e si chiude: si può salvare l’Italia? C’è ancora spazio per la speranza?
Quando si parla di crisi, mi piace pensare ai racconti di mio padre del dopoguerra, non avevano nulla e niente, eppure si sono rimboccati le maniche e hanno costruito quello che noi abbiamo adesso. L’Italia sta attraversando due crisi, una internazionale nota a tutti, e una interna e a mio parere molto più grave. La seconda crisi è stata causata dal passaggio generazionale nelle grandi aziende, che invece di portarle avanti si sono vendute alle multinazionali. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, il made in Italy non è più credibile. Infine penso che sì, c’è ancora spazio per la speranza. Sta a noi riprenderci in mano l’Italia, rimboccandoci le maniche e puntando nelle eccellenza italiane. Penso che la crisi possa creare opportunità.

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